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Campania. Con il Piano assunzioni, in arrivo circa 5 mila nuove unità. Delusione tra i sindacati medici

Il documento sotto la lente dei sindacati della dirigenza medica che esprimono un netto dissenso sul programma illustrato dalla struttura commissariale. Rilievi tecnici, riserve e perplessità che puntano il dito soprattutto sull’insufficiente dotazione delle Asl rispetto agli ospedali sul totale di circa 5 mila unità di personale (medici, tecnici e amministrativi). IL DECRETOSCHEDA PERSONALE

21 LUG - In arrivo, in Campania, sullo stesso binario su cui viaggia il riordino delle degenze 4.951 nuove unità di personale (di cui 1.412 per l’Ospedale del Mare) da arruolare entro il 2018 con avvisi pubblici e concorsi. Si tratta di medici, dirigenti non medici e personale del comparto. A fronte delle 14 mila posizioni perse per strada nelle stazioni dei pensionamenti - mai rimpiazzate in sette anni di blocco del turn-over – il treno delle assunzioni ristora dunque circa un terzo delle defezioni. A stabilirlo è il provvedimento di definizione del fabbisogno di personale di Asl e ospedali stilato dalla struttura commissariale e inviato a Roma, a inizio maggio, insieme al Piano di riordino dei posti letto. Il decreto, appena pubblicato sul Bollettino regionale, è stato già sottoposto nei giorni scorsi, dai commissari Polimeni e D’Amario, alle organizzazioni sindacali.
 
Cosa prevede. Il Piano non entra nel dettaglio delle assunzioni da fare per ciascuna delle 17 aziende sanitarie campane (a questo penseranno gli atti aziendali) ma stila invece gli standard di personale da assicurare in servizio in base al numero di posti letto fissati dal Piano ospedaliero. Si parte dall’indice di  0,1 medici per posto letto per ricoveri a bassa intensità di cure in riabilitazione e lungodegenza e dallo 0,16 delle specialità di base medica a larga diffusione per salire allo 0,19 per discipline di base chirurgiche, passando per lo 0,25 e 0,30 per la chirurgia e medicina di media diffusione (con un bonus fissato a 0,55 per la pediatria e le specialità ad elevata assistenza), giungendo ad un picco di 1,5 dottori per posto letto in  terapia intensiva, 2 nelle unità spinali e 3 nel centro ustionati pediatrici dove l’assistenza è necessariamente h 24 con un minimo di 6 dirigenti per turno. Per i servizi clinici (Laboratorio, radiologia, anestesia) si calcola un fattore di correzione del 40 per cento.
 
Qui il primo dei nodi rilevati dai sindacati laddove lo standard per le specialità chirurgiche di base è identico a quello della chirurgia d’urgenza (0,19) sebbene poi nel documento, per i reparti di pronto soccorso, si preveda un calcolo più complesso che dovrebbe tenere conto del numero di accessi annui e del tempo medio di impegno di un sanitario per ciascun paziente e attribuendo un maggior peso ai dipartimenti complessi, come quello attivo al Cardarelli.

Ad ogni modo, a leggere le circa venti pagine del provvedimento, tabelle comprese, salta subito all’occhio il fatto che nel calcolo degli standard della dotazione organica si parta, quale principale parametro di riferimento, non solo dai posti letto e dalla qualità e sicurezza delle cure, ma soprattutto da un tetto di spesa economico fissato per la Campania (regione ancora commissariata e in piano di rientro dal deficit) nel costo del personale rilevato nel 2004 ridotto dell’1,4% con l’unica concessione di compensazioni tra figure del medesimo ruolo (un’azienda può ad esempio abolire un primario o dirigente per farne un altro in diversa disciplina). 
 
