Morano (Anaao): “Una proposta rivolta alle donne in Medicina”
di Sandra Morano
07 FEB - L’Anaao Assomed ha da tempo intravisto le prospettive dell’imminente sorpasso femminile in Sanità, insieme alla necessità di attrezzarsi per il futuro, costituendo, dopo il 24 Congresso Nazionale, l’Area Formazione Femminile.
Si terrà il 7-8-9 febbraio a Milano il primo laboratorio residenziale, un’esperienza di formazione a carattere intersettoriale, con modalità interattive mutuate dalla pedagogia medica.
HOT TOPICS ALLA LUCE DELLA DIFFERENZA
Il futuro della sanità, perennemente fuori dall’agenda politica, ed in sofferenza per l’assenza di politiche, si gioca oggi, mentre è in corso il più grande cambiamento demografico da quasi un secolo a questa a parte: la femminilizzazione della Medicina.
Curiosamente, il momento della massima svalutazione del Ssn coincide con la più grande ondata di mano d’opera sanitaria femminile. Le donne scelgono la professione di cura come prima, e forse più congeniale, opzione, mentre gli uomini la stanno abbandonando perché meno prestigiosa, anche economicamente. Ma per la professione medica non passa solo da qui l’urgenza di un necessario recupero di autorevolezza. Recupero non facile né scontato, ma che toccherà gioco forza alle donne, in maggioranza nei prossimi anni, mettere in atto.
Ecco alcuni hot topics, frutto del dibattito sulla crisi del ruolo medico e della sua svalorizzazione. Per ognuno di questi riportiamo quello che potrebbe essere, alla luce della differenza, il punto di vista delle donne, apparentemente assenti, in realtà occupate a tenere insieme tutto il mondo della cura, dalla corsia alla casa, dalle responsabilità agli affetti. Alla loro instancabilità, alla loro ostinazione, è rivolto l’invito a trasformare il protagonismo in quella autorità di cui tutti abbiamo bisogno.
IL LAVORO 4.0.
Prima è arrivata la”statalizzazione”della professione, che l’ha inglobata nella funzione pubblica, poi l’organizzazione, affidata a tecnici prestati dall’Economia, che ha guardato più ai conti che alla relazione, più ai numeri che alle persone. Dalla gestione aziendale allo spacchettamento di competenze, il passo è breve: una “temparizzazione” strisciante ha nei fatti già cambiato il lavoro del medico, allargando pericolosamente il divario tra l’etica della cura ed il mercato di prestazioni ad altissima specializzazione. Il passaggio ad un rapporto “spot” col paziente, ampiamente diffuso, si prefigura come inevitabile snodo verso l’utilizzo dei robot nei reparti.
In questa trasformazione non c’è traccia della presenza e della voce femminile, che potrebbe viceversa contenere in sè inaspettate soluzioni alla crisi attuale.
MEDICI: UNA NECESSARIA RIDEFINIZIONE DELLA IDENTITÀ PROFESSIONALE
“L’inestimabile lavoro di cura” (
Anna Rosa Buttarelli) deve essere rivalutato - e poi riportato alla sua originaria autorità - in primis dagli stessi protagonisti. Che oggi hanno il compito di ripensare una professione appaltata all’attuale “commissariamento gestionale” con l’obiettivo di controllarne i perimetri, i tempi, la mission. Nessuna professione meglio della nostra potrà mai lavorare verso l’incontro con la sofferenza, le emozioni, la vita e la morte. Dobbiamo ricordare a noi stessi che la relazione con l’altro è alla base delle nostre scelte perfino esistenziali, è il nostro capitale umano, sociale e professionale, un diritto e un privilegio non sostituibile, non rinunciabile nè negoziabile. All’indomani di una lenta ma inesorabile trasfigurazione, è necessario ora recuperare il tempo perso a rivestire di panni industriali un lavoro che, pur nei più futuristici contesti scientifici, è fatto di arte, di soggettività, di empatia.
Ancora più importante recuperare un’analisi, condotta con lo sguardo delle donne, del loro prezioso contributo sia scientifico sia esperienziale, della diversa identità di cui sono portatrici nel passaggio dal protagonismo alla coerenza coi codici materni, con la procreazione, l’accoglienza e l’ascolto.
QUEL CHE RESTA DEI LUOGHI
La svolta epocale che si profila nei prossimi anni è già entrata nei luoghi della cura, nelle storiche strutture risalenti al secolo scorso o alla sua seconda metà, dove i lavoratori passano la maggior parte della propria vita, una volta sentendosi forse al sicuro, oggi a disagio e in pericolo. Costruite quasi sempre senza una visione
patient centered, men che meno
clinician centered, sono destinate a scomparire, o a decentrare la quotidianità/cronicità verso una vaga dimensione “territoriale”. Allo stesso tempo già ospitano il pensiero e la realtà della robotica.
