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La manovra e i farmaci: lo scontento della distribuzione intermedia


Una nota delle associazioni di rappresentanza del sistema distributivo intermedio (Adf e Federfarma Servizi) definisce sconcertanti le misure adottate con la manovra e ribadisce l’estrema pesantezza dei tagli imposti al settore. Che reagisce proclamando il proprio “stato di agitazione” non escludendo l’adozione delle “misure necessarie” a tutelare “ruolo e obblighi di servizio pubblico essenziale”

07 GIU - Mentre ancora si attendono gli esiti dell’assemblea dei titolari di farmacia riuniti questa mattina a Roma per discutere delle conseguenze della manovra economica e dei pesanti danni che la sua applicazione potrebbe portare al sistema di dispensazione del farmaco attraverso le farmacie sia private che pubbliche (Assofarm è in procinto di riunire i propri rappresentanti domattina 8 giugno), i distributori intermedi fanno sentire la loro opinione.
E il tono non cambia: Carmelo Riccobono, presidente dell'Adf, l’Associazione dei distributori farmaceutici, esprime infatti “Sconcerto per le gravi implicazioni delle misure governative annunciate per il controllo della spesa sanitaria e in particolare di quella farmaceutica”. “La distribuzione intermedia del farmaco ‒ precisa Riccobono nella nota emanata dall’Adf ‒ è la sola componente della filiera chiamata a pagare direttamente il prezzo del provvedimento, con una decurtazione dei propri margini commerciali di oltre il 60%: sono abbattuti dal 6,65% al 3% sul prezzo al pubblico del prodotto al netto dell'Iva. L'impatto di tale manovra appare di proporzioni devastanti e finirà col ripercuotersi non solo nei rapporti di fornitura con la clientela dei farmacisti, ma soprattutto sui livelli del servizio distributivo dei medicinali con conseguenti inevitabili ripercussioni a discapito dei pazienti e dei cittadini”. L’Adf, quindi, unitamente alla Federfarma Servizi che rappresenta le cooperative di distribuzione di proprietà di farmacisti, definiscono le misure prese per quanto riguarda l'attività delle proprie aziende associate “insostenibili dal punto di vista economico e occupazionale. E sono pertanto costrette a dichiarare lo stato di agitazione della categoria con riserva di adottare tutte le iniziative ritenute necessarie e indispensabili per la tutela del proprio ruolo e dei conseguenti obblighi di servizio pubblico essenziale. Ruolo e funzioni che una quota di spettanza ridotta al 3% non può in alcun modo continuare ad assicurare”
 

07 giugno 2010
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