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Opg. Sellini (Aupi): “Loro chiusura rappresenta un segnale di civiltà”


31 MAR - “Non dobbiamo cadere nella trappola che vede in contrapposizione la civiltà e la sicurezza, dei cittadini, degli ammalati e delle loro famiglie. E' assolutamente indispensabile dare attuazione alla legge che impone, finalmente, la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Non si deve tornare indietro. I lager vanno chiusi. Bisogna ridare dignità ai ricoverati che si sono visti negati anche i più elementari diritti. Innanzitutto il diritto alla cura e alla riabilitazione”. Così il presidente dell’Associazione unitaria psicologi italiani (Aupi), Mario Sellini, sulla chiusura degli Opg che, per legge, cesseranno di esistere a partire da oggi. Nei giorni scorsi ci sono state molte polemiche in merito alla chiusura delle strutture e c’è chi ha paventato il rischio che con la nuova legge molti soggetti ritenuti pericolosi potrebbero a breve tornare liberi. 
 
Certo bisogna fare attenzione: per Sellini cura e riabilitazione non devono minacciare la sicurezza dei cittadini, delle comunità che ospiteranno le nuove strutture, degli stessi pazienti. “Il degrado dei manicomi giudiziari – aggiunge il presidente dell’organizzazione sindacale - non deve essere sostituito con il degrado dell'abbandono o peggio, dello scaricare sulle famiglie e sulle comunità il peso e la responsabilità del reintegro e recupero, quando possibile, di questi pazienti”.

A parere di Sellini l'aspetto più importante da tenere adesso in considerazione è la prevenzione. “Prevenzione degli 'incidenti' che con la chiusura degli Opg potrebbero verificarsi. Almeno in questa primissima fase bisogna mettere in atto il massimo sforzo e tutti gli strumenti per impedire atti ed episodi di violenza che non si possono escludere a priori. Se riusciremo a chiudere i manicomi e impedire possibili episodi di violenza daremo la dimostrazione che la civiltà si può coniugare con la Sicurezza, degli stessi pazienti oltre che dei cittadini. Se non dovessimo riuscirci rischiamo davvero di ritornare indietro di decenni. E' un momento delicato: un solo episodio, un solo 'incidente' rischia di riportare indietro le lancette della civiltà. Civiltà e sicurezza non sono in contrapposizione. Con gli opportuni accorgimenti possono convivere”. 

31 marzo 2015
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