Cambiano i luoghi della cura, geometrie e architetture, dove le tecnologie avanzate, la tracciabilità logistica, la sostenibilità energetica, il supporto digitale e l’edilizia ospedaliera si organizzano in sinergia con l’attività dell’uomo per meglio soddisfare i bisogni di salute di società in continuo cambiamento.Ma come cambia la vita di chi ci lavora?
CHI CURA E CHI VIVE SUL LAVORO DI CURA
Il luogo della cura, qualunque sarà, non può prescindere da chi fa quel lavoro. Negli anni una vastissima gamma di specialisti provenienti dalle scienze ingegneristiche, economiche, sociali, della comunicazione, hanno costruito sul nostro lavoro sistemi paralleli che ci controllano e ci condizionano. Ognuno con lo
scopo di insegnare ai medici il modo migliore di fare il medico, tutti alla ricerca di un posto al sole nel percorso che si dispiega dall’incontro col paziente alla sua dimissione, dal malessere al benessere. Forse dopo tanti anni di contaminazione manageriale per poter parlare ai pazienti e lavorare nelle corsie è l’ora di una sintesi hegeliana sugli esiti del commissariamento del nostro lavoro: abbiamo ancora bisogno di guida?
“
Deve mantenere l’autorità sul lavoro chi il lavoro lo fa, non chi campa sul lavoro altrui. Chi svolge il lavoro conosce la qualità, il valore, le competenze e le esperienze che servono per svolgerlo al meglio” (Anna Rosa Buttarelli). La capacità di ripristinare dignità attorno a questo sistema va oltre la pur legittima richiesta di rispetto ed equità. Alle donne, che da sempre si prendono cura delle persone, delle relazioni, dell’ambiente, toccherà concorrere a ricostruire l’antica autorevolezza, tradurre le loro esperienze e peculiarità in proposte e strumenti in grado di cambiare il mondo.
SFIDUCIATI. LA NASCITA DELLA CULTURA PAURA-RISCHIO
La paura, e un irreversibile avvelenamento del rapporto tra curanti e curati, ha pervaso non solo le corsie ma anche la società. Da dove è partito questo circolo vizioso? Il dr. Google, chiamato spesso in causa, in realtà entra di striscio in questa crisi, che è soprattutto di comunicazione. Le aggressioni ai medici, nervo scoperto di un sistema in rotta di collisione, sono percepite come un nostro problema e non come la caduta di un importante pezzo di tessuto sociale. Che ha finito per generare nella classe medica comportamenti e rivendicazioni “in difesa”. Della dignità offuscata, e degli stessi luoghi di lavoro, delle non più incrollabili certezze, delle non più attraenti condizioni. Operatoriche si sentono oramai come operai in una linea di produzione, a rischio di perdere la capacità professionale di discernere.
Ma il medico è forse l’unica figura ad essere fonte di invidia proprio perchè insostituibile, per il rapporto speciale e privilegiato con l’altro, nella com-passione come nella guarigione. Occorre immaginare nuovi contenitoridei rapporti di lavoro rispettosi della differenza, prepararsi alla condivisione della scelta piuttosto che fidare nel Consenso Informato, coltivare la relazione e l’esercizio del dubbio, ritornare a convivere con l’incertezza e la fallibilità.
LA FORMAZIONE MEDICA
Da anni autarchicamente uguale a se stessa, continua a sfornare medici pronti più per l’Europa che per il Ssn, a sua volta svuotato di appeal e indebolito dalle sirene della privatizzazione, nella folle corsa verso l’autodistruzione, che ha già rovinato quello di paesi come la UK. L’esposizione alle Humanities è oggi all’attenzione delle più prestigiose scuole di Medicina perché diminuiscono la frustrazione e il burn out nei curanti, influiscono sugli esiti e sulla qualità delle cure, nonchè sui costi e sulla soddisfazione del paziente. A
bbiamo bisogno di coltivare le Humanities, così come di praticare percorsi di cura ed organizzativi non neutrali, di costruire prospettive di ricerca e pratiche women oriented.
L’area Formazione Femminile è il progetto ambizioso di costruire una comunità in cui tutte le donne in Medicina si possano sentire accolte e possano lavorare insieme per una sanità orientata dalle donne.
Sandra Morano
Coordinatrice Area Formazione Femminile Anaao Assomed
07 febbraio 2019
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