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Fine vita. Vescovi dell’Emilia-Romagna: “Proposta della Regione sconcerta”. Bonaccini: “Rispetto, ma fatto quanto dovuto”

Per la Conferenza episcopale regionale “la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono”. Bonaccini: “Massimo rispetto e disponibilità al dialogo, ma, in attesa di una legge nazionale che auspico, abbiamo applicato la sentenza della Consulta, nel rispetto del principio di legalità”.

04 MAR - Non smette di far parlare la delibera di Giunta dell’Emilia-Romagna per garantire l’accesso al suicidio medicalmente assistito sancito nella sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019. Ad intervenire, negli scorsi giorni, è stata la Conferenza Episcopale della Regione, che in una dichiarazione prende posizione contro il suicidio medicalmente assistito e contro la delibera della Giunta.

“Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica”, si legge nella nota. Per la Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna, dunque, la proposta della Giunta “di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla”.

Come Vescovi dell’Emilia-Romagna “vogliamo offrire un nostro contributo, sulla base della condivisa dignità della persona e del valore della vita umana” ed “esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione – dicono i Vescovi - non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono”.

Ai vescovi ha risposto il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ribandendo la posizione della Regione. “Come ho già avuto modo di dire – scrive il governatore nella nota -, ho il massimo rispetto di tutte le opinioni e di tutte le istanze, quando espresse con correttezza, su un tema così importante e delicato come quello del fine vita. Non posso dunque che ribadire tale approccio anche rispetto alla dichiarazione odierna della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna, come peraltro avevo già rappresentato al presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, nei giorni scorsi. Resto disponibile ad ogni occasione di approfondimento e contributo, certo come sono che dal confronto possano venire reciproca comprensione e collaborazione, come sempre accaduto con i vescovi dell'Emilia-Romagna”.
“Quanto al merito – prosegue Bonaccini - , non posso che ribadire quanto espresso: le sentenze della Corte Costituzionale si applicano, come prescrive la Costituzione italiana. Possono certamente essere discusse e non condivise, ma non disattese, in ossequio al principio di legalità”.

“Come noto, la Corte Costituzionale si è pronunciata per colmare un vuoto sulla materia prodotto dall'inerzia prolungata del Parlamento. E lo ha fatto, ancora una volta, chiedendo alle Camere di legiferare, di discutere e approvare una legge nazionale. E questo è anche il mio auspicio. Nell'attesa che ciò avvenga- chiarisce Bonaccini- la Regione Emilia-Romagna ha disposto con propri atti amministrativi le concrete modalità di accesso all'istituto del suicidio medicalmente assistito, mettendo le strutture del servizio sanitario pubblico, indicate dalla Consulta stessa, nelle condizioni di garantire questo diritto al malato, attenendosi scrupolosamente ai dettami precisi fissati dalla sentenza dell’Alta Corte. E lo ha fatto perché ciò è dovuto in uno Stato di diritto, scongiurando viceversa quanto altrove già accaduto e ancora rischia di accadere: che un paziente, peraltro in condizioni drammatiche, debba ricorrere al giudice ordinario per vedersi riconosciuto quello che, va ribadito, è un diritto ora sancito dalla Corte costituzionale”.

“Sono certo- chiude il presidente della Regione- che sul principio di legalità anche la Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna non possa che convenire”.

04 marzo 2024
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