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Ex Opg. Pizza (Omceo Bologna) a Lorenzin: “La politica ha vinto la battaglia ideologia, ma scaricando ogni responsabilità sugli psichiatri”

Il presidente dell’Ordine dei Medici di Bologna interviene in difesa di 41 psichiatri che hanno espresso preoccupazioni per le ricadute professionali del passaggio dagli Opg alle Rems. "Le condizioni cliniche dei pazienti non sono cambiate" ma per un “inaccettabile automatismo giuridico" gli psichiatri rischiano di essere puniti per i delitti commessi dagli internati. Come già accaduto nel 2007.

04 DIC - Il Consiglio direttivo dell’Ordine dei Medici di Bologna chiede al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, al Presidente della XII Commissione della Camera, Mario Marazziti; alla Presidente della XII Commissione del Senato, Emilia Grazia De Biasi, al Presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani, e a tutti i presidenti degli Ordini dei Medici d’Italia di “intraprendere ogni iniziativa di Loro competenza al fine di evitare di costringere di fatto il medico psichiatra a connotarsi strutturalmente quale professionista semplicemente succedaneo dell’abolito” Ospedale psichiatrico giudiziario. In pratica, ad evitare che sullo psichiatra ricadano le conseguenze penali degli eventuali delitti compiuti dagli internati che saranno ospitati nelle nuove Rems. Come già accaduto nel 2007, quando un giudice condannò uno psichiatra per il delitto commesso da un proprio assistito interpretando l’omicidio come "una sorta di ‘delitto di terapia’: la vittima non è stata uccisa solo dal coltello del paziente-omicida, ma anche dall’errore terapeutico dello psichiatra". A lanciare l’allarme è Giancarlo Pizza, presidente dell’Ordine dei Medici di Bologna, in un documento a sostegno delle preoccupazioni espresse da 41 psichiatri della AUSL di Bologna che si sono rivolti a un avvocato al fine di rappresentare all’AUSL tutte le loro preoccupazioni “a tutela dei pazienti e della loro professionalità” riguardo la nuova realtà che vi fa profilando nella Rems.

“Con Decreto Legislativo del 30 maggio 2014 n. 81”, ricorda Pizza, “ha preso avvio il progetto di chiusura degli OPG e il progressivo passaggio di questa disperata umanità ai Dipartimenti di Salute Mentale. L’intento, più che condivisibile, è innanzi tutto quello di superare le condizioni di indecenza riscontrate in alcuni OPG e offrire anche a questi cittadini cure sanitarie più appropriate in luoghi più idonei. È un progetto encomiabile”. Peccato che sull’organizzazione delle strutture che andranno a sostituirli, le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), permangono, secondo Pizza, “ampie zone d’ombra e i problemi irrisolti sembrano ricadere unicamente sulle spalle degli specialisti”. Del resto, evidenzia il presidente dell’Omceo Bologna, “non esistono ragioni ‘cliniche’, ovvero interne alla psichiatria, che hanno reso possibile questo cambiamento, ma solo fattori di contesto: retorici, emotivi, morali e ideologici”. Per Pizza, quello sulla chiusura degli Opg, è un decreto “calato dall’alto” che non si limiterà, però, a un cambiamento “formale” ma “avrà profonde ripercussioni su tutto il campo psichiatrico”.
 
