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Rita Levi Montalcini. Il ricordo dell’Istituto Superiore di Sanità


"I fili di una lunga trama hanno legato la storia dell’Istituto alla Montalcini”. A raccontarla è il presidente dell’Iss, Enrico Garaci, nel volume CuriosaMente che l’Iss dedicò alla ricercatrice, scomparsa nei giorni scorsi, in occasione del suo centesimo compleanno.

02 GEN - Un microtomo, sei portaoggetti, un sostegno per portaoggetti, un nastro trasportatore e un porta nastro. Questo chiese Rita Levi-Montalcini a Daniel Bovet, che nel 1963 dirigeva il Laboratorio di Chimica Terapeutica dell’Istituto Superiore di Sanità. Fu infatti l’Iss il primo luogo ad accogliere la ricercatrice scomparsa pochi giorni fa, all’età di 103 anni, quando tornò in Italia, dopo essere stata a lungo in America. A raccontarlo è il presidente dell’Iss, Enrico Garaci, nella prefazione del volume "CuriosaMente" che l’Istituto Superiore di Sanità dedicò a Rita Levi Montalcini in occasione del suo centesimo compleanno e nel quale sono raccolti otto “ritratti” della scienziata, oltre a quello di Garaci, scritti da altrettanti ricercatori che con lei hanno condiviso anni di lavoro e scoperte.

“Io – racconta Garaci - la conobbi più tardi, in quella che poi fu la sua casa per molti anni, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), dove invocava uno spazio autonomo per la neurobiologia, che era allora solo un reparto del più ampio Laboratorio di Biologia Cellulare dell’Istituto. A quei tempi presiedevo il Comitato di biologia e medicina del Centro e insieme al Presidente di allora, Luigi Rossi Bernardi, decidemmo di fondare l’attuale Istituto di Neurobiologia. Molto valse a convincerci la sua determinazione, le ragioni che lei instancabilmente portava avanti con intelligenza e tenacia. La incontrai quindi che lottava per quell’Istituto di cui fu davvero la musa ispiratrice. La sua battaglia non era soltanto una battaglia per uno spazio e un’autonomia di quel settore, ma anche una lotta per affermare ulteriormente l’identità delle neuroscienze che in quel periodo imponevano la loro forza conoscitiva e invadevano di nuova linfa tutto il sapere biomedico”.

Ma il ricordo che Garaci custodisce di Rita Levi Montalcini “non si limita a quello di un’ottima ricercatrice e di una creativa della scienza. Era impossibile incontrare Rita Levi-Montalcini e non scorgere una donna dagli occhi luminosi, curiosa della vita e del mondo, animata ogni volta che, nella discussione, si intrecciava l’etica con la scienza. Il suo entusiasmo genuino, sincero di fronte alla ricerca, quel trasporto e quella felicità, che più volte lei stessa ha raccontato quando le trasformazioni cellulari dei suoi embrioni di pollo le raccontavano qualcosa di più sulle strutture nervose, non si sono mai limitati solo alla scienza. Con altrettanta passione e determinazione non si è mai risparmiata nelle battaglie contro le discriminazioni di genere, contro le diseguaglianze e contro tutti i pregiudizi e le culture che generano sofferenza”. Così come, prosegue Garaci, “con la saggezza di chi ha a cuore la qualità degli obiettivi e il bene della collettività non ha risparmiato né critiche né plausi alle azioni politiche, a seconda che aiutassero o danneggiassero la crescita della ricerca scientifica del nostro Paese, e indipendentemente dalla parte da cui esse provenivano”.



 

02 gennaio 2013
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