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Pnrr: quale ruolo per la sanità privata? Speranza: “Occasione senza precedenti”. Aiop: “Con risorse del Pnrr si sostenga anche la componente privata”


Covegno a Roma promosso dall'Aiop sulle opportunità del Pnrr per la sanità privata italiana. Il ministro torna ad evidenziare l'occasione rappresentate dal Pnrr per rafforzare il Ssn, evidenziando come dentro la sfida del Pnrr “ci siamo tutti”. Per questo, secondo il ministro, è necessario “costruire un grande patto”. Invito raccolto dall’Aiop, che esprime perplessità sulla sostenibilità del sistema negli anni, ma è decisa a proseguire il confronto nella convinzione che “sta a noi lavorare insieme” per fare in modo che le prospettive aperte dal Pnrr “si realizzino”.

22 NOV - "Dobbiamo tenere in piedi questo sforzo contro il Covid, ma al contempo pensare alla sanità del futuro e, soprattutto, a valorizzare la straordinaria opportunità rappresentata dal Pnrr. Sono risorse importanti, oltre 20mld che arrivano al comparto salute, e che ci possono consentire di costruire un Ssn più forte”. Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, in un messaggio di saluto inviato al workshop sul Pnrr promosso oggi dall’Aiop, l’Associazione dell’ospedalità privata dedciato proprio alle opportunità che si potrebbero aprire dal Pnrr anche per la sanità accreditata privata.

Per Speranza dentro la sfida del Pnrr “ci siamo tutti. Ci sono tutti quelli che lavorano per la salute, le imprese, la ricerca, le professioni”. Per questo, secondo il ministro, “abbiamo bisogno di costruire un grande patto per utilizzare al meglio le risorse che ci sono”. Per il ministro la sanità privata, in quanto componente importante del Ssn, può dare “un contributo molto rilevante a costruire una capacità più significativa del sistema paese di rispondere a quell’esigenza fondamentale che è la difesa del diritto salute. La prima grande esigenza che tutti quanti vogliamo provare a valorizzare al meglio”.

Un entusiasmo, quello di Speranza, condiviso solo in parte dai rappresentanti dell’Aiop. Se la presidente nazionale Aiop, Barbara Cittadini, è infatti d'accordo sul fatto che l'opportunità rappresentata dalle risorse stanziate dal PNRR per la Missione 6 “non può e non deve essere dispersa”, si è detta anche convinta che “il destino del Ssn sia legato anche a una politica sanitaria nazionale che deve superare la logica fin qui perseguita”. Il riferimento è ai vincoli e tetti del Dl 95/2012 che, “se giustificati in una determinata congiuntura economica del Paese”, per Cittadini “negli anni sono diventati anacronistici e bloccano la crescita quali-quantitativa del SSN, mortificando le tante professioni che vi lavorano, riducendo la capacità di risposta alla domanda di salute della popolazione, facendo aumentare le liste di attesa, la spesa out of pocket, la mobilità sanitaria non fisiologica e la rinuncia alle cure”.

Per Cittadini c’è ancora “tanto lavoro da fare per rilanciare, davvero, il nostro Ssn e per superare i problemi ereditati da un passato". E' dunque “indispensabile una programmazione sanitaria di più ampio respiro, nella quale anche le Regioni e le Province Autonome siano chiamate a svolgere un ruolo concreto, soprattutto attento ai bisogni reali delle persone. In particolare, sarà fondamentale impiegare in maniera ottimale gli oltre 20 miliardi di euro del Pnrr, ma per farlo serve una riorganizzazione dell'offerta sanitaria, che sia in grado di realizzare un sistema che permetta alle persone di avere una risposta puntuale ai loro bisogni di prevenzione e assistenza, che si prenda cura del malato nella fase acuta, nella cronicità e nella residenzialità sociosanitaria”.
 
In questo contesto, per la presidente Aiop, dovrà essere “valorizzato anche il ruolo della componente di diritto privato del Ssn, che nella fase pandemica ha dimostrato di essere capace di lavorare in piena sinergia con la componente di diritto pubblico". Per Cittadini, in conclusione, c'è molto da fare e "sta a noi lavorare insieme per fare in modo che queste prospettive si realizzino”, ha detto la presidente Aiop.

Perplessità sul destino del Ssn sono state espresse anche dal presidente di Confindustria Lombardia Sanità e Servizi Gabriele Pelissero, che ha osservato come la sostenibilità del sistema nel tempo non sia affatto garantita dalle risorse stanziate con il Pnrr. “La spesa sanitaria sul Pil è destinata a scendere arrivando, nel 2024, al 6,1%, cioè al di sotto del 6,5% del 2019, che è il valore della Croazia, per fare un termine di paragone”. C’è dunque da chiedersi, secondo Pellissaro, “nel 2024 con cosa pagheremo questi nuovi servizi che abbiamo intenzione di creare?”. Migliorare la sanità, per il presidente di Confindustria Lombardia Sanità e Servizi, “è possibile, ma costa”.

