“Con la presente proposta di legge […] si intende consentire, previa richiesta e a pagamento delle persone interessate, la conservazione del sangue da cordone ombelicale per uso autologo non dedicato sia presso le strutture pubbliche sia presso le strutture private autorizzate”, si legge nel testo. “Infatti, si dà la possibilità, considerato che la raccolta e la conservazione del sangue da cordone ombelicale, in tutte le sue forme, diventano un interesse primario per il Servizio sanitario nazionale, di raccoglierlo e di conservarlo sia presso le strutture pubbliche ad essa dedicate che presso le strutture private autorizzate”. La proposta normativa è da qualche settimana all’esame della Commissione Affari Sociali della Camera dove è stata abbinata a una precedente proposta sullo stesso argomento a firma della deputata Pd Maria Antonietta Farina Coscioni (leggi i documenti in allegato).
Il no della comunità scientifica
La proposta non è piaciuta però ai rappresentanti di alcune delle società scientifiche attive nel settore: “la donazione del sangue cordonale presso le 18 biobanche pubbliche presenti nel territorio nazionale è l'unica strada che consenta di poterlo utilizzare e non esiste alcuna ragione scientifica per cui si possa ritenere utile la conservazione autologa per uso preventivo. Delle circa 45 mila unità di sangue cordonale raccolte a scopo privato in banche estere, mai una sacca è stata utilizzata per eseguire un trapianto” è stata la presa di posizione uscita da un incontro tenutosi nei giorni scorsi a Verona.
“Non vi è oggi alcuna ragione scientifica per cui si possa ritenere utile la conservazione autologa per uso preventivo”, ha affermato Licinio Contu, Federazione Italiana ADoCeS (Associazione Donatori Cellule Staminali). Altrettanto decise le parole del presidente Gitmo (Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo) Alberto Bosi: “Non sacrifichiamo la necessità attuale per un’utopia futura, ogni anno sono più di 500 pazienti italiani che necessitano di una donazione compatibile per poter accedere al trapianto”.
E anche Giuseppe Aprili, presidente Simti (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia), si è soffermato sull’attuale assenza di evidenze scientifiche che supportino l’utilità della conservazione autologa di cellule staminali del sangue cordonale: “Se il bambino si ammala - ha spiegato - ha bisogno di cellule staminali di un altro bambino sano, non delle proprie”.
Donazione in numeri
Nell’attuale situazione di incertezza, però, continua l’emorragia di sangue cordonale verso le banche estere. Nel 2009 sono state 14 mila le sacche esportate a pagamento dagli italiani. Nello stesso anno circa 16 mila sono state invece donate alle banche pubbliche italiane, ma soltanto un quarto (4376) possedevano le caratteristiche di qualità necessarie per poter essere conservate in vista di futuri utilizzi. Questa selezione, precisa in una nota la Federazione italiana Adoces, “riflette la scelta, operata in modo condiviso da tutti gli attori di questa materia (le banche, i Centri Trapianto, il Registro IBMDR, le istituzioni centrali CNS e CNT) di conservare unità cordonali con più elevati livelli di qualità in termini di contenuto cellulare. Tale scelta è motivata dalla necessità di garantire ai pazienti in attesa di trapianto donazioni efficaci ai fini dell’ottenimento di una rapida ricostituzione ematologica dopo trapianto”.
Quanto ai trapianti, secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti citati dall’Adoces, da gennaio a novembre 2010 sono stati 102 quelli in cui è stato impiegato sangue cordonale, “che rappresenta ormai una valida alternativa per il trattamento di quei pazienti affetti da leucemie e altre gravi malattie del sangue che non dispongono di un donatore compatibile in ambito familiare o nel Registro donatori”.
”Al contrario - conclude la nota - delle circa 45 mila le unità di sangue cordonale raccolte a scopo privato in banche estere, mai una sacca è stata utilizzata per eseguire un trapianto”.
Antonino Michienzi
26 novembre 2010
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