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Noi medici “accettisti” del Cardarelli

12 FEB - Gentile direttore,
sono un medico della Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza dell’AORN Cardarelli. Sono uno di quei medici che, pur in possesso di Laurea e specializzazione, qui al Cardarelli viene sprezzantemente indicato col termine di "Accettista", uno che mediamente non viene considerato alla stregua degli “Specialisti con i capelli bianchi”.
 
Purtroppo per me, i miei (pochi) capelli e la mia barba, sono bianchi e questo fortunatamente mi mette nella posizione di esprimere quanto segue ad onore anche dei miei validissimi colleghi (tutti regolarmente Laureati e Specializzati). È di pochi giorni fa la visita presso il nostro PS del ministro Giulia Grillo con le note dichiarazioni rilasciate in quell’occasione.
 
Dunque sento l’esigenza di dare voce ad una grave criticità che crediamo debba essere affrontata senza indugio.  È noto a tutti che questo Grande ospedale in questo momento storico, regge le sorti dell’emergenza di tutta la città. Nessun paragone è possibile con nessun altra realtà in tutto il Paese tanto meno con il Niguarda che ha una rete di ospedali cittadini che svolgono al meglio la loro funzione di centri Spoke.
 
Dunque dire che il ps non svolge funzione di filtro, come da qualche parte si è fatto con una lettura parziale dei dati, è non solo disonesto dal punto di visto intellettuale ma denota ignoranza assoluta del lavoro che si svolge all’interno del Dea, classico di chi è un burocrate e basta. Senza parlare del senso di umiliazione, di frustrazione, di rabbia che ormai è sentimento comune di tutti i medici del pronto soccorso Obi.
 
Chi sperimenta un’emergenza si trova nella posizione di massima debolezza in cui i suoi diritti e la sua vita sono sospesi se non sono garantiti da un sistema organizzato competente ed efficiente. Si pensi alla fatica immane di gestire centinaia di accessi quotidiani, decine e decine di ambulanze da tutti i punti della città, pazienti con II III e IV cure che non trovano risposte ai loro bisogni di salute e si affidano al Cardarelli come ultimo rifugio.
 
Si pensi allo stress quotidiano di un gruppo di lavoro che si fa carico di 100 (cento!) pazienti in obi molti con patologie gravi, molti bisognevoli di trattamenti complessi, spesso in condizioni precarie su barelle o peggio sedie, senza un minimo di privacy né di comfort, senza bagni decenti, con un vitto sempre uguale a se stesso (pastina e frutta cotta).
 
Eppure questa massa di “pazienti” (nel senso vero del termine di sofferenti e armati di pazienza) esprime una conflittualità bassissima nei confronti del personale sanitario e ausiliaro. Questo perché il ps è una casa di cristallo dove è visibile a tutti la fatica immane che ogni giorno viene affrontata per dare risposte le più dignitose possibili.
 
Eppure questa fatica e questo carico immane sembrano sfuggire al resto dell’ospedale. Sembra che il ps e il DEA siano un corpo estraneo spesso vissuto come fonte di problemi e di rottura di scatole. Ecco questo è il lato peggiore di tutta questa faccenda. E ciò avviene senza che nessuno di coloro che ha compiti di responsabilità intervenga con determinazione per migliorare lo status quo. È certo  che il resto del personale dell’ospedale, se messo nelle stesse condizioni lavorative, non vorrebbe restare in ps neanche un minuto.
 
Che dire poi se ogni giorno bisogna confrontarsi con una burocrazia arrogante e cieca che vieta i ricoveri urgenti non trovando di meglio che comunicazioni verbali attraverso addetti alla ricezione che nulla sanno di medicina e di urgenza?
Ancora in questi giorni i medici di turno hanno dovuto fronteggiare questa follia, con un Red Point dove stazionavano due pazienti intubati ed erano presenti almeno altri cinque pazienti in condizioni critiche e dal quale nulla si poteva spostare per ordini vaghi e arroganti non si sa bene di chi.
 
Tutto questo ha prodotto un rifiuto cosi’ profondo verso una condizione lavorativa che appare senza via di uscita che ormai tutti i medici del ps non vogliono altro che andare via.
 
Questo mese dal 16  un altro medico giovane, brillante, di profonda cultura medica e urgentista formato, va via per approdare al PS di Pozzuoli dove altri lo hanno preceduto altrettanto validi giovani e formati. E a seguire nelle prossime settimane altri andranno via. E non ci sono alle viste rincalzi né nel numero né nella qualità visto che ormai l’urgenza non viene considerata appetibile.
 
Dunque esigenza assoluta sarebbe non perdere più neanche un medico. Invece continua l’emorragia. Questo porterà ad una serie di reazioni a catena con impossibilità a coprire i turni come già succede da mesi per le notti. La Direzione sanitaria, messa alle strette, dovrà per forza o per piacere, inviare medici dai reparti in ps per completare i turni. Medici non avvezzi a questo tipo di lavoro con peggioramento delle performances del pronto soccorso e sull’altro versante con peggioramento delle attività di reparto alla quale questi medici saranno sottratti.
 
Che dire? Si rischia un’implosione quale non si è mai vista prima, perchè questo non è un ospedale qualsiasi e sopperisce a carenze gravi del territorio, di altri presidi ospedalieri e del soccorso 118.   Possiamo solo sperare che venga raccolto questo che non è un lamento sterile ma un grido di dolore di chi vede avvicinarsi un uragano devastante e ha in mano solo un ombrello.
 
Le prossime settimane saranno pesantissime. Non mette più conto di parlare di soluzioni più volte proposte anche attraverso le rappresentanze sindacali e mai attuate. 
 
Quando si bloccano i ricoveri urgenti in spregio ad una precisa disposizione della Direzione Generale, si dà un segnale gravissimo, i pazienti restano sospesi in un limbo e spesso quelli con gravi criticità  finiscono in Obi. Di tante proposte, ripeto, più volte espresse anche dalle parti sindacali con Cisl e Uil  e condivise anche con la struttura regionale, nessuna è stata raccolta ma soprattutto nessuna strategia viene messa in campo dal trasporto pazienti, alla settimana corta con le guardie padiglionali, ai tempi medi di degenza.
 
 
La verità è che il pronto soccorso e il Dea sono una barca in mezzo al mare lasciata alla deriva, dove non lavorano i grandi cardarelliani che si ama citare, ma forse una razza inferiore di “Pochi” operatori, medici, infermieri e OOSS che non ha nessun diritto e che cerca disperatamente di garantire, nelle condizioni peggiori, un minimo di diritto alla salute dei pazienti che vivono e soffrono su quelle barelle, che non sono mai sparite e nemmeno governate.
 
Giuseppe Visone
Responsabile FP CGIL Medici Cardarelli
 
controfirmato da
Giosuè Di Maro
Segretario Sanità FP CGIL Campania
 
Alfredo Garzi
Segretario Generale FP CGIL Campania

12 febbraio 2019
© Riproduzione riservata

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