La mia prima intervista “importante”. Un ricordo di 25 anni fa.
26 AGO -
di Cesare Fassari - Medico, docente universitario, dirigente dei più grandi ospedali romani, per anni membro del Consiglio superiore di sanità, ministro della Sanità, direttore dell’Agenzia dei servizi sanitari, senatore della Repubblica e, infine, alla vigilia dei suoi “primi” 90 anni, la nomina a Commissario straordinario per la sanità più indebitata del Paese, quella laziale, per la quale ha scritto il progetto per rimettere in carreggiata conti e servizi sanitari della regione, poi ereditato dalla neo presidente Renata Polverini.
Basterebbero queste brevissime note biografiche a far capire che Elio Guzzanti è un gran personaggio. Se poi aggiungiamo che ha anche un carattere frizzante e doti invidiabili di cortesia e amabilità, il quadro è quello di una persona straordinaria.
Ho avuto l’onore di conoscerlo all’inizio della mia attività giornalistica, a metà anni ’80, quando mi concesse un’intervista in qualità di Sovraintendente sanitario del Bambino Gesù di Roma.
Era una delle mie prime interviste “importanti”. Avevo 29 anni ed ero appena diventato giornalista professionista. Il professor Guzzanti, invece, era già riferimento assoluto per la sanità italiana. Autorevole, dinamico, con una grande cultura scientifica, unita a una capacità innata di guardare avanti, di anticipare il futuro. E in questo caso il futuro della sanità e delle sue dinamiche evolutive. A partire dalla convinzione che la sanità, anche se diversa per mission e contesti, dovesse comunque essere considerata come una grande azienda e come tale gestita e governata. A partire dai medici per i quali si stava per aprire un nuovo capitolo della loro storia: quella del medico-manager.
Nel gennaio 1985, quando facemmo quella nostra conversazione (poi pubblicata sul settimanale Isis n.3/1985), parlare di azienda, riferendosi alla salute, era roba per avanguardisti. Per Guzzanti, al contrario, le similitudini erano evidenti. “Esistono numerose analogie fra le aziende e le organizzazioni sanitarie – sottolineava – perché in ambedue i casi si valutano le risorse impiegate in rapporto alla quantità di prodotto, al suo costo e alla sua qualità”. Anche se, avvertiva, “è su quest’ultimo punto che interviene la vera grande differenza, perché nell’azienda sanitaria l’elemento dominante è, e deve essere, la qualità dell’assistenza prodotta, che precede, anche se non deve ignorarli, i relativi costi”.
La qualità delle cure e dell’assistenza al primo posto con una grande responsabilità del medico, perché “quando si ha a che fare con la vita umana e con tutti i valori, le speranze e le ansie che si concentrano intorno ad ogni individuo che soffre o è in pericolo, quando si rifletterà sui risvolti anche economici che la malattia produce sui singoli e sulla società, allora si capirà meglio come la formazione medica sia indispensabile per una parte consistente di quelle forze direttive cui si chiede di condurre le cose con piglio più manageriale”.
A rileggere oggi queste parole, a distanza di 25 anni, non si può non ritrovare l’essenza del pensiero di Elio Guzzanti e di quanto ha fatto, proposto e ideato per coniugare qualità, efficienza e umanità nell’assistenza sanitaria. In ogni livello e articolazione del sistema.
Un sistema che in questi 25 anni ha dato vita al processo di aziendalizzazione, ha coinvolto i medici nella gestione, ha saputo far proprie le conoscenze del management per rendere più funzionali e dinamici i servizi sanitari.
Compreso il passaggio da una sanità ospedalocentrica a una sanità capace di utilizzare tutto il potenziale di una rete territoriale capillare in grado di sostenere più adeguatamente i nuovi bisogni di assistenza, prodotti dai grandi cambiamenti demografici ed epidemiologici.
Di questo processo Elio Guzzanti è stato senz’altro uno dei principali artefici. Con idee, progetti e scenari da lui avanzati nelle diverse sedi e nei diversi ruoli via via ricoperti, mantenendo sempre inalterata la capacità di farceli concretamente immaginare nella loro potenzialità, anche molto prima della loro effettiva realizzazione.
Un’attenzione al territorio che lo ha portato nei tempi più recenti a farsi promotore di un processo formativo per la medicina territoriale in grado di valorizzare medici di famiglia e specialisti territoriali, senza dimenticare l’importanza delle professioni sanitarie non mediche, e in particolare gli infermieri, considerati quali veri professionisti della salute con responsabilità forti e dirette nei confronti del cittadino.
Ma Guzzanti non ha mai dimenticato l’ospedale e la necessità di rinnovare il suo profilo, puntando da subito sulla dipartimentalizzazione dell’assistenza che sarà proprio lui, nel maggio 1996 come ministro della Sanità nel Governo Dini, a ribadire come riferimento primario per la riorganizzazione della rete ospedaliera italiana (legge 382/1996).
La sanità italiana è oggi molto diversa da quella nella quale Guzzanti ha iniziato la sua attività di medico. Ma è indubbio che nelle grandi architetture che si è data, prima con la riforma del 1978 che ha istituito il Ssn e poi con l’aziendalizzazione di Asl e ospedali dei primi anni ’90, fino ai grandi progetti di sviluppo delle reti integrate ospedale-territorio degli ultimi anni, è una sanità che deve molto alle sue idee e al suo impegno.
Quest’articolo del direttore di Quotidiano Sanità fa parte del dossier dedicato a Elio Guzzanti di “Panorama della Sanità”
26 agosto 2010
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