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Ipoacusia: per il 64% di chi ne soffre è un handicap grave, ma per il 90% l'apparecchio acustico non è indispensabile


26 NOV - Desta numerose preoccupazioni in chi ne é affetto, con il 64% degli intervistati che la considera un handicap grave, molto più invalidante di altre problematiche croniche quale, ad esempio, la miopia. Si tratta dell’ipoacusia, su cui è stata svolta per la prima volta una indagine approfondita, condotta su oltre 10 mila pazienti, affrontando il problema del rapporto con l’apparecchio acustico e alle motivazioni per cui ancora oggi in Italia, e contrariamente a quanto accade in molti altri paesi ‘evoluti’, viene sottovalutato e considerato uno strumento utile (per l’81%) ma non indispensabile (per il 90%) e volto a sopperire una ‘menomazione’.

L’indagine, che ora è anche un libro (“Uno studio sul comportamento del consumatore ipoacusico”, di Nicola Cobelli dottore di ricerca in Economia e Direzione Aziendale e professore a contratto presso l’Università degli Studi di Verona) è la prima svolta in Italia in modo così approfondito ed è stata al centro dell’attenzione nella sessione dedicata all’approccio del paziente all’apparecchio acustico  nel corso del Congresso Nazionale della Federazione Italiana Audioprotesisti (Ana-Anap) appena concluso a Rimini.

La ricerca é stata condotta attraverso la raccolta di dati primari, recuperati mediante interviste in profondità, su un campione composto principalmente da persone affette da deficit uditivo e da persone anziane, per un totale di 1.075 individui. Un questionario è stato sottoposto ai pazienti dal personale amministrativo di centri acustici che hanno aderito allo studio, approfittando del tempo di attesa che precede la visita, in modo tale che gli intervistati non fossero influenzati dalla figura dell’audioprotesista.

Relativamente al giudizio sull’utilità del prodotto, per l’81,3% degli intervistati gli apparecchi sono prodotti utili, ma solo l’8,1% li considera indispensabili. “Questo dato va letto comunque in positivo, perché in generale – afferma Gianni Gruppioni, presidente Anap – chi soffre di ipoacusia lieve trae maggiore beneficio dalla protesi ed è, quindi, portato ad attribuirgli un’utilità maggiore. Coloro i quali, invece, sono affetti da un’ipoacusia grave, hanno più difficoltà a raggiungere i risultati sperati”.

Per quanto riguarda l’immagine che i pazienti hanno della protesi acustica, emergono sostanziali differenze nei diversi gruppi  di intervistati. In particolare tra persone affette da livelli diversi di ipoacusia, tra maschi e femmine e tra soggetti di età e titoli di studio differenti. Ad ogni modo, il punto più critico – ma a torto perché la tecnologia digitale miniaturizzata pesa appena un grammo ed è  veramente invisibile-  l’aspetto estetico in quanto la protesi acustica continua ad essere percepita come antiestetica da buona parte dei soggetti intervistati, causando una certa resistenza dei pazienti per timore del giudizio degli altri. Resistenze e timori, naturalmente, che chi  decide di consultare un Audioprotesista abilitato scopre essere infondati.

Sul ruolo dell’audioprotesista, i dati raccolti sottolineano l’importanza di questa figura professionale nell’assistenza del soggetto ipoacusico durante il processo di acquisto. “La ricerca – precisa Salvatore Regalbuto, presidente Ana – dimostra infatti che la grande maggioranza dei pazienti non attribuisce particolare rilevanza al brand del proprio apparecchio acustico, tanto che per il 95,2% degli intervistati la marca appare essere del tutto irrilevante”. Molta più importanza, invece, viene attribuita al servizio erogato. “Il ruolo dell’audioprotesista, dunque – continua il dr. Regalbuto – risulta essere essenziale nel processo di fornitura dell’ausilio uditivo. La nostra professione, infatti, non si limita alla pura e semplice applicazione dell’apparecchio, ma è la figura deputata a guidare e a trasmettere fiducia al paziente, confermando la teoria secondo la quale partire proprio dal paziente potrebbe rivelarsi la chiave di volta per la crescita del settore audioprotesico”.

Le prospettive future, infatti, presentano un margine di sviluppo molto ampio, dato che finora la penetrazione nel mercato si é limitata al 15-20%. “Non si è ancora formata – spiega il dr. Gruppioni – quella che può essere definita la ‘cultura della protesi acustica’. Pertanto molte persone sono portate a sottovalutare il problema, considerandolo una conseguenza naturale dell’invecchiamento. A questo proposito bisogna prendere in considerazione il fatto che, essendo l’ipoacusia una patologia strettamente collegata all’avanzare dell’età, il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale costringerà un numero sempre maggiore di soggetti a fare ricorso alla protesi acustica. É per questo motivo che si rende necessario indagare sulle implicazioni psicologiche che sottendono al comportamento del consumatore ipoacusico in quanto individuo e, allo stesso tempo, individuare quali siano le caratteristiche del mercato audioprotesico italiano al fine di poter affrontare al meglio le nuove sfide che si prospettano per il settore in questione”.

La novità della pubblicazione sta proprio nell’intenzione di approfondire e indagare le difficoltà incontrate da quanti si avvicinano al dispositivo acustico, tema finora scarsamente preso in considerazione. Il volume ha, dunque, l’ambizione di colmare una lacuna del settore audioprotesico, delineandosi, in tal senso, come testo di natura esplorativa.

Originale é anche il modo di guardare al consumatore, concepito come “individuo”, in tutte le sue componenti emotive e ripercussioni psicologiche che influiscono e pesano nelle decisioni di acquisto e consumo. “L’immagine del cliente razionale ed efficiente che risponde esattamente  alle logiche economiche e di mercato é stata ormai superata – spiega ancora il dr. Regalbuto – e da questo nuovo approccio al consumatore, oggi più attento ed esigente che in passato, nascono pure nuove sfide per l’audioprotesista, il quale deve essere in grado di interfacciarsi con un paziente “empowered”, come lo definisce l’autore, di cui é assolutamente necessario prendere in considerazione anche i risvolti inconsci ed emotivi. É per questo che gli aspetti tecnici si intrecciano e si mescolano con le considerazioni psicologiche: ciò contribuisce a rendere più coinvolgente il testo, offrendo una panoramica più vasta del tema approfondito”.
 

26 novembre 2012
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