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Covid. Universal Certification: “Mascherine certificate 2163 sono conformi alle norme CE”


L'Ente certificatore con sede in Turchia, spiega che le affermazioni "prive di fondamento" apparse in alcuni articoli media italiani "sono tratte da dichiarazioni rese da una specifica azienda commerciale, con un evidente conflitto di interessi e che asserisce di aver eseguito dei test dei quali – su nostra richiesta – non ha fornito evidenza, e che potrebbero non essere stati eseguiti da laboratori accreditati e con le corrette procedure".

09 MAR - A seguito di notizie e commenti apparsi di recente sui media italiani, relativi a presunte irregolarità nella certificazione, da parte di Universal Certification, delle mascherine FFP2 con il marchio CE 2163, l’Ente di certificazione con sede in Turchia conferma che l’intero processo di certificazione "è gestito in conformità con il sistema di marcatura CE stabilito nell’ambito della UE".

Come tutti gli Enti Certificatori, Universal Certification - spiega in una nota - esegue esami iniziali sul modello di mascherina e in seguito conduce controlli a campione sulla produzione in serie, per verificare che la qualità del prodotto sia omogenea con quella verificata nei test. "Non è possibile per nessun Ente Certificatore verificare ogni singola mascherina prodotta sulla base del tipo certificato. Inoltre, non corrisponde a realtà che i tempi di esame e approvazione di Universal Certification siano più rapidi rispetto alla media".

"Tutti i certificati 2163 vengono emessi rispettando rigorosamente il Regolamento (EU) 2016/425 per i DPI (dispositivi di protezione individuale) e tutti i campioni devono superare i test secondo lo standard EN 149. Tutte le fabbriche sono soggette ad audit in loco e il tempo medio di certificazione di Universal Certification varia da due a 3 mesi, che è di fatto meno rapido rispetto ad altri Enti Certificatori. I certificati di Universal Certification possono essere verificati scansionando il QR-Code annesso mentre è sconsigliabile utilizzare metodi informali, come i social media", spiega la nota.

Rispetto alla conformità delle mascherine prodotte in serie la responsabilità spetta al produttore, come stabilito dalla Dichiarazione di Conformità UE firmata dai produttori stessi, mentre il monitoraggio sulla qualità dei prodotti presenti sul mercato è responsabilità delle Autorità di supervisione dei mercati di ciascuno stato UE. Quest’ultimo viene eseguito in sede doganale o tramite controlli a campione sui punti vendita.

“In tutta la UE è in vigore in una precisa procedura ufficiale per informare il pubblico quando viene individuato sul mercato un prodotto non conforme – commenta Osman Camci, Director di Universal Certification –, procedura che non sembra essere stata seguita nel caso in oggetto. Al contrario, le notizie riportate nei giornali e riprese dai media fanno riferimento a test non meglio specificati che sembrano essere stati promossi da un’azienda commerciale, e in ordine a quali non sono note le modalità di esecuzione e le procedure seguite, che la Universal Certification ha richiesto di conoscere, ma che non sono state rese disponibili. Le verifiche sulle mascherine citate come fonte in queste notizie non possono pertanto essere considerate valide rispetto alle procedure standard di valutazione della conformità”.

"Tale procedura non ufficiale e non imparziale ha portato ad affermazioni generiche sulla qualità di uno specifico marchio CE, il 2163, che certifica mascherine prodotte non solo in Cina, ma anche in Turchia, Italia, Germania e altri Paesi UE, le cui asserzioni prive di fondamento possono mettere a rischio la disponibilità di DPI in Italia e in tutta l’Unione Europea in un momento di grande necessità. Nello specifico della Cina, va anche sottolineato che esistono numerosi Enti Certificatori i quali emettono certificati CE per mascherine prodotte nel Paese. La Cina può contare su 87 laboratori accreditati 87 ISO/IEC 17025, che eseguono test EN 149 con attrezzature affidabili e con un’esperienza di lunga data. La maggioranza degli Enti Certificatori che emettono certificati per produttori cinesi esegue i test in Cina, in questi laboratori ISO 17025".

“Abbiamo già contattato ufficialmente l’azienda che ha promosso le valutazioni per richiederne contenuti e verificarne le basi legali che, allo stato, non ci ha fornito alcuna evidenza – conclude Camci –. Siamo inoltre disponibili a fornire ai media tutte le informazioni rilevanti. Noi di Universal Certification continueremo a rimanere in prima linea in questa difficile fase della pandemia, assolvendo alle nostre responsabilità nell’ambito del sistema europeo di sicurezza dei prodotti in totale conformità con tutte le norme e i regolamenti applicabili”.

09 marzo 2021
© Riproduzione riservata

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