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"Le anomalie italiane". Intervista a Marie Nora Roald (Presidente IFBLS) e all’italiana Alba Marzo


24 SET - La norvegese Marie Nora Roald – Presidente IFBLS e l’italiana Alba Marzo - Co-Presidente del Congresso, Direttore nell’International Board dell’IFBLS hanno risposto alle nostre domande ai margini del congresso. Ecco cosa chi hanno detto.

È la prima volta che viene scelta l’Italia come sede ospitante di questo genere di Congresso, perché questa decisione?
È una scelta che è nata da una condivisione tra noi di IFBLS e di Ante, quando entrò è in IFBLS, gli italiani decisero questo obiettivo, l’obiettivo di arrivare a fare il Congresso in Italia. Antel aderì nel 2012, entrare in questa Organizzazione non è qualcosa di immediato, il board deve fare un lungo lavoro di analisi. Antel era nota a IFBLS sin dal 2004 ci sono stati i primi approcci e nel 2012, soprattutto grazie a Fernardo Capuano, per merito suo si poté cominciare questa avventura e nel 2014 fu presentata la candidatura italiana per il Congresso. Dopo qualche mese di analisi del board di allora, questa candidatura fu accettata, e Alba Marzo entrò nel board IFBLS divenendone una dei Direttori. IFBLS è una ONG partner dell’Oms. Alba Marzio ha fatto due mandati nel board: 2014-16 e 2016-18.

La figura di Scientists è universalmente riconosciuta ma ogni Paese ha le sue peculiarità?
È soprattutto una questione di ruoli, in Italia per esempio nei laboratori ci sono tante figure professionali con ruoli diversi, e questo crea confusione. In altri Paesi del mondo c’è un solo professionista, dal profilo assolutamente simile a quello italiano del TSLB, che si occupa di tutto il percorso di laboratorio, a partire dal prelievo. L'Italia è un curioso Paese, in cui i tecnici non fanno i prelievi, mentre dovrebbero curare, oltre a questi, anche il contatto con il paziente, l’analisi e il controllo. Si ridurrebbe così il rischio di errore in pre-analitica che è sempre molto alto. In realtà, costa moltissimo al Ssn formare professionisti che non hanno una cultura di laboratorio.

Tra i temi del Congresso ci sono la Gender Medicine e la Personalised Medicine, possiamo parlarne?
È una sfida. Sicuramente i livelli di automazione sono cresciuti talmente tanto negli ultimi anni che, anche come competenze, bisogna focalizzarsi su un’altra visione. Questa visione deve essere quella dell’utilizzo della medicina di laboratorio, che deve essere sempre più personalizzata. Gli sviluppi sono la medicina di genere, la medicina personalizzata. Per esempio per evitare di tenere pazienti in ospedale deve essere il laboratorio ad avvicinarsi al paziente, dunque attenzione al territorio: il laboratorio deve andare in casa del paziente. Dobbiamo avere una visione di sempre maggiore vicinanza. Attenzione al genere, attenzione ai bambini. Già da un prelievo di sangue si può riconoscere, con la medicina predittiva un tumore, con il DNA. Insistere, dunque, sulle nuove tecnologie, insistere sull’informazione, sui database, utilizzando questi dati per governare il processo del laboratorio, andando verso una digital health che permetta in sostanza un maggiore sviluppo.

Il prossimo Congresso sarà in Danimarca, a Copenaghen. Quali saranno le differenze?
A Copenaghen parleremo di competenze avanzate. Qui a Firenze i delegati della Danimarca sono circa 55 e dalla Norvegia ce ne sono 50, insieme formano la metà degli europei presenti al congresso. Questo congresso è un po’ diverso rispetto ai congressi che di solito si fanno in Italia, per un fatto in particolare: l’attenzione agli studenti. Abbiamo più di 51 studenti iscritti da tutto il Mondo. Abbiamo inoltre dedicato quattro studenti forum con 22 simposi scientifici, 4 workshop. Questa sfida sta dando dei risultati ottimi, perché gli studenti sono molto motivati e coinvolti. È qualcosa di profondamente innovativo. Gli studenti sono il nostro futuro.

Lorenzo Proia

24 settembre 2018
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