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118. In Emilia-Romagna un triage telefonico dirotterà i codici bian-chi e verdi nei nuovi centri di assistenza. Ma il piano non convince l’opposizione

Informativa dell'assessore Raffele Donini in commissione Sanità. Per il Pd e la Lista Bonaccini grazie alla riorganizzazione, ai pronto soccorso accederanno solo i casi gravi. Ma per la Lega quella pensata dalla Regione è una risposta inadeguata al problema della mancanza di personale sanitario. Fdi: “Si rischia di depotenziare il servizio di pronto soccorso”.

20 GIU - Il nuovo modello organizzativo della rete 118 in Emilia-Romagna, che arriverà a piena attuazione nel 2025, prevede di ridurre la pressione sui pronto soccorso indirizzando i cittadini che presentano urgenze a bassa complessità (codici bianchi e verdi) - attraverso un primo contatto telefonico qualificato con gli operatori della sanità - verso i nuovi centri di assistenza e urgenza che saranno distribuiti sul territorio, con la possibilità di essere raggiunti direttamente al proprio domicilio da equipe medico-infermieristiche. “È l’unica strada percorribile per salvare il sistema, per questo ci siamo impegnati a immaginare una riorganizzazione che regga nei prossimi decenni”, ha detto in commissione Politiche per la salute e politiche sociali l’assessore regionale alla Salute, Raffaele Donini, spiegando poi come “il servizio di emergenza e urgenza regionale soffre di una crisi di personale (prevista una riduzione del 25 per cento anche nei prossimi due anni)”.

La riorganizzazione, ha sottolineato Donini, secondo quanto riportato da una nota diramata dall’Assemblea legislativa, “permette di rendere più tempestivi gli interventi e di agevolare i cittadini fornendo loro le cure adeguate nei centri a loro più vicini, senza lunghe attese, o addirittura a casa. Al tempo stesso, consente di ridurre il più possibile gli accessi al pronto soccorso riferiti a patologie non tempo-dipendenti: in Emilia-Romagna nel 2022 il 66 per cento degli accessi, che complessivamente sono stati circa 1.750.000, ha riguardato codici bianchi o verdi, che nella quasi totalità (95 per cento) non hanno avuto bisogno di ricovero”.

“L’80 per cento degli accessi al pronto soccorso, poi, - ha riferito ancora l'assessore - coinvolge solo 20 strutture del territorio regionale. Altro obiettivo, considerando che nel 2022 il 76 per cento dei cittadini è arrivato autonomamente al pronto soccorso, è quello di selezionare il 99 per cento degli accessi tramite il 118, consentendo la presa in carico precoce e la corretta distribuzione dei pazienti”.

“Siamo contrari – rimarcato Donini – a esternalizzare questi servizi. Vogliamo, invece, migliorare il sistema, con prese in carico rapide degli utenti e attraverso strutture idonee”. Per questo, conclude, “nei prossimi giorni incontreremo il ministro della Sanità, in quanto il problema riguarda l’intero territorio nazionale”.

Il dibattito sull'informazione dell'assessore ha visto polarizzarsi le posizioni politiche. Mentre per Pd e lista Bonaccini, grazie alla riorganizzazione, ai pronto soccorso accederanno solo i casi gravi - i codici bianchi e verdi saranno tratti presso i centri di assistenza e urgenza, per Lega e Fratelli d'Italia la riorganizzazione è una mera risposta, peraltro inadeguata, al problema della mancanza di personale sanitario che rischia di depotenziare il servizio di pronto soccorso.

Valentina Castaldini (Forza Italia) si è mostrata critica nei confronti della giunta: “Oggi non ci sono novità, in quanto i contenuti della riorganizzazione circolavano da tempo. Vorremmo più dettagli, dato che non ci viene spiegato quale sarà l’impatto economico così come non viene quantificato il fabbisogno di personale sanitario e mancano informazioni precise sulla formazione di tale personale”.

Per Luca Cuoghi (Fratelli d’Italia) “si tratta di una riorganizzazione che non ci trova d’accordo. Sappiamo che non c’è un numero adeguato di medici e questo è un problema da risolvere. Non è che con questa riorganizzazione si vuole scoraggiare gli utenti a rivolgersi a una struttura pubblica d’emergenza e urgenza?!”. Con questa riforma, prosegue, “si fa un mero spostamento di personale medico, che fa presagire un ridimensionamento del servizio”.

Per Simone Pelloni (Lega) “si tratta di una semplice ristrutturazione per salvare il salvabile”. Entra poi nel dettaglio: “Si punta a centralizzare, ma in questo modo le realtà periferiche soffriranno”. Valentina Stragliati, anche lei leghista, si chiede “se Fiorenzuola e Castel San Giovanni, nel piacentino, diventeranno centri di assistenza e urgenza, per dirottare poi i codici rossi su Piacenza (a parecchi chilometri)”. “Non nascondo preoccupazione, non intravvedo risposte adeguate ai problemi”, conclude. Anche per Daniele Marchetti, sempre della Lega, “il problema della carenza di medici nei pronto soccorso è datato, così come il tema dei numerosi accessi bianchi e verdi. Con questa riorganizzazione si propone ai cittadini un modello che non ci convince, in quanto si sposta parte del lavoro sul medico di continuità assistenziale e, contestualmente, si depotenziano i servizi di primo soccorso”.

Pronta la replica di Stefania Bondavalli (Bonaccini presidente): “L’obiettivo di riorganizzazione del sistema non è più procrastinabile. La giunta propone un modello unico nel suo genere: l’attivazione di nuove strutture, i centri di assistenza e urgenza, garantisce risposte alle esigenze degli utenti (nelle città così come nelle periferie), consentendo ai pronto soccorso di occuparsi delle situazioni più urgenti”. “Utile anche il potenziamento della telemedicina”, conclude la consigliera.

Anche per Marilena Pillati (Pd) “siamo di fronte a una scelta precisa di riorganizzazione del sistema di emergenza/urgenza necessaria ad affrontare le criticità già presenti prima della pandemia, a partire dal problema del personale: l’obiettivo è quello di mantenere le risposte alle esigenze di emergenza e urgenza dei cittadini, garantendo un’offerta più appropriata a seconda dei vari gradi di bisogno”.

Per Silvia Piccinini (Movimento 5 stelle) “rispetto all’assenza di medici non si poteva più fare finta di nulla, dato che il problema era noto da anni”. “È importante che questa riorganizzazione rafforzi la medicina territoriale e che rappresenti un’occasione per qualificare il lavoro dei medici di continuità assistenziale”.

20 giugno 2023
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