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Muzzetto e Amato (Fnomceo): “Medici e infermieri. Conviene confliggere?”


04 MAR - Caso Bologna. Bisogna proprio dire che la decisione di un ente dello Stato, di autogoverno della professione medica, ha determinato diverse reazioni anche, e non solo, nel mondo politico.
Come l’interrogazione parlamentare in cui alla fine si chiede il perché non si sia dato corso alla legge comma 566, mentre in Senato ci si domanda perché una tale decisione si riverberi nel digitale, esplodendo sui social network . Oppure perché, diciamoci la verità, non abbia invece favorito quegli shifting professionali  che da certa parte sono sollecitati e non come semplici “desiderata ” sulla base delle normative europee, che sono previste da alcune direttive regionali che non possono modificare le leggi nazionali vigenti.
 
Da qui una serie di considerazioni. I problemi sollevati sono davvero tanti e, comunque lo si giri, l’aspetto deontologico è una prerogativa dell’Ordine per cui in caso di decisioni ritenute ingiuste vi è luogo adatto ove ricorrere. L’organo di magistratura deontologica applica il Codice di regolamentazione della professione - fonte giuridica di riferimento anche per la Suprema corte - e ogni decisione impugnata passa alla CCEPS e in ultima analisi anche alla Suprema Corte. Poi i riferimenti alla 566 e alle leggi vigenti,  senza dimenticare il pronunciamento della Corte costituzionale sulle competenze, lasciano spazio a una serie di valutazioni su quelle realmente operanti a tutt’oggi in tema di urgenza emergenza, che giustificano esattamente il contrario di quanto si vorrebbe sostenere.  Inoltre, sempre ragionando, i modelli  professionali oltr’Alpe e oltre oceano offrono una disparità interpretativa in entrata e in uscita.
In entrata perché le esigenze di supplire a una carenza di medici (oltr’Alpe) è evidente e i rapporti interprofessionali  - come testimoniato da nostri iscritti che ivi lavorano - sono per così dire “molto professionali e rispettosi” dei limiti dell’agire e delle competenze delle varie figure. E stupisce che non lo si dica chiaramente. In uscita, perché il percorso formativo, non comparabile a quello nostrano, è diverso. Sostanzialmente diverso. E risponde alle esigenze di una realtà sanitaria che è tutt’altro che universale e universalistica. Ne è esempio la formulazione del nursing specialistico statunitense.
 
Il giusto modo di porsi nei confronti del problema, senza polemiche, è discuterne serenamente. Entrando  nel merito della vicenda è doveroso capire per limitare ogni possibile motivo di tensione. Evitando magari certi exploit gratuiti e inopportuni sui social network da parte di chi, come parlamentare, è chiamato ad abbattere i muri e non a ergerli. Limitare le tensioni è perciò un dovere da condividere. Un dovere delle istituzioni e di chi le rappresenta, dei parlamentari come delle Regioni, anche se sotto quest’aspetto non sono tutte uguali e a volte,  sebbene sollecitate a incontrarsi sui problemi, di fatto glissano. Da qui l’auspicio che il Ministero favorisca i rapporti fra enti dello Stato, fra cui sono compresi gli Ordini.
 
Un secondo ragionamento verte sulla programmazioneda farsi allo stesso tavolo, e non in sedi diverse di decisione, di cui si vedono gli effetti magari col comma legge 566: da molti visto come un colpo di mano su cui, anche all’interno dello stesso schieramento politico, e da parte di chi l’ha votato per la fiducia, si è eccepito  pubblicamente a causa dei potenziali effetti dirompenti da esso derivanti. Perché c’è il peccato originale dell’assenza di una legislazione adeguata, di un sistema d’interventi coordinati e continuativi nel sistema sanitario e di una coerente e omogenea formazione. Se il discorso prende una piega politica, allora non vi può essere rottura di principio e vanno ricercate le cause della tensione.  La prima domanda che ci si pone è perché in Italia ci siano 21 sistemi sanitari con atti d’indirizzo tanto diversi da essere contrapposti. Perché ci siano progetti sanitari disomogenei anche all’interno delle stesse regioni, e non si valorizzino alcuni modelli d’intervento che, scartati a priori, risultano essere efficaci e col miglior rapporto costo/beneficio, con ciò salvaguardando la qualità degli interventi. E non è fantasia.
 
Un terzo ragionamento riguarda la necessità di una politica di coordinamento nazionale, con disposti omogenei d’indirizzo,che oggi  appare tanto ovvio quanto improcrastinabile. Occorre però richiamare l’attenzione sui percorsi formativi e sulle necessità di non potersi semplicemente uniformare a direttive o metodologie o comportamenti che, in altre parti d’Europa e del mondo, rispondono a un vissuto e a una formazione di base tanto diversa da quella nostrana.  E dall’altro non si può trascurare il contesto sanitario italiano che, nonostante tutto, è ancora ai vertici delle graduatorie per qualità, efficacia e efficienza. E chi non solo nel mondo politico dicesse il contrario si darebbe la zappa sui piedi. Ma ciò non esime dal lavorare per un progresso armonico e modulare di crescita delle professioni.
 
Da qui il giusto valore per una valutazione disciplinare di un organismo di magistratura deontologica  che non può essere un alibi  e i cui contenuti saranno valutati e la sentenza  discussa, se iniqua, nelle sedi opportune;  e, in caso di aspetti non deontologici, ma di merito e di metodo in ambito di tutela della salute, se ne dovrà invece parlare nel “palazzo di vetro” delle professioni in ambito di programmazione sanitaria in un confronto serio e costruttivo. Non basta stimolare certi passaggi legislativi. E in tutto questo la questione Bologna non c’entra affatto. Dal tenore degli interventi si capice che non è una semplice valutazione di legittimità, quanto una messa in discussione delle politiche regionali. Allora, a ben vedere, come in tutte le storie v’è una morale: certe scelte vanno fatte collegialmente, con molto equilibrio, affinché non prevalga l’incomprensione e la contrapposizione. E nel dirlo non si è lontani dalla verità. Parafrasando Churchill, spesso s’inciampa nella verità ma ci si alza e si continua ad andare avanti sulla stessa strada, non curandosene. Purtroppo, poiché ce ne siamo accorti, e per varie motivazioni si sta proseguendo imperterriti sulla strada della contrapposizione e della noncuranza giova davvero prestarsi a questo gioco?
 
Piero Muzzetto e Salvatore Amato
Consiglieri nazionali Fnomceo

04 marzo 2016
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