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Il Dm 77 e gli errori sulla riabilitazione

05 SET -

Gentile Direttore,
“Col DM 77/22 la riabilitazione, terzo pilastro del SSN, è stata ignorata”. Lo ha scritto, su queste colonne, Giovani Di Pilla, Direttore Generale dei centri di riabilitazione Padre Pio. E ha ragione da vendere. Ma purtroppo non è solo il DM 77 ad ignorare la riabilitazione. Lo fa anche, ad esempio, la Regione Campania che ad aprile ha approvato una delibera, la 164/22, che avrebbe sulla riabilitazione effetti devastanti. Magari non erano queste le intenzioni, ma è certo che sarebbero queste le conseguenze. Cosa dice dunque la delibera? Che ogni terapia riabilitativa ha un tempo definito, una conclusione burocratica della cura senza eccezione alcuna. Insomma, quando il tempo è scaduto è scaduto e basta, e non importa quali siano le patologie, le condizioni del malato, le prescrizioni mediche.

Tutto viene uniformato alla sola riabilitazione post acuzie, cancellando con un tratto di penna il senso della riabilitazione ex art. 26/833 e lasciando un vuoto che è una tragedia per tutti coloro che hanno patologie ben più pesanti del recupero da una frattura del femore. Parliamo di pazienti (molto spesso minori) affetti da disabilità gravi, con patologie neurologiche, psichiche e sensoriali. Parliamo di persone per le quali interrompere la cura significa la condanna ad un peggioramento irreversibile delle condizioni di salute. Perché questo, e non altro, significherebbe per loro il passaggio da strutture a prevalenza sanitaria, ex art. 26, a strutture a prevalenza assistenziale, RSA.

In questo modo si va contro ogni principio medico- scientifico. Perché non si può stabilire la conclusione di una terapia per “decorrenza dei termini”, senza accertamenti e certificazioni dei medici e cliniche.

Si tradiscono i principi fondamentali della riforma sanitaria 833/78, che infatti parlava di malati fisici, psichici e sensoriali. Restano solo i fisici. Come se non si sapesse che la riabilitazione post acuzie nei centri ex art.26 è assolutamente minoritaria. 

Si danneggiano i conti pubblici. Perché se l’obiettivo è quello di risparmiare (per altro sulla salute dei più deboli) si ottiene l’effetto contrario: interrompendo le terapie riabilitative non per motivi medici ma “burocratici”, si aggravano le condizioni di salute del paziente e in prospettiva il suo bisogno di cure ancora più onerose da parte del Servizio Sanitario.

Si contraddice il principio, invocato in ogni sede, della sanità territoriale. Perché, come ha scritto giustamente Giovanni Di Pilla, “la riabilitazione è la forma più avanzata di servizio sanitario territoriale, oggi tanto richiesto”.

Ecco, la delibera 164 della Regione Campania è tutto questo. Ma se la vediamo insieme al Decreto 77 è anche qualcosa di più. È l’ulteriore segnale di un passo indietro drammatico che stiamo rischiando di fare come Paese: lasciare indietro, in fondo abbandonare a se stessa, la parte più fragile e più bisognosa di cure della nostra comunità. Non possiamo e non dobbiamo farlo. Dobbiamo invece preservare lo spirito e l’essenza dell’ex articolo 26.  Certo, ripensandone i punti superati o confusi (come sostenuto anche dalla Conferenza Stato-regioni), ma salvaguardandone i principi, il valore e le tutele per il cittadino disabile.

Un giorno il Presidente Mattarella raccontò: "Una associazione di disabili mi ha donato una sedia. La conserverò con cura perché reca questa scritta: quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi". Il diritto di essere differenti comprende anche quello di essere curati secondo i propri bisogni, perché nessuno guarisce de jure o per decorrenza dei termini. Non dimentichiamocelo, e non restiamo indifferenti. 

Fernando Zara

Direttore Sanitario di Villa dei Fiori Nocera Inferiore  



05 settembre 2022
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