Stabilità. Con aumenti Irpef, in 9 regioni rischio rincari fino a 221 euro pro capite. Lo studio della Uil
Nello studio vengono analizzate le possibili conseguenze dell’aumento della tassazione in quelle amministrazioni alle prese con l’extra deficit sanitario. Se per compensare le minori entrate si decidesse di aumentare al massimo consentito le aliquote dell’Irpef regionale, si rischierebbero possibili aumenti medi del 47,4% per oltre 13 milioni di contribuenti.
03 NOV - Se tutte le 9 Regioni (Piemonte, Liguria, Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Calabria, Puglia e Sicilia) alle prese con l’extra deficit sanitario aumentassero al massimo consentito le aliquote dell’Irpef regionale, si rischiano possibili aumenti medi del 47,4% (221 euro medi pro capite) per oltre 13 milioni di contribuenti. È quanto calcola il Servizio Politiche Territoriali della Uil che ha simulato, sulla scorta delle aliquote deliberate per il 2015, i possibili aumenti dell’Irpef Regionale, le cui aliquote potrebbero salire fino al 3,3%.
"Mediamente - spiega
Guglielmo Loy, Segretario Confederale Uil – significa passare, in queste Regioni, da un gettito medio di 466 euro del 2015 ai 687 euro nel 2016. In particolare in Puglia l’aumento medio pro capite sarebbe del 114,7% (367 euro medi in più); in Sicilia dell’85,2% (316 euro in più); in Abruzzo del 72,2% (288 euro in più); in Calabria del 69,6% (282 euro in più); in Liguria del 64% (268 euro in più); in Campania del 55,4% (245 euro in più); in Molise del 54,4% (242 euro in più); in Piemonte del 35% (178 euro in più); infine nel Lazio dell’8,2% (52 euro medi in più)".
Potrebbero essere questi gli eventuali effetti sulle tasche dei cittadini a seguito del mancato rifinanziamento integrale del sistema sanitario per il 2016, nonostante il blocco degli aumenti per un anno delle imposte e tasse regionali. Questo perché, spiega la Uil, da questo blocco sono escluse le Regioni alle prese con i deficit sanitari, in secondo luogo sono escluse le Regioni alle prese con le anticipazioni di liquidità per il pagamento dei fornitori. "Il rischio che possa aumentare la pressione fiscale in molte Regioni è, dunque, molto alto e non soltanto per quelle alle prese con i deficit sanitari, ma anche per le Regioni in cui i conti sono 'traballanti' - si spiega nello studio -. Questi aumenti fanno il paio, purtroppo, con gli aumenti dell’Irpef Regionale degli ultimi 3 anni dove il gettito medio è passato dai 362 euro medi pro capite nel 2013, ai 389 euro di quest’anno, con un aumento medio del 7,5% (27 euro in più). In particolare, tra il 2013 e il 2015, l’aumento medio nel Lazio è stato del 36,9% (71 euro in più); in Piemonte del 30,8% (120 euro in più); in Liguria del 16,7% (60 euro in più); in Umbria del 14,8% (46 euro in più)".
"Purtroppo - prosegue Loy - nel menù degli aumenti ci sono anche i Ticket sanitari: nel 2014 l’incasso è stato di 1,5 miliardi di euro, cifra che, se spalmata su tutta la popolazione, equivale appunto a 24 euro medi l’anno, con punte di 44 euro medi in Val D’Aosta; 38 euro in Friuli Venezia Giulia; 36 euro in Toscana; 35 euro nelle Marche; 34 euro in Veneto ed Emilia Romagna. È pur vero che, nella spesa pubblica degli Enti Territoriali ci sono margini di razionalizzazione ma il Governo centrale non può continuare nei tagli lineari, in quanto in questo modo si entra nella 'pelle viva' dei cittadini. E lo stesso Governo non può certo girare la testa dall’altra parte quando la pressione fiscale a livello locale aumenta per effetto di minori trasferimenti", conclude Loy.
03 novembre 2015
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