Gli Stati Generali dei medici devono essere aperti ai cittadini
15 OTT -
Gentile direttore,
appare evidente lo stato di considerazione che il ruolo del medico ha in questo Paese. Basterebbe ripetersi le parole di un noto commentatore televisivo nazional popolare, sulla capacità di un medico la mattina mentre si fa la doccia di darsi obiettivi di spesa piuttosto che di salute, per leggere tutta la perdita del ruolo di una professione che nell’immaginario collettivo dovrebbe essere intesa come fortemente connessa alla vita e alla sua preservazione.
Non riflettere sul fatto che nel particolare della Medicina Generale questo abbia un valore aggiunto, appare quasi un rifiuto della realtà.
I termini di medico generico o di base danno tutto il contenuto di una valutazione in minus di una disciplina a cui invece si dovrebbero riconoscere ben altri valori, ma che essendo caratterizzata dall’essere “primaria” non nel senso di essere prima ma piuttosto di essere di primo livello soffre in maniera particolare la perdita del ruolo del medico poiché il lessico di questo paese dà valori significativi di ruolo, anche legislativi, agli atti complessi e specialistici con il risultato di mantenerla nelle responsabilità ma di escluderla nella considerazione.
Diventa molto difficile anche per un buon negoziatore valorizzare una figura che nell’essere per il cittadino che lo sceglie quello che semplifica gli atti complessi, viene invece continuamente messa in discussione da atti burocratici, spostamento a funzioni non assistenziali, subordinazione nelle proprie scelte professionali, vedi prescrizioni di esami e farmaci a controllo specialistico, sia ad altri medici che a funzionari organizzativi e gestionali, con il risultato di allontanarsi dall’essere il solutore di una complessità assistenziale e rendersi la figura moderna e di maggiore intensità assistenziale di cui oggi il territorio ha bisogno, ma forse è proprio questo lo scopo.
Forse lo scopo è quello di rendere giustificabile la sottrazione di una funzione “primaria”, questa volta nel senso vero del termine, all’offerta assistenziale per i cittadini italiani, che continuano però a dimostrare di avere voglia di scegliere chi li assiste, di avere voglia di un approccio con una personalizzazione di cura fatta tra persone, prima che tra medico e paziente, in sintesi di avere voglia di “non andare con il primo che capita”.
La FNOMCeO ha la necessità di chiarire che cosa i medici vogliono sia per loro stessi sia per i cittadini italiani, e cioè quella di non far apparire gli Stati Generali della professione come riferiti alla politica o agli addetti ai lavori o perlomeno solo a questi, gli Stati Generali vanno riferiti innanzitutto ai cittadini che dovranno prendere coscienza se questo sia ancora un Paese dove i processi di cura siano garantiti da un medico o da prospetti legislativi, griglie, statistiche economiche ecc.
Una piattaforma che non sia una proposta di dialogo, di relazione e di comunicazione con i cittadini di chi come rappresentante dei medici, ha ruolo costituzionale nel difendere la loro salute e diventa, piuttosto, un esercizio ideologico contrattuale, troverà poco ascolto.
Una piattaforma che non sia un traduttore per il cittadino di quanto sta avvenendo in sanità, in modo che questi e solo questi, possa superare un’asimmetria che non sempre gli permette di comprendere le scelte in ambito sanitario delegandole con serenità ad un medico di cui si fida, saranno poco utili e fuorvianti, forse è fuorviante anche il termine stesso di piattaforma sarebbe meglio parlare di programma.
I nostri pazienti devono sapere che oggi esiste uno sbilanciamento costituzionale tra il diritto alla salute e l’equilibrio di bilancio all’interno del pubblico e figuriamoci in un privato seppur etico, i nostri pazienti devono sapere che queste scelte sono subite dai medici come dai cittadini poiché mai rese pubbliche da chi le ha determinate, i nostri pazienti devono sapere che Il SSN per come ci è stato consegnato dai padri costituenti attraverso l’articolo 32 della Costituzione e da leggi come la 833 non è di proprietà di nessuno, né dei medici né dei pazienti né dei politici e tantomeno delle regioni, anzi è qualcosa che abbiamo tutti il dovere di preservare per lasciarlo a chi dopo di noi lo utilizzerà siano essi giovani medici o giovani cittadini, i primi per curare dopo essere stati a questo formati e i secondi per essere curati e dai primi informati.
Altra parola pregnante è rivendicazione, l'azione di rivendicazione è addirittura prevista per legge e tutela chi, in base all'affermazione di essere proprietario di un bene, ne pretende il possesso o la detenzione che siano esercitati da un altro soggetto privo di titolo, è questo l’errore che non si deve fare da parte dei medici.
Occorre non confondere però l'azione di rivendicazione di una professione con l’azione di rivendicazione dei singoli professionisti, occorre che sia chiaro che il bene è della collettività di ieri, di oggi e di domani e che, i cittadini di oggi sono i principali testimonial alla politica della esigenza di un SSN di garanzia nazionale, equo, solidale e universale che resti ai cittadini di domani.
Questi sono i miei perché nella speranza che possano esserlo per molti di quelli che si stanno adoperando per gli obiettivi di questa mobilitazione, una mobilitazione che deve dare una risposta ad un tentativo di involuzione di uno dei migliori Servizi Sanitari Nazionali al mondo per risultati, oltretutto raggiunti con basso investimento, una mobilitazione che a chi volesse trasformarlo in perdita per cittadini e medici dovrà rispondere solo con un grosso “Anche no”.
Silvestro Scotti
Presidente OMCeO Napoli
Medico di Medicina Generale
15 ottobre 2015
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