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Si ammala di leucemia. Ma ora è in bicletta da Washington a Vancouver


Si chiama Luigi Laraia è italiano e ha 37 anni. Colpito da leucemia, dopo 4 mesi dalla diagnosi e il primo ciclo di chemioterapia ha deciso di inforcare la bici e attraversare 12 Stati degli Usa fino in Canada per raccogliere fondi per la ricerca. Ecco la sua storia.

01 AGO - Tra la città Washington sulla costa Est degli Stati Uniti e Vancouver in Canada corrono oltre 4600 km, in 12 stati. Si deve risalire verso i grandi laghi, superare Chicago, Minneapolis, centinaia di chilometri di North Dakota, Montana, Idaho, arrivare a Washington – lo stato stavolta – dove si trova Seattle. Superarla. E poi ancora puntare verso nord.

Se si cerca su internet si scopre che a farla in macchina, se si potessero evitare soste, ci si metterebbero 47 ore, due giorni. Con ritmi più umani, riposando, probabilmente circa una settimana. E in bicicletta? Molti direbbero che farla in bicicletta è una pazzia bella e buona.

Molti. Ma Luigi Laraia no. Luigi Laraia vuole attraversare gli Stati Uniti in bicicletta da parte a parte, in 35 giorni. Il motivo? Sensibilizzare sul tema del cancro – patologia da cui è affetto da pochi mesi – e, perché no, raccogliere un po’ di fondi per la ricerca.
 
La storia di questo viaggio inizia ben prima della partenza e racconta un pezzetto di vita di Luigi Laraia, il protagonista, 37 anni, consigliere della Banca Mondiale: a marzo del 2012 si presenta dal dottore con un dolore all’addome, fa gli esami di routine, poi altri più approfonditi, e infine gli viene diagnosticata una leucemia. “Un fulmine a ciel sereno”, come lo descrive nel primo post del blog "Relentless for a cure" che racconterà la sua avventura giorno per giorno.
 
“Ho iniziato a far parte di quei milioni di persone nel mondo che si possono definire come pazienti oncologici. La notizia è stato un durissimo colpo, e sono crollato”, scrive. Prima solo psicologicamente. Poi a maggio anche fisicamente: dieci chili in meno con il primo ciclo di chemioterapia e giorni ricoverato in ospedale a causa degli effetti collaterali. “Dopo un mese di cura avevo perso appetito ed energie, non avevo la benché minima voglia di alzarmi dal divano”, scrive ancora sul blog. “A volte mi faceva male tutto il corpo, altre solo le ossa, ma fino alla loro anima. Pensavo la sofferenza sarebbe durata per sempre. Ma non è stato così: dopo un po’ ho ricominciato a mangiare, mi sentivo più forte, mi sentivo di nuovo me stesso. È stato allora che ho cominciato a vedere la vita per quello che è: un’opportunità”. 
 
Ed ecco che il passo verso l’allenamento e il viaggio è venuto da sé: Laraia aveva già attraversato gli Stati Uniti in bici nel 2010, allora solo per piacere o forse per sfida personale, e allora perché non riprendere quell’idea, sfruttando la pausa dalla chemioterapia?
“Quando mi è stata diagnosticata la leucemia la paura più grande non era tanto quella di morire, perché quello prima o poi succede a tutti”, ha scritto a dieci giorni dalla partenza. “La paura era quella di perdere il controllo del mio corpo, di non poter essere indipendente, di non poter realizzare i miei sogni”. Ecco perché, probabilmente, appena recuperate un minimo di forze dalla terapia lo stimolo è stato chiaro: recuperare a pieno il controllo del proprio corpo, e in un certo senso sfidarlo.
 
Tempo quattro mesi dalla diagnosi, e in attesa di riprendere il trattamento a ottobre, il 26 luglio Luigi Laraia è quindi partito, sostenuto con entusiasmo dalla Società di linfomi e leucemia (LLS). Ad oggi viaggia ad un ritmo di circa 100 miglia al giorno, cioè 160 km ogni 24 ore, e si è già lasciato alle spalle Pittsburgh, in Pennsylvania, puntando ai grandi laghi. L’idea è quella di arrivare a Vancouver il 3 settembre.
Un’idea utile non solo a se stesso, per ritrovare il coraggio di affrontare la malattia, ma alla società tutta, per far parlare di cancro e di ricerca. Sul blog, infatti, accanto all’aforisma di Eleanor Roosevelt che recita “Il futuro appartiene a coloro che credono nei loro sogni”, campeggiano il logo dei National Institutes of Health statunitensi, nonché il link dal quale donare per sostenere la ricerca. Il goal finale è quello di raccogliere 20 mila dollari: ad oggi il salvadanaio ne conta ancora solo 9500$, il 48%, ma la strada è ancora lunga.
 
E poi, non da meno, lo scopo è anche quello di dimostrare che nei momenti di disperazione si possono perseguire grandi obiettivi, un messaggio positivo per tutti i malati di cancro. “Credo che cancro o non cancro, iniziamo a morire nel momento in cui abbandoniamo i nostri sogni”, si legge ancora sul blog. “Anche quando il tuo corpo non ti sostiene più bene come prima c’è ancora scelta. E quindi io in questo sogno ho scelto di metterci tutta la testa e tutto il cuore”.
 
Laura Berardi

01 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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