Corretta alimentazione. Andid: “Inizia da scuola, ma 30% Istituti è senza mensa”
19 APR - In Italia un bambino su tre è sovrappeso e uno su dieci obeso con il rischio che nel 50% dei casi lo sia anche da adulto. Un dato che ci colloca al terzo e al quarto posto in Europa per la maggiore incidenza di bambini sovrappeso e obesi. Una situazione che dovrebbe essere prevenuta soprattutto a scuola. Ma la situazione italiana è allarmante: secondo l’indagine ‘Okkio alla Salute’ svolta recentemente nelle scuole dall’Istituto Superiore di Sanità, oggi il 70% dei bambini, tra scuole elementari e medie, pranza nella mensa dell’istituto, ma su circa 2200 scuole Italiane, solo il 68% di queste la possiede. E anche quando c’è, nessuno controlla cosa e quanto i ragazzi scelgono, specie fra i bambini fino agli 8-9 anni nei quali manca l’idea di porzione e di arco di tempo.
A lanciare l’allarme è l’Andid, l’Associazione Nazionale dei Dietisti Italiani, in occasione del 24° Congresso Nazionale che si apre oggi a Verona.
“Se da un lato i menù sono, o almeno dovrebbero essere, preparati da un dietista, quindi bilanciati e adatti alla crescita dei bambini – ha spiegato
Giovanna Cecchetto, presidente dell’Andid– dall’altro raramente nelle sale mensa sono controllati gli abbinamenti dei cibi, e meno ancora si verifica che i bambini scelgano correttamente gli alimenti e completino i piatti”. Senza contare poi che merendine o patatine sono spesso lo spuntino preferito scelto dai genitori, che non controllano neppure l’alimentazione a colazione e a cena.
Niente da stupirsi: ancora secondo i dati dell’Iss tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 36% non ritiene che il proprio figlio lo sia, mentre è solo il 29% a pensare che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva. Dunque, ancora sottostimata è la ripercussione sulla salute dei chili di troppo accumulati da bambino che predispongono allo sviluppo della sindrome metabolica (ipertensione, obesità viscerale, diabete, fegato grasso) da adulto, diretta conseguenza di una scorretta l’alimentazione e di insufficiente attività fisica. Risultato: le problematiche iniziate e trascurate da bambini, inducono in età adulta a una presa di coscienza e alla modifica dello stile alimentare. Ma è spesso troppo tardi.
“La prevenzione dell’obesità infantile – ha sottolineato Cecchetto – deve iniziare fin da neonati, favorendo il più possibile l’allattamento protratto al seno e tenendo sotto controllo l’eccessivo recupero di peso nei primi anni di vita”. “Studi scientifici hanno infatti dimostrato - ha proseguito la presidente Andid - che quasi la metà di bambini obesi resteranno tali anche da adulti, favorendo però la prevalenza elevata alla sindrome metabolica, strettamente connessa al tipo di alimentazione, già in età adolescenziale”.
Troppi Paesi Europei, Italia compresa, sono lontani dal raggiungimento di condizioni soddisfacenti nel campo alimentare. Specialmente i giovanissimi, perché non adeguatamente controllati, assumono troppe calorie da grassi, zuccheri e cibi conservati processati. Difficile, però, correggerne la abitudini.
A una alimentazione scorretta, come se non bastasse, si combina poi la scarsa attività fisica. Poco consapevoli o genitori poiché su questo aspetto, solo il 43% delle madri/genitori di figli obesi e fisicamente poco attivi ritiene che svolga un’attività motoria insufficiente.
Chiave di volta dovrebbe essere la scuola. Eppure, sempre secondo i dati emersi da Okkio alla Salute, su oltre 2.200 plessi di scuola primarie italiane esaminate, relativamente alla struttura degli impianti, ai programmi didattici, alle iniziative di promozione della sana nutrizione e dell’attività fisica degli alunni, solo il 68% delle scuole possiede una mensa; il 38% prevede la distribuzione per la merenda di metà mattina di alimenti salutari (frutta, yogurt) ed il 34% delle classi svolge meno di due ore di attività motoria a settimana. Inoltre solo 1 scuola su 3 ha avviato iniziative a favore di una sana alimentazione e l’attività motoria, con il coinvolgimento dei genitori.
“I dati emersi dall’indagine – ha commentato
Cristina Cassatela, dietista del Servizio di Educazione all’appropriatezza ed Ebm alla Asl Milano – confermano la necessità di un coinvolgimento maggiore da parte di dietisti, pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, policy makers al fine di programmare azioni di sanità pubblica in modo coordinato e condiviso tra enti, istituzioni e realtà locali al fine di far conoscere le dimensioni del fenomeno obesità tra le nuove generazioni e fornire suggerimenti per scelte di stili di vita salutari”. “Impegno - ha concluso - che va iniziato all’interno delle scuole e esteso alla famiglia:spetta infatti a entrambe fornire ai bambini e agli adolescenti quell’educazione alimentare che servirà loro da bussola per orizzontarsi nel terreno accidentato dell’alimentazione lungo tutta la vita”.
19 aprile 2012
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