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Caso Zamboni: il Senato chiede al Governo di monitorare la sperimentazione


Una mozione per impegnare il Governo ad attivare una serie di controlli sulla sperimentazione “Zamboni” per verificare la correttezza dell’associazione tra l’insufficienza venosa cerebrospinale cronica (Ccsvi) e il trattamento della sclerosi multipla. A presentarla è stato ieri, in Senato, Ignazio Marino, sostenuto da altri senatori di Maggioranza e Opposizione.

24 NOV - Chiarire come e dove possa essere effettuata la diagnosi, nonché il trattamento, della insufficienza venosa cerebrospinale cronica (Ccsvi), e in base a quali parametri, anche con la consulenza dello scopritore di questa patologia, il professor Zamboni.
Istituire un codice apposito per la diagnosi e la cura della Ccsvi, in modo da consentire la tracciabilità dei dati.
Monitorare la raccolta dati di correlazione tra Ccsvi e sclerosi multipla e predisporre controlli adeguati sulla correttezza delle sperimentazioni in atto.
Realizzare un censimento e una mappatura di tutti i luoghi e i centri, pubblici e privati, in cui vengono realizzati diagnosi con ecodoppler e trattamenti con angioplastica, omogeneizzando la raccolta dei dati affinché dalla loro lettura si possa verificare l’efficacia terapeutica della dilatazione venosa mediante angioplastica, sulla base dell’urgenza e della responsabilità nonché del rigore scientifico che la procedura richiede.
È quanto hanno chiesto al Governo il senatori di Maggioranza e Opposizione attraverso una mozione presentata nel pomeriggio di ieri.

I senatori osservano infatti come la Ccsvi sia già stata riconosciuta come condizione clinica e la sua diagnosi, così come potenziali protocolli terapeutici, sono stati descritti anche dal professor Paolo Zamboni, responsabile del centro malattie vascolari dell’università di Ferrara, e sono stati inseriti nella «Consensus conference» mondiale dei chirurghi vascolari e votate dai rappresentanti di 47 Paesi, all’unanimità, nel settembre 2009, a Monaco. “Secondo autorevoli studi scientifici – si legge nella mozione – la Ccsvi risulta spesso associata con la sclerosi multipla” e “l’angioplastica dilatativa è una procedura consolidata da 25 anni, mininvasiva, con rischi minimi”. La correlazione individuata tra le due patologie “non poteva non suscitare un comprensibile interesse tra i malati di sclerosi multipla per il possibile beneficio derivante dall’accesso al trattamento di eventuali anomalie nel sistema venoso extracranico”. Un’ipotesi che, osservano i senatori, ha richiamato anche l’attenzione della comunità scientifica internazionale tanto che, in molti Paesi, è già stata avviata la sperimentazione clinica sui malati di sclerosi multipla, e in Italia ci sono centri pubblici e privati dove viene eseguito l’esame con ecodoppler per la diagnosi della Ccsvi, nonché l’angioplastica dilatativa che cura questa condizione.
“Tali operazioni – puntualizza però la mozione - sono state autorizzate dal ministro della Salute con la circolare del 27 settembre 2010, indicando anche un codice, generico e non specifico, da utilizzare per le operazioni: ICD-9-CM codice 3950 «angioplastica o aterectomia di altro/i vaso/i non coronarico/i». In tale circolare, tuttavia, non è stato fornito un codice specifico per la Ccsvi, che non è stata inserita nei Livelli essenziali di assistenza”. In pratica, la circolare “ha solo concesso di continuare ad operare a quei centri vascolari che lo stanno facendo o vogliono farlo, senza entrare nel merito di come questo intervento sarà fatto né di come e dove sarà eseguita la diagnosi di Ccsvi”. Questo nonostante lo stesso Zamboni abbia sostenuto che “la durata dell’esame e il metodo con cui questo viene realizzato siano parametri necessari affinché l’esito sia affidabile”.

E' quindi necessario un forte impegno da parte del Governo sul fronte della Ccsvi e del trattamento della sclerosi multipla. Anche considerato che, conclude la mozione, nella circolare del ministero “viene più volte indicato uno studio diagnostico della Fondazione italiana sclerosi multipla quale studio finalizzato a testare l’eventuale correlazione con la sclerosi multipla. Senza considerare, però, che il professor Zamboni stesso è uscito dal gruppo di lavoro di questo studio denunciandone le gravi carenze”.

24 novembre 2010
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