Pellissaro ha espresso qualche perplessità anche in merito alla possibilità che progetti come le Case di Comunità “possano davvero consentire nel 2024 di fare a meno delle prestazioni ambulatoriali erogate finora dalle strutture”. Il Pnrr, inoltre, “finanzia la costruzione di solo una parte degli ospedali di comunità previsti. Noi privati possiamo anche pensare di costruire i restanti 400 e di gestirli, ma ogni giornata di degenza negli ospedali di comunità avrà un costo. Su questo il Pnrr non dice niente. Le spese dovranno quindi stare dentro quel 6,5% del Pil con cui ci finanzia il Ssn, ma è allora evidente che i conti non tornano”.

Per Pelissero il punto non è “demolarizzarci” ma “cercare di capire quali opportunità ci sono all’interno di un quadro che resta problematico”.

La visione adottata con il Pnrr è stata difesa da Stefano Lorusso, Direttore generale dell’Unità di Missione per l’attuazione del Pnrr del ministero della Salute. Non si tratta solo di realizzare Case o Ospedali di Comunità, “è l’idea di sanità nel futuro che deve guidare l’azione”, ha detto. Di fondo c’è “la grandissima ambizione di cambiare gli elementi di contesto”. Un progetto che quindi “non si ferma al Pnrr” e che vede per la prima volta il ministero della Salute proporre anche un piano nazionale per l’“equità in salute per le Regioni del Mezzogiorno”.

Questo processo di riprogettazione della sanità, ha spiegato il dirigente del Ministero della Salute, parte dal Dm 70. Un provvedimento “che provava a configurare l’assetto della rete ospedaliera introducendo elementi importanti, come la logica hub&spoke e la logica volumi/esiti/bacini di utenza”. Un provvedimento che però, ha detto Lorusso, “è stato percepito come un impoverimento sostanziale del Ssn perché di fatto raccontava una sanità che finiva alla porta di ingresso degli ospedali”. Lo sforzo compiuto con il Pnrr è stato quindi quello di “completare, almeno in parte, il processo iniziato con il  Dm70”. Questa integrazione si chiama Dm 71, che non consentirà di chiudere il cerchio, perché ci sono aspetti che restano intoccati, come la sanità penitenziaria o la salute mentale, ma che rapprsenta “un pezzo fondamentale, perché prosegue un ragionamento”.

La componente che farà davvero la differenza sarà, secondo Lorusso, la digitalizzazione. Una trasformazione che “riguarda tutti e cambierà il Ssn in modo radicale. Cambierà il rapporto che i cittadini hanno con i professionisti, ma cambierà anche ik rapporto che i professionisti hanno tra di loro, nonché i rapporti tra strutture, pubbliche e private, quelli con la ricerca, e anche quelli tra Stato e Regioni in termini di monitoraggio e supporto alle policy”. Per Lorusso sarà quindi necessario anche implementare il Piano nazionale esiti affinché vada ad indagare cosa succede anche al di fuori degli ospedali.  

Lorusso ha quindi messo in guarda dall’“errore di considerare il Pnrr come una sommatoria di progetti. “La visione che dobbiamo provare a sviluppare è quella di una strategia più complessiva, che troverà nella proposta del Dm71 uno degli elementi più qualificanti”.

Si tratta di un progetto importante, “che ha anche una governance molto complessa”, ha evidenziato il dirigente del Ssn. Questo anche perché “la missione 6 è anche una di quelle in cui le Regioni hanno effettivamente un ruolo molto importante”. In questo contesto Lorusso guarda con interesse al contratto istituzionale di sviluppo previsto dal Pnrr, “che prova a mettere su un punto di vista paritetico Stato e Regioni ma fissa in maniera puntuale mission e target, diritti e doveri, e le conseguenze sottese al loro mancato raggiungimento”:

Una prospettiva, questa dei contratti di sviluppo, guardata con interesse anche da Francesco Longo, professore associato dell’Università Bocconi, che ha evidenziato l’importanza di introdurre, per le Regioni, una rendicontazione “sul valore e la qualità di produzione, e non più a fattura” (vedi anche slide allegate).

Longo ha quindi descritto i tre ambiti del Pnrr in cui, a suo parere, il privato potrebbe trovare spazio di azione. La prima riguarda l’erogazione delle prestazioni, “specialistica nella Case di Comunità, Adi e telemedicina”, ha spiegato. Questo ambito, per il professore della Bocconi potrebbe rivelarsi interessante soprattutto in quelle Regioni dove “il privato ha una presenza maggioritaria nella rete ambulatoriale, quali Lombardia, Lazio e Mezzogiorno”.

I privati potrebbero oppure candidarsi alla gestione di un intero setting organizzativo, “ad esempio gli Ospedali di Comunità. Questo livello di coinvolgimento potrebbe, secondo Longo, rivelarsi una opportunità soprattutto “dove il privato ha una presenza maggioritaria nella rete ambulatoriale, rilevante in quella ospedaliera e sono presenti operatori privati di grandi dimensioni”. Le Regioni di riferimento potrebbero essere Lazio e Lombardia.

Il terzo ambito in cui potrebbero aprirsi opportunità per il privato è, secondo Longo, quello dell’integrazione con le strategie e i servizi pubblici, come nelle Centrali operativi territoriali, senza distinzioni tra regioni.

Per Longo non mancano gli elementi di perplessità, che affondano le radici anche nel lontano passato. “Ma c’è movimento e dove c’è movimento, c’è anche opportunità”.
 
Una consapevolezza condivisa dall’Aiop, che ha evidenziato come “la riflessione della componente privata sul Pnrr sia appena iniziata”.

22 novembre 2021
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