La violenza contro i medici è un atto da condannare senza “se” e senza “ma”
06 NOV -
Gentile direttore,
oramai insultare, picchiare, diffamare un medico sembra essere il modo per sfogare le proprie frustrazioni, al pari degli atti di violenza agli stadi.
Quasi quotidianamente leggiamo la notizia che un medico è stato aggredito: nel proprio studio, nel reparto ospedaliero, al Pronto Soccorso, al domicilio del paziente. Sembrerebbe una barzelletta o il racconto di una scena di un film grottesco, ma, purtroppo, è la cruda realtà.
L’aggressione ai medici è la conseguenza di una degenerazione sociale verso l’ignoranza e l’assenza di rispetto, dove ognuno pensa di essere al pari nelle competenze e nella professionalità con chiunque. Ma non è così! Ogni cittadino ha pari diritti con l’altro, ma non ha le medesime competenze nel poter avere voce in capitolo sulla gestione professionale, in particolar modo nella professione medica.
Recarsi presso uno studio medico, un pronto soccorso, essere ricoverati in un reparto ospedaliero o ricevere una visita domiciliare sembrano cose scontate, ma di scontato non c’è nulla; è l’atto di un professionista nei confronti di un cittadino che ha bisogno di assistenza, la cui gestione nei tempi e nei modi è di pertinenza e di competenza del professionista e non certo dall’utente.
In Italia abbiamo il diritto all’assistenza sanitaria, ma tale diritto potrebbe scomparire se i professionisti sanitari decidono di lavorare esclusivamente nel privato, poiché nel pubblico non hanno più alcuna tutela e rischiano l’incolumità fisica ogni giorno.
La violenza non è solo fisica, ma anche verbale, attraverso gli insulti o con il moderno modo di sfogare i propri istinti primordiali: il social network. Sulle bacheche dei social network, su gruppi ad hoc, si leggono offese e ingiurie nei confronti dei medici, semplicemente perché quel professionista non soddisfa le proprie aspettative, non di tutela della Salute, ma di COMODITÀ€! Gli assistiti, o pazienti, non hanno più la pazienza di aspettare che si venga curati, ma pretendono di avere tutto e subito: ciò esprime la totale mancanza di rispetto del professionista, dei suoi collaboratori, ma, soprattutto, assenza di rispetto nei confronti degli altri pazienti che hanno una priorità di attesa per turno, o per gravità della patologia, che spetta solo al medico o all’infermiere di decidere.
La competenza e la professionalità sono frutto di studio ed esperienza e non può essere prerogativa di chiunque! Un medico che ha bisogno di una consulenza legale o architettonica non si sogna di mettere becco nella gestione della consulenza stessa di quel professionista: sarebbe assurdo! Eppure in medicina ognuno pensa di saperne più del professionista, sia nel merito, che nel metodo.
Sarebbe opportuno l’intervento delle Istituzioni, a tutti livelli, poiché i cittadini andrebbero informati che ogni atto di violenza può essere denunciato, processato e condannato: non solo la violenza fisica, ma anche ingiurie e, soprattutto la diffamazione sui social network, che è già una prova scritta dell’atto diffamatorio: le parole hanno un peso e chi le usa, poi se né assume la responsabilità, rischiando denuncia, processo giudiziario e condanna.
Così come invito tutti i medici a denunciare solo alle Autorità competenti, che sono le Forze dell’Ordine e la Magistratura; anche perché pseudo associazioni facebookiane, che tentano di speculare sugli atti di violenza, per chissà quali interessi, possono contribuire ad amplificare gli atti violenti e diffamatori. Solo con le opportune denunce, con l’appoggio degli Ordini Professionali dei Medici-Chirurghi e delle ufficiali Organizzazioni Sindacali di Categoria si può cercare di estirpare questo cancro.
Personalmente ho subito più di un atto di violenza allo studio e ho esposto denuncia ai Carabinieri e alla Magistratura, così come ho denunciato le diffamazioni, le calunnie e le minacce a mezzo social. Le cause innescanti di questi atti di violenza: richieste inappropriate di certificati, richieste di farmaci, in particolar modo antibiotici “anticipati dai farmacisti”, richieste di certificazioni telematiche di malattia a telefono o a mezzo telematico senza la previa visita allo studio, o per omissioni degli stessi da medici ospedalieri, di pronto soccorso o specialisti ambulatoriali ASL.
Concludo, rivolgendomi ai miei colleghi, come collega e loro rappresentante sindacale, di non aver alcun timore di essere degli onesti e corretti professionisti, perché la nostra Professione, e non “missione”, è nobile e come tale va tutelata prima di tutto da noi stessi nella condotta, ma anche nel rispetto, che è un nostro sacrosanto diritto: alla richiesta inappropriata di un paziente “gli altri medici lo fanno”, replico sempre “tante parsone vanno in moto senza casco. Preferisco usare sempre il casco”
Dr. Salvatore Caiazza
Medico di Medicina Generale ASL Napoli 2 Nord Ambito di Quarto Vice Segretario Vicario FIMMG Napoli ASL Napoli 2 Nord
06 novembre 2023
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