Medici in corsia sino a 70 anni. Gimbe: “Si mette a rischio la sicurezza dei pazienti”
La Fondazione critica la misura contenuta nel Patto per la Salute e su cui le Regioni hanno presentato un emendamento al Dl Milleproroghe per trasformarla in legge. Cartabellotta: “Consistenti evidenze scientifiche dimostrano che questa misura rischia di ridurre la sicurezza dei pazienti e la qualità dell’assistenza e di aumentare il contenzioso medico-legale”. Per questo la Fondazione propone di “inserire nel testo l’obbligo di una procedura nazionale standardizzata per valutare le performance fisiche e cognitive dei medici che offriranno la loro disponibilità a rimanere in corsia sino a 70 anni”.
20 GEN - Critiche dalla Fondazione Gimbe alla possibilità di mantenere in servizio i medici fino a 70 anni (circa 10 mila sarebbero interessati dal provvedimento secondo le stime). La misura, ricordiamo è contenuta nel Patto per la Salute siglato a dicembre ed è finalizzata a tamponare l’emergenza di medici specialisti. Ma per essere operativa la misura va inserita in una legge. Le Regioni, per questo motivo, hanno proposto un emendamento al Dl Milleproroghe. Ma dalla Fondazione c’è scetticismo.
“Se è certo che tale misura non avrà alcun impatto sulla finanza pubblica – afferma
Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – spiace constatare che, a dispetto della legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure, il dibattito non ha tenuto conto né dei potenziali rischi per i pazienti, né il fatto che i dati di letteratura sulla relazione tra età dei medici e performance professionali sono contrastanti, quando non decisamente allarmanti”.
“Ad esempio – rileva Gimbe -, una
revisione sistematica sulla relazione tra qualità dell’assistenza ed anni di carriera condotta su 62 studi e oltre 33.000 medici ha dimostrato che in 15 (25%) degli studi inclusi i medici più anziani hanno performance analoghe o migliori dei più giovani, ma in 32 studi (52%) i medici a fine carriera hanno minori conoscenze cliniche, aderiscono meno alle raccomandazioni delle linee guida ed hanno performance peggiori sull’appropriatezza dei processi preventivi, diagnostici e terapeutici”.
“Più in generale – spiega Cartabellotta – anche se i medici sono più resilienti al decadimento fisico e cognitivo legato all’età, robuste evidenze scientifiche dimostrano che con l’aumentare degli anni apportano al contempo benefici e rischi sia ai pazienti, sia all’organizzazione sanitaria”.
Infatti, - rimarca Gimbe “se da un lato la cosiddetta “intelligenza cristallizzata”, ovvero la capacità di utilizzare rapidamente conoscenze, abilità ed esperienze acquisite, aumenta dai 40 ai 70 anni, dall’altro l’“intelligenza fluida”, che include bisogno di aggiornamento, velocità di elaborazione dei dati e risoluzione di scenari clinici e problemi insoliti, inizia a declinare molto lentamente a partire dai 40 anni, per ridursi drasticamente dopo i 60-65 anni. Infine, accanto al fisiologico declino cognitivo, gli studi epidemiologici documentano che la malattia di Alzheimer in fase precoce, le patologie cerebro-vascolari silenti ed altre condizioni asintomatiche compromettono un numero sempre crescente di persone, medici inclusi, limitando la consapevolezza dei loro limiti cognitivi”.
“Di conseguenza – continua il Presidente – se da un lato va dato atto a Governo e Regioni di aver finalmente messo nero su bianco diverse misure integrate per affrontare la gravissima carenza di personale sanitario, dall’altro questa contromisura d’emergenza richiederebbe una valutazione psico-fisica standardizzata dei medici che intendono avvalersene, al fine di minimizzare i rischi per i pazienti, aumentare la sicurezza delle cure e ridurre il potenziale contenzioso medico-legale”.
“Peraltro – prosegue la Fondazione in una nota - , mentre in Italia la politica è pronta a sdoganare la permanenza dei medici in corsia sino al compimento dei 70 anni, il prestigioso Journal of American Medical Association (JAMA) nel
fascicolo del 14 gennaio dedica ben 4 articoli su opportunità e sfide di valutare i medici anziani, sulla loro responsabilità nel mantenere la competence professionale con l’avanzare degli anni, sui risultati dell’utilizzo di una batteria di test neurocognitivi e, soprattutto, sulle best practice che tutti i sistemi sanitari dovrebbero utilizzare per valutare la competence professionale dei medici che hanno superato una certa età”.
“Considerato che la sicurezza dei pazienti e la qualità delle cure vengono prima di tutto – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE chiede al Ministro Speranza di inserire nell’emendamento al Milleproroghe l’obbligo di una procedura nazionale standardizzata per valutare le performance fisiche e cognitive dei medici che offriranno la loro disponibilità a rimanere in corsia sino a 70 anni, oltre ad un potenziamento del monitoraggio degli eventi sentinella nelle strutture in cui lavoreranno questi professionisti. Esattamente come accade per i piloti che, per garantire la sicurezza dei voli, devono sottoporsi a visita medica almeno una volta l'anno, dopo i 60 anni devono farlo ogni sei mesi e a 65 anni devono improrogabilmente appendere la cloche al chiodo”.
20 gennaio 2020
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