Roma. Un nuovo presunto caso di scambio di embrioni al Pertini
Nuovo possibile scandalo all'ospedale Pertini dove una donna romana ha scoperto che il Dna del feto che porta in grembo non è compatibile con il suo. Il padre è stato intervistato da Affaritaliani.it: "Abbiamo cercato di aver un figlio per dieci anni, ma ora siamo piombati in un incubo".
18 GIU - Choc al Pertini. Dopo quanto
accaduto lo scorso aprile, un nuovo scandalo sembra coinvolgere il nosocomio romano: una donna ha scoperto che il Dna del feto che porta in grembo non è compatibile con il suo. Lo scrive
Affaritaliani.it, che ha intervistato il marito della donna: "Abbiamo cercato di aver un figlio per dieci anni, ma ora siamo piombati in un incubo". Trema la voce di Giacomo G. quando racconta la storia della sua famiglia. La coppia è la protagonista di un nuovo clamoroso caso di scambio di embrioni avvenuto all'ospedale Pertini di Roma che segue di pochi mesi quello venuto alla luce lo scorso aprile quando una donna si trovò ad avere in grembo gli embrioni di due gemelli fecondati da un'altra coppia.
"Avevamo sentito parlare di quello scandalo - racconta Giacomo - ma non pensavamo potesse essere successo anche a noi. Invece...". Invece per Giacomo e Maria in un giorno di maggio è arrivata una busta che conteneva una comunicazione che avrebbe loro gelato il sangue. Una coppia come tante che alla soglia dei cinquanta disperava di poter diventare genitori: Giacomo 47 anni, funzionario postale, Maria di quattro anni più giovane, casalinga.
"Io e Maria ci siamo sposati 10 anni fa - racconta - Da allora abbiamo fortemente voluto un bambino, senza riuscirci. Siamo una coppia fortemente religiosa e ci siamo chiesti mille volte se fosse giusto o meno affidarci alla fecondazione assistita, poi a dicembre del 2013 abbiamo deciso di ricorrere all'aiuto della medicina. Il protocollo va a buon fine, l'inseminazione artificiale sembra apparentemente perfetta e dopo qualche giorno abbiamo la conferma che uno degli embrioni si è impiantato con successo nell'utero di mia moglie. Può immaginare la nostra gioia".
Ma lo choc arriva qualche mese più tardi. "Ci viene consigliato di sottoporre il feto all'amniocentesi, data anche la nostra non più giovane età. E così, quasi per caso scopriamo quello che qualsiasi genitore non avrebbe mai voluto scoprirè. L'esito dell'esame diagnostico effettuato al San Camillo non evidenziava alcun tipo di malformazione, ma l'esame del liquido amniotico sottolineava un profilo genetico del feto non compatibile con quello della madre. In poche parole, era certo che l'embrione impiantato non era quello frutto della fecondazione dell'ovulo di mia mogliè. E se la madre è ignota... Figuriamoci il padre, ci è stata consigliata una indagine genetica più approfondita, ma non vorrei neppure pensare che il mio seme abbia fecondato l'ovulo di un'altra donna".
"I medici ci hanno messo davanti ad una scelta. Avevamo sette giorni di tempo per decidere se tenere quella che avevamo scoperto essere una bambina, oppure effettuare un aborto terapeutico. Ma abortire ci è sembrato un delitto a tutti gli effetti. Non ci importa di sapere chi siano i genitori, la nostra bambina avrà un padre e una madre che si prenderanno cura di lei".
Avete deciso di fare causa all'ospedale? "Ci siamo rivolti ad una associazione, Agitalia, che già ci seguiva per un'altra causa e ci è stato fatto notare che esiste la possibilità di chiedere un risarcimento milionario per i danni morali, patrimoniali e biologici, sia al nosocomio che alla Asl competente e al Ministero della Salute. Ma non siamo interessati ai soldi, ma se mai la causa dovesse andare avanti siamo intenzionati devolvere i soldi in beneficenza. La bambina si chiamerà Francescà. Siamo profondamente cattolici, immagini solo con quale sforzo morale abbiamo deciso di affidarci all'inseminazione artificiale, eravamo quasi rassegnati. E ora questa bambina, non potevamo che darle lo stesso nome del nostro Papà".
La Procura Al momento non esiste una denuncia formale. La Procura prenderà comunque in esame il caso anche se è molto probabile che si andrà verso l'archiviazione perché per fatti del genere non c'è reato.
18 giugno 2014
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