Come migliorare i percorsi di cura dei pazienti attraverso un dialogo aperto e una collaborazione effettiva tra il settore pubblico e quello privato. È stato questo il tema centrale della tavola rotonda dal titolo “Il futuro dei percorsi di cura, tra innovazione e collaborazione pubblico-privato” che si è tenuta ieri, nel corso della quarta giornata della Johnson & Johnson Week, una settimana di incontri con clinici, associazioni pazienti, istituzioni, università e centri di ricerca organizzata dal J&J Innovative Medicine per immaginare insieme le prossime evoluzioni della sanità italiana.
Al dialogo hanno partecipato Giuseppe Pompilio, Direttore Market Access Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia; Mariano Corso, Osservatorio Sanità Digitale, Politecnico di Milano (PoliMI); Paolo Petralia, Direttore generale della ASL 4 del Ssr ligure; Gennaro Sosto, Direttore generale ASL Salerno e Caterina Bianciardi, Direttore UOC Direzione Operativa dell'Irccs Policlinico Sant’Orsola.
“Durante la prima giornata della Johnson & Johnson Week abbiamo parlato della necessità, per noi, di fare innovazione e abbiamo cercato di definire il mismatch tra la formazione dei medici e le competenze attese”, riassume Giuseppe Pompilio. “Questa quarta giornata invece è la giornata del fare. Cerchiamo di identificare gli elementi su cui intervenire per facilitare, in maniera concreta, la collaborazione tra pubblico e privato”.
L’azienda J&J, dice Pompilio, si mette “a disposizione dei Direttori Generali per identificare soluzioni. Ci avvaliamo anche del contributo del Politecnico di Milano per prendere in considerazione l’utilità del digitale”.
Il digitale che facilita i percorsi di cura
Mariano Corso, che alla tavola rotonda ha rappresentato l’Osservatorio Sanità Digitale, cita diversi esempi di casi in cui l’uso del digitale ha consentito, grazie a una corretta collaborazione tra pubblico e privato, di rivedere e innovare i percorsi di cura. “Il ripensamento del percorso nascite è stato possibile in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e il Fatebenefratelli Isola Tiberina. In questo caso siamo riusciti a ripensare il percorso delle madri con diabete gestazionale e il percorso nascite grazie all'utilizzo della sanità connessa. Con gli stessi attori abbiamo permesso a migliaia di persone di sottoporsi a uno screening per prevenire le malattie legate alla fibrillazione atriale”. Un altro esempio: “grazie alla collaborazione con le aziende farmaceutiche è stata ripensata la strategia per la sanità digitale della Regione Sicilia, sono stati creati dei percorsi per rivedere le modalità di cura in oftalmologia e sono stati ripensati i modelli organizzativi per il corretto inserimento delle terapie Car-T”.
Collaborazione pubblico-privato per stare al passo con l’innovazione
Migliorare la collaborazione tra pubblico e privato, secondo Corso, sarà ancora più importante dopo il PNRR: riusciremo a stare al passo con l’innovazione in generale e con l'innovazione digitale "solo se sapremo mettere insieme le energie del pubblico e del privato attraverso partenariati e sinergia tra i diversi attori di questi due mondi”. Per fare questo secondo l’esperto bisogna “sburocratizzare e superare la cultura del sospetto e la iper-regolazione che spesso impedisce un rapporto semplice e fluido tra pubblico e privato”.
Una più stretta collaborazione pubblico-privato permetterebbe anche uno scambio, una condivisione, di risorse, competenze e strumenti, come nota Paolo Petralia. “Migliorare il Ssn significa innovare, ma anche rendere sostenibile l’innovazione”, dice l’esperto. “Abbiamo la possibilità di dialogare e confrontarci tra pubblico e privato e scoprire che insieme si fa di più e soprattutto in tempi più rapidi e con risultati probabilmente migliori”.
“Lo scambio di esperienze, di modelli e di capacità organizzativa tout court, fino ad arrivare alla costruzione vera e propria di infrastrutture - dice Petralia - sono esempi di come il partenariato pubblico privato possa avvantaggiare tutti nella costruzione di una sanità più efficace e al tempo stesso più sostenibile”.
Le sfide di ospedali e sanità territoriale
Nel corso della tavola rotonda Gennaro Sosto e Caterina Bianciardi hanno condiviso le difficoltà e le sfide che nei prossimi anni dovranno affrontare sia la medicina territoriale sia le strutture ospedaliere.
“La sfida territoriale è quella data dal DM 77 che chiede di prendere in cura la nostra popolazione, soprattutto quella cronica, senza accessi inappropriati in area ospedaliera”, dice Sosto. La sfida consisterà nella “realizzazione di case di comunità e ospedali di comunità che dovranno integrarsi con i sistemi già esistenti”. Secondo Sosto, “la tecnologia, la digitalizzazione e l'utilizzo della telemedicina potranno aiutare a mettere in atto il percorso”. Bisognerà mettere in campo anche una serie di figure professionali specifiche, come gli infermieri territoriali, aggiunge l’esperto. “Nuove strutture intermedie potranno essere lo strumento per mettere in pista una nuova offerta e per rendicontare, anche dal punto di vista della misurazione, gli esiti degli effetti dell'applicazione di queste nuove metodiche territoriali”.
Per quanto riguarda gli ospedali Bianciardi porta l’esperienza del Policlinico Sant’Orsola. “Uno dei problemi che gestiamo in questo momento è quello delle liste di attesa chirurgiche: per dare una dimensione del fenomeno attualmente ci sono circa 18.000 pazienti in lista di attesa. Il secondo problema riguarda i ricoveri e il terzo le liste d'attesa ambulatoriali”.
Sono queste le aree su cui l’Ospedale cerca di intervenire, Bianciardi spiega come. “Per quanto riguarda le liste di attesa chirurgiche stiamo mettendo a punto modello organizzativo basato sulle Focused Factory, quindi sulla centralizzazione di patologie di medio-bassa complessità all'interno di determinati stabilimenti”. Le liste di attesa ambulatoriali invece sono state ridotte grazie a una revisione interna del modello organizzativo. “Stiamo lavorando anche sulla sensibilizzazione del personale e sull'appropriatezza delle prescrizioni”. Per quanto riguarda i ricoveri, dice Bianciardi, il tentativo è di ottimizzare le degenze mediche. Sulla collaborazione pubblico-privato la dott.ssa osserva che “le aziende sanitarie spesso non riescono in autonomia a gestire l’innovazione. Quindi il Sistema sanitario nazionale deve andare verso una maggiore partnership con i privati”.
I problemi e le proposte sono stati messi sul tavolo e gli esperti si danno appuntamento tra qualche mese per fare un punto su cosa è stato fatto e cosa resta ancora da fare per garantire l’innovazione e migliorare la collaborazione tra pubblico e privato in sanità.