Nel documento, inoltre, non c’è il dettaglio dei medici da assumere ma a mettere in fila i numeri e al netto della dotazione prevista per l’ospedale del mare, i nuovi ingressi di dirigenti medici dovrebbero risultare, in totale, circa 849. Numero da cui andrebbe stralciato il 25% che il provvedimento attribuisce in più ai soli ospedali di alta specializzazione, in risposta all’incremento delle attività ambulatoriali. Il risultato, per le 7 aziende sanitarie territoriali, è di 37 unità mediche da prevedere in ingresso che diventano di 58 per ospedali, il Pascale e le Università. Un numero che se appare congruo per gli ospedali autonomi, concentrati in un’unica struttura, è probabilmente sottostimato per grandi Asl che hanno diversi presidi ospedalieri cui provvedere in una frammentazione dell’offerta e dei posti letto che non giova a razionalizzare i costi e garantire standard di qualità e sicurezza e su cui il piano ospedaliero incide poco o nulla con soli 400 milioni di spendere per l’edilizia ospedaliera.
 
Le ragioni del no dei sindacati
E’ condensato in un netto dissenso il parere dei sindacati della dirigenza medica, sollecitati dalla struttura commissariale guidata da Polimeni e D’Amario in un primo faccia a faccia che si è tenuto una decina di giorni fa al quartier generale del commissari e da replicare agli inizi della prossima settimana per protocollare il documento finale stilato dai camici bianchi. Un fronte compatto quello rappresentato da una dozzina di sigle della dirigenza medica, sanitaria, amministrativa e tecnica. Il Piano viene considerato “inadeguato, iniquo e concretamente rischioso ai fini della garanzia dei Livelli di assistenza” soprattutto alla luce del calo delle aspettative di vita, della scarsa prevenzione, riduzione dell’accesso alle cure e della maggiore mortalità oltre che di una vita media della popolazione campana che paga pegno con circa tre anni in meno di aspettativa di vita. All’indice del fronte sindacale - guidato, in ordine di numeri, da Anaao, Cimo, Aaroi e via via gli altri sindacati maggiormente rappresentativi - il numero delle assunzioni prospettato (4.951 unità totali entro il 2018, comprendente tutte le figure professionali, di cui circa 900 dirigenti medici se si estrapola il dato delle 1400 assunzioni necessarie al decollo dell’ospedale del mare).
 
“Da prime estrapolazioni – si legge nel documento – le ipotesi di nuove assunzioni di personale medico e sanitario, da frammentare nelle varie discipline, risultano assolutamente insufficienti”. Levata di scudi anche sul modello toscano, proposto dai commissari Polimeni e D’Amario cosiddetto a “intensità di cure” che dovrebbe garantire l’abbattimento di costi ma che sembrerebbe poco rispondente alla rete frammentata dell’offerta ospedaliera campana vista la scelta ispiratrice di fondo, impressa dalla giunta regionale, di non chiudere alcun ospedale. Un punto di partenza che, sposato al vincolo dei costi (quelli rilevati nel 2004 con un taglio dell’1,4%), piuttosto che ancorato paletto della qualità e sicurezza delle cure, finirebbe per disattendere l’obiettivo di risalire la china dei Livelli essenziali di assistenza. Sotto la lente anche i parametri numerici di unità di personale per posto letto che risulterebbero sistematicamente inferiori a quelli previsti da analoghi documenti di programmazione sanitaria di altre regioni. A titolo di esempio vengono messi a confronto i dati di Campania, Abruzzo e Puglia per le discipline di ampia diffusione di Medicina interna, Chirurgia generale e Lungodegenza da cui si evince la minore dotazione organica prevista per la Campania.
 
 “Il provvedimento licenziato dalla struttura commissariale sembra più un colpo di grazia che un aiuto – commenta Roberto d’Angelo coordinatore per l’area metropolitana della Cisl medici. Nel piano conclude Antonio De Falco, presidente regionale della Cimo – gli standard fanno riferimento a indicatori del 1998 (decreto Donat Cattin) con ulteriori parametri per aree critiche e ad elevata integrità di cura di cui nulla si specifica ricorrendo a standard impostati a vecchi modelli di sanità risalenti a 28 anni fa”.
 
 
 
Ettore Mautone

21 luglio 2016
© Riproduzione riservata

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