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Più disagio psichico, meno psichiatri


Otto milioni e mezzo di italiani adulti si sono confrontati nel corso della vita con disturbi psichici, ma il numero degli specialisti è in calo. E oltre tutto la professione di psichiatra subisce lo stigma, come le patologie di cui si occupa. Questi i temi al centro del congresso dei giovani della Sip che si apre oggi a Riccione.
 

13 OTT - Secondo i risultati dell’European Study on the Epidemiology of Mental Disorders (Esemed) si calcola che in Italia circa tre milioni e mezzo di persone adulte hanno sofferto di un disturbo mentale negli ultimi 12 mesi precedenti la rilevazione; di costoro, quasi due milioni e mezzo hanno presentato un disturbo d’ansia, 1,5 milioni un disturbo affettivo e quasi cinquantamila un disturbo da abuso di sostanze alcoliche. Si stima, dunque, che più di otto milioni e mezzo di adulti nel nostro Paese hanno sofferto di un qualche disturbo mentale nel corso della propria vita. Molto più a rischio le donne, con l’eccezione dei disturbi correlati all’uso di alcol e sostanze.
Ma di fronte a questa emergenza, gli specialisti che dovrebbero occuparsene sono in numero insufficiente.
“In Italia c’è bisogno di riorganizzare i percorsi formativi per colmare il gap tra la sempre più massiccia richiesta d’interventi e la riduzione dei medici specialisti – spiega Luigi Ferrannini, presidente della Sip (Società italiana di psichiatria) –  Ad aggravare il quadro, in un contesto di welfare fortemente indebolito come quello italiano, c’è l’incongruità di molte richieste: spesso lo psichiatra è sollecitato a risolvere problemi sociali che vanno molto al di là delle sue competenze mediche. E in un welfare debole farmaci e terapie non possono fare tutto…”.
Il congresso dei giovani psichiatri riuniti nella Società italiana di psichiatria, in programma a Riccione da oggi al prossimo 16 ottobre prossimi, muoverà proprio da questa problematica, come è riassunto fin dal titolo: “Lo psichiatra nel nuovo millennio: bisogni formativi, competenze cliniche e rischi professionali”.
Altro nodo essenziale e l’immagine della professione, che appare allo stesso tempo sovraesposta, come una disciplina a metà strada tra filosofia, sociologia e medicina, e sottovalutata, tanto da essere vittima di un vero e proprio stigma. “Tale visione – spiega Andrea Fiorillo, del Dipartimento di Psichiatria della Seconda università di Napoli e presidente del congresso – banalizza il lavoro dello psichiatra, dipingendolo nel peggiore dei casi come un assistente sociale, nel migliore come un intellettuale in grado di fornire sempre risposte ad ogni quesito. Questa visione esaspera le aspettative degli utenti, che spesso avanzano richieste inadeguate, e accentua il rischio che gli stili lavorativi dello specialista siano più difensivi”.

13 ottobre 2010
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