Cosa prevede il Ddl Ichino
03 NOV - Innanzitutto, è bene precisare che il Ddl Ichino propone una riforma del mercato del lavoro non in chiave di mutamento drastico dello status quo. L’obiettivo è invece quello di attivare un processo graduale di superamento del vecchio regime duale: ovvero tra chi è assunto a tempo indeterminato e chi no. Infatti la riforma riguarda l’accesso al mercato del lavoro per i nuovi assunti. Ma vediamo come funziona nello specifico.
Istituto cardine della riforma qui proposta è il cosiddetto “
contratto di transizione”, un contratto collettivo col quale un’impresa o un gruppo di imprese e una o più organizzazioni sindacali istituiscono un’agenzia, in forma di ente bilaterale a gestione paritetica, oppure di consorzio fra le imprese stesse, al fine di garantire ai lavoratori nuovi assunti, nel caso di perdita del posto, sostegno del reddito e assistenza intensiva nel mercato del lavoro. Altro punto nevralgico del Ddl è il cosiddetto “
contratto di ricollocazione al lavoro”. In linea di massima se un lavoratore dipendente che ha superato il primo anno di anzianità di servizio perde il posto in conseguenza di un licenziamento non disciplinare o di un licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo in sede giudiziale, cui non abbia fatto seguito la reintegrazione, l’agenzia è obbligata a offrire la stipulazione di un contratto di ricollocazione al lavoro che prevede: l’erogazione di un trattamento complementare per il periodo di disoccupazione effettiva e involontaria, tale che il trattamento complessivo ammonti al 90 per cento dell’ultima retribuzione per il primo anno, all’80 per cento per il secondo, al 70 per cento per il terzo e al 60 per cento per il quarto, essendo la retribuzione di riferimento soggetta al limite massimo di 40.000 euro annui. la durata minima del trattamento di disoccupazione che deve essere garantita al lavoratore in stato di disoccupazione effettiva e involontaria è pari alla durata del rapporto di lavoro che lo ha preceduto, dedotto il primo anno, con il limite di quattro anni.
Obblighi per il lavoratore. In ogni caso il trattamento è condizionato all’assolvimento da parte del lavoratore di alcuni obblighi: ovvero l’impegno del lavoratore a porsi a disposizione dell’agenzia per le iniziative di ricollocazione e riqualificazione del lavoratore secondo un orario settimanale corrispondente all’orario di lavoro praticato in precedenza; e l’assoggettamento dell’attività svolta dal lavoratore nella ricerca della nuova occupazione al potere direttivo e di controllo dell’agenzia, la quale lo esercita di regola attraverso un
tutor cui il lavoratore viene affidato. Insomma se si viene licenziati sarà l’agenzia stessa a prendersi carico del lavoratore.
Ma come viene finanziata quest’agenzia? Il meccanismo proposto dal senatore Ichino prevede che l’agenzia sia finanziata mediante il contributo di ciascuna impresa, commisurato al costo del sostegno del reddito erogato ai dipendenti dalla stessa licenziati e attraverso eventuali contributi del Fondo sociale europeo e della regione. Per le piccole aziende non assoggettate all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori è invece posta a carico dell’Erario, e viene da questo versata all’agenzia, una contribuzione pari allo 0,5 per cento delle retribuzioni lorde dei lavoratori assoggettati al nuovo regime di protezione dipendenti da imprese o unità produttive. Su quest’aspetto il ddl prevede che l’erogazione dello 0,5% da parte dell’Erario sarà coperta dalla maggiore occupazione che creerà il nuovo sistema.
Durata del rapporto di lavoro dipendente. Fatte salve alcune tipologie specifiche di lavoro (lavoratori stagionali; sostituzione di altro lavoratore il cui rapporto sia per qualsiasi motivo temporaneamente sospeso; assunzione in funzione di spettacoli o di una stagione teatrale; assunzione in funzione di fiere, mercati, altre manifestazioni commerciali a carattere temporaneo, o altre esigenze a carattere meramente occasionale o straordinario; assunzione con contratto a termine di durata non inferiore a tre anni, prorogabile o rinnovabile per una sola volta, per attività di ricerca scientifica o di insegnamento) e il periodo di prova che non pu
ò superare i 6 mesi
, il contratto è da considerarsi sempre a tempo indeterminato.
Disciplina generale del licenziamento. Licenziamento disciplinare. Licenziamento discriminatorio. In primis il recesso dal rapporto deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta. Il periodo di prova non può superare i sei mesi. Decorso il periodo di prova, il datore di lavoro può legittimamente recedere dal rapporto di lavoro: per una mancanza grave del lavoratore, con licenziamento disciplinare; per motivi economici, tecnici od organizzativi.
Al licenziamento disciplinare, invece si applicano i commi secondo, terzo e quinto dell’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori. Quando la colpa del lavoratore non risulti invece provata, si applica l’articolo 18. Lo stesso articolo 18, si applica anche al licenziamento, disciplinare o no, del quale il giudice ravvisi un motivo determinante discriminatorio, o di mero capriccio, intendendosi per tale un motivo futile totalmente estraneo alle esigenze proprie del processo produttivo. Ma la vera novità, come del resto anticipata dalla lettera d’intenti inviata all’Ue una settimana fa è quella che riguarda il
licenziamento per motivo economico od organizzativo. Per grandi linee, quando non sia stato stipulato il patto di prova, o il relativo termine sia scaduto, il licenziamento non disciplinare deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta, con espressa menzione del motivo economico, tecnico od organizzativo. Esso deve essere preceduto da un preavviso non inferiore a un periodo pari a tanti mesi quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio del lavoratore nell’azienda, con un massimo di dodici. Dal momento della comunicazione del preavviso il lavoratore ha poi la facoltà di optare per la cessazione immediata del rapporto, con conseguente godimento della corrispondente indennità sostitutiva, oppure può optare per la prosecuzione della prestazione lavorativa in azienda, nelle condizioni precedenti alla comunicazione del licenziamento, salvo che l’azienda o il reparto abbia cessato del tutto l’attività. Decorsi sei mesi dalla comunicazione, il datore ha in ogni caso la facoltà di esonerare il lavoratore dalla prestazione, corrispondendogli la retribuzione corrispondente al preavviso non lavorato. In sostanza il Ddl prevede che le esigenze economiche, tecniche, organizzative o comunque inerenti alla produzione, che motivano il licenziamento, non sono soggette a sindacato giudiziale, salvo il controllo, quando il lavoratore ne faccia denuncia, circa la sussistenza di motivi discriminatori determinanti, o motivi di mero capriccio, intendendosi per tali motivi futili totalmente estranei alle esigenze economiche, tecniche, organizzative o produttive aziendali.
I
contributi per la pensione. In questo caso il progetto Ichino prevede un’aliquota fissa al 30% della retribuzione lorda, fatti salvi i regimi contributivi meno onerosi vigenti per i rapporti di apprendistato.
Luciano Fassari
03 novembre 2011
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