“Oggi – scrive Pizza nella lettera inviata a Lorenzin e ai parlamentari -, a più di trentacinque anni dalla Legge 180/1978, torna in mano agli psichiatri il compito di ‘governare’ il ‘malato di mente’ socialmente pericoloso. La Legge 180/1978 ha deliberatamente abbandonato il concetto di pericolosità, né lo menziona più, per mettere al centro del suo dispositivo il concetto di malattia mentale, la volontarietà delle cure e il diritto alle stesse; collocando a pieno titolo la psichiatria nell’ambito medico. Tuttavia il tema della pericolosità comprensibilmente permaneva nel Codice Penale, nelle aule dei tribunali e, inevitabilmente, nella sensibilità sociale e la sua gestione, nel caso dei soggetti non imputabili autori di reato, era stata interamente demandata agli OPG”. Negli ultimi hanno, spiega Pizza, è sopraggiunta anche un’altra novità: “La definizione per via giudiziaria di una specifica ‘posizione di garanzia’ in capo allo psichiatra”. “Nel 2007, trent’anni dopo la Legge 180/1978, la giurisprudenza penale ha rimesso il tema della “pericolosità” al centro della psichiatria stabilendo che lo psichiatra ha l’obbligo di controllare la pericolosità del malato di mente attraverso la pratica terapeutica, ovvero in ragione della sola competenza medico-specialistica. È questa elaborazione giurisprudenziale che oggi consente di attribuire allo psichiatra la responsabilità dei comportamenti dei propri pazienti. Tutti i medici, compresi gli psichiatri, sono giustamente responsabili del loro operato, ma solo gli psichiatri possono essere ritenuti responsabili anche delle azioni/reati dei loro assistiti”.

Il riferimento di Pizza, come accennato, è quello alla sentenza che nel 2007 condannò uno psichiatra per il delitto commesso da un proprio assistito. In base a quella sentenza, secondo Pizza, "l’idea del controllo dell’individuo attraverso l’internamento" è stata in pratica "sostituita dalla più moderna, e in apparenza medica, idea del controllo della malattia attraverso la somministrazione della terapia farmacologica”, chiarisce il presidente dell’Omceo di Bologna, secondo il quale “quest’articolazione giudiziaria del concetto di “posizione di garanzia” suggerisce l’idea che oggi è lo psichiatra a doversi ‘fare manicomio’”, ovvero “le mura manicomiali sono state abbattute ma per essere ora ricostruite sulle spalle del singolo psichiatra, poiché oggi la cura farmacologica e la relazione ‘terapeutica’ devono fare le veci dell’istituzione chiusa”.

Un “automatismo giuridico” “inaccettabile” e “pericoloso” per Pizza, anche in considerazione che le nuove REMS ospiteranno i pazineti “più gravi e problematici, ovvero coloro nei cui confronti ‘sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate a far fronte alla sua pericolosità sociale’ (Legge n. 81 del 30 maggio 2014, art. 1)”. “Gli psichiatri, in quanto medici, non hanno strumenti né farmaci né tecniche che consentano di curare né ridurre la ‘pericolosità’, ma la ‘posizione di garanzia’ così come è stata argomentata dalla Cassazione lo presume, lo formalizza e glielo impone. E questo al legislatore è bastato”.

“Così – incalza Pizza -, anche se nulla è cambiato nella legislazione psichiatrica e nelle reali possibilità di cura delle malattie mentali, certamente tutto è cambiato nel mandato di cura dello psichiatra. Al punto tale che può accadere di trovarsi in una curiosa inversione dei ruoli: il magistrato prescrive la cura e lo psichiatra ha l’obbligo di attuare la pena, che ora però si chiama cura. E nessuno degli attori può sottrarsi”.

“La scelta di chiudere gli OPG – conclude Pizza - si allinea alle indicazioni normative che dal 1978 hanno affermato la volontà sociale di abbandonare una visione ghettizzante e custodialistica nei confronti delle persone affette da malattia mentale. Gli psichiatri sono stati e sono quotidianamente impegnati nel miglioramento delle strategie di trattamento sia farmacologiche sia di reinserimento sociale dei propri pazienti, ma non possono accettare una surrettizia delega della funzione di custodia. Fa quindi parte della concretizzazione di tale volontà sociale la richiesta di un intervento normativo che affermi in maniera inequivoca che gli psichiatri non possono essere chiamati a rispondere penalmente, né civilmente, delle azioni penalmente rilevanti compiute dai propri pazienti. L’automatismo giuridico che, a fronte dell’incapacità giuridica dell’imputato, sposta la responsabilità, finanche colposa, da questo al suo curante è inaccettabile. Nessun medico potrà mai accettare di sottoporre le sue scelte terapeutiche ad esigenze di controllo sociale”.

04 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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