Tumore colon retto. Nuova prospettive per il test sull'analisi combinata del Dna e dell'emoglobina fecali
I dati presentati al 22° Congresso Nazionale delle Malattie Digestive di Napoli suggeriscono che potrebbe far risparmiare 1 su 3 colonscopie negative effettuate per diagnosticare il tumore colon-retto in Italia a seguito di un esame per il sangue occulto nelle feci (SOF) positivo.
03 MAR - Nuovi dati presentati al 22° Congresso Nazionale delle Malattie Digestive Fismad (Federazione italiana società malattie apparato digerente), appena conclusosi a Napoli, suggeriscono un’ulteriore potenziale applicazione per il test non invasivo sul Dna e l’emoglobina fecali per lo screening del tumore colon-retto (Cologuard, Exact Sciences), recentemente introdotto anche in Italia. Se utilizzato per selezionare pazienti da sottoporre alla colonscopia (in gergo tecnico, per effettuare un “triage”) in seguito a un test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (SOF) risultato positivo, il test sul Dna fecale potrebbe diminuire circa del 30% colonscopie che risulterebbero altrimenti negative.
“Secondo le linee-guida esistenti il test di screening per il cancro colorettale è il SOF - spiega
Marcello Anti, Direttore UO Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma -. Se il SOF è positivo, il paziente viene seguito con una colonscopia diagnostica, che consente di visualizzare completamente il colon ed il retto e di rimuovere, se necessario e possibile, eventuali polipi, i precursori benigni del tumore. Tuttavia, la colonscopia è una procedura invasiva e costosa, richiede una preparazione complessa, e, seppure raramente, può dar luogo a complicanze quali l’emorragia e la perforazione. In Italia vengono eseguite circa 500mila colonscopie diagnostiche ogni anno. Circa 3 colonscopie su 4 di quelle eseguite su pazienti con un SOF positivo risultano negative. Se il test sul Dna e l’emoglobina fecali venisse impiegato in seguito ad un SOF positivo, potremmo risparmiare circa il 30% di quelle che risultano appunto negative”, aggiunge.
Questo dato deriva da un modello analitico elaborato da dati ancora non pubblicati relativi allo studio “Multi-target Stool Dna Testing for Colorectal-Cancer Screening”, un’indagine condotta in 90 centri di Stati Uniti e Canada su 10.000 soggetti arruolati, pubblicata ad aprile 2014 sull’autorevole New England Journal of Medicine, che ha dimostrato l’efficacia del test combinato sul DNA e l’emoglobina fecali e contribuito alla sua approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) americana per lo screening del tumore colon-retto in soggetti a rischio intermedio tra i 50 e gli 84 anni.
Secondo la nuova analisi presentata a Napoli, su 700 pazienti risultati positivi al test SOF, 472 risultarono successivamente negativi alla colonscopia e 149 di questi 472, negativi anche al test per il Dna e l’emoglobina fecali. “Questo suggerisce un possibile impiego del test per l’analisi combinata del DNA e l’emoglobina fecali per selezionare pazienti positivi al SOF, da indirizzare alla colonscopia soltanto in caso di doppia positività (al SOF ed al DNA fecale); ciò potrebbe ridurre del 30% le colonscopie non necessarie”, conclude Anti.
Dopo il lancio negli Stati Uniti, il test per l’analisi combinata del Dna e dell’emoglobina fecali è stato introdotto a novembre anche in Italia. Inserito tra i test raccomandati dalle linee guida per lo screening del tumore colon-retto dell’American Cancer Society, è stato recentemente recepito anche dalle linee guida SIPMeL (Società Italiana di Patologia Clinica e Medicina di Laboratorio), che ne raccomandano l’uso proprio nel triage dei pazienti positivi alla ricerca del sangue occulto nelle feci.
03 marzo 2016
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