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Siti contaminati: la Calabria avvia uno studio epidemiologico con l’Iss su quelli maggiormente a rischio

La Regione Calabria ha effettuato una ricerca sistematica delle aree contaminate da bonificare e ha costruito, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, la rete epidemiologica e di salute di popolazione a supporto della governance. Nella Regione ci sono 48 siti - di cui 18 ad alto rischio ambientale - che necessitano di una bonifica: 20 in provincia di Cosenza, 2 in provincia di Crotone, 5 in provincia di Catanzaro, 5  in provincia di Vibo Valentia e 16 in provincia di Reggio Calabria. IL RAPPORTO ISTISAN.

17 GEN - I siti contaminati sono un importante fattore di rischio per la salute umana. Per questo la Regione Calabria ha effettuato una ricerca sistematica delle aree contaminate da bonificare e ha costruito, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, la rete epidemiologica e di salute di popolazione a supporto della governance.

Su impulso del European Centre for Environment and Health di Bonn, parte dell’Ufficio Regionale Europeo dell’Oms (WHO European Regional Office), sono state sviluppate metodologie per valutare lo stato di salute delle popolazioni che risiedono nei siti contaminati.  L’Italia ha contribuito a questo processo con il Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e sostenuto dal ministero della Salute.

I siti contaminati rappresentano un “effetto collaterale” dello sviluppo industriale e delle procedure adottate per lo smaltimento dei rifiuti industriali.

Ne è scaturito per la Calabria il Rapporto  Istisan "Studio epidemiologico dei siti contaminati della Calabria: obiettivi, metodologia, fattibilità", curato da Pietro Comba (capo del reparto di epidemiologia ambientale e sociale dell'Istituto Superiore di Sanità) e Massimiliano Pitimada, dottore forestale, che illustra obiettivi e procedure di un piano permanente di sorveglianza epidemiologica della popolazione residente nei siti contaminati della Calabria e un percorso di comunicazione con le comunità coinvolte, gli amministratori e i media.

Come riportato dal Piano delle Bonifiche (2012), ci sono 48 siti che necessitano di una bonifica in Calabria; 20 ricadono in provincia di Cosenza, 2 ricadono in provincia di Crotone, 5 ricadono in provincia di Catanzaro, 5 ricadono in provincia di Vibo Valentia e 16 ricadono in provincia di Reggio Calabria.

Di questi 48, 18 sono stati definiti ad alto rischio ambientale e sono così distribuiti: 7 ricadono in provincia di Cosenza, 2 ricadono in provincia di Catanzaro, 1 ricade in provincia di Vibo Valentia e 8 ricadono in provincia di Reggio Calabria.

In Calabria c’è una diffusa percezione del rischio associato alla contaminazione ambientale, a livello degli amministratori locali, dell'associazionismo e dell'opinione pubblica, che è testimoniata in particolar modo dal mondo dei media.

La lettura della rassegna stampa di varie testate giornalistiche calabresi e la realizzazione di vari convegni/dibattiti, mostrano con chiarezza che se da una parte c’è l’elevata percezione di un rischio associato a fonti di contaminazione spesso ipotizzate ma non accertate e la diffusa convinzione della presenza in determinate aree di eccessi localizzati di patologia oncologica, dall’altra parte c’è la voglia di mobilitarsi con l’obiettivo di dare delle risposte alla popolazione anche effettuando studi ad hoc finalizzati a riportare in sicurezza determinate aree.

In alcuni casi questa convinzione è fondata su evidenze scientifiche prodotte da rilevazioni effettuate con procedure accreditate, più spesso vengono citate indagini non pubblicate e comunque non valutabili sul piano metodologico, condotte da soggetti diversi al di fuori di protocolli validati.

Questo non significa che le fonti di contaminazione non possano avere avuto un impatto misurabile sulla salute dei residenti. Significa piuttosto che non è stato costruito un linguaggio comune fra tecnici e cittadini, anche perché le diverse istituzioni competenti per mandato non hanno avuto sinora modo di operare in rete su questi temi.

Il Rapporto non è “di fine lavoro”, ma spinge a fare lo studio, tanto che l’ultimo capitolo, si intitola proprio “Proposta di uno studio epidemiologico della popolazione residente nei siti contaminati della Regione Calabria”.

La monografia in 18 capitoli è nata dalla sinergia tra gli “attori” principali: Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Istituto Superiore di Sanità (ISS), Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Ministero dell’Ambiente e del Territorio e del Mare, Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTum), Istituto Studio e Prevenzione Oncologica (ISPO), Dipartimento Tutela della Salute e delle Politiche Sanitarie – Regione Calabria, ARPACal, Registro Tumori della provincia di Catanzaro.

Nei vari capitoli si affronta la tematica con argomenti tecnico-scientifici a livello generale e si analizza l’area oggetto di studio e quindi la Calabria.
E, avendo le Regioni maggiori autonomia nella pianificazione sanitaria, si sottolinea che la funzione epidemiologica è tra le componenti più importanti nella “governance” sanitaria.

Per quanto riguarda la metodologia da utilizzare, sono riportati quattro “case-study” (dove viene fatto un primo quadro dello stato di salute con dati prodotti dal gruppo di lavoro):

- il sito di Interesse Nazionale di Crotone – Cassano – Cerchiara (unico "Sito di bonifica di Interesse Nazionale" presente in Calabria individuato con DM 468/2001 ed è stato perimetrato con DM 26 novembre 2002). I comuni ricadenti nell'area del sito sono: Cassano allo Ionio, Cerchiara di Calabria e Crotone. Lo studio è stato svolto prima dell'accreditamento del Registro Tumori di Crotone - Cosenza e quindi non erano disponibili i dati di incidenza tumori; sono state studiate la mortalità 2006-2012 e l'ospedalizzazione 2006-2012 secondo il protocollo dello studio SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento). Ora certamente si potrà procedere con un'analisi integrata dei diversi indicatori utilizzati.

Nell’area di Crotone si sono rilevati eccessi di mortalità in entrambi i generi per tutte le cause, tutti i tumori, tumori epatici e renali. Eccessi di ricoveri ospedalieri per tutti i tumori e per neoplasie gastriche, epatiche e polmonari.

- le due aree ad “alto rischio ambientale” Lamezia Terme e Davoli (sono state scelte queste 2 tra le 18 aree ad “alto rischio ambientale” presenti in Calabria perché ricadono nella provincia dove all'epoca della lavorazione per stilare la pubblicazione stessa era l'unica provincia ad avere il registro tumori, appunto quello di Catanzaro). In queste aree i dati di incidenza oncologica non mostrano eccessi rispetto alla popolazione di riferimento;

- infine sono state scelte due aree sotto il controllo della Magistratura e dal mondo dell’associazionismo: la Valle dell’Oliva (i comuni sono Aiello Calabro, Amantea, Cleto, Domanico, Grimaldi, Lago, Malito, San Pietro in Amantea e Serra d'Aiello) e le Serre Vibonesi (i comuni sono Fabrizia, Mongiana e Serra San Bruno). Qui è stato fatto uno studio esplorativo basato solo su dati di mortalità e nelle Serre Vibonesi si è visto un eccesso di mortalità per tumori totali e in particolare tumori gastrici, e per diverse patologie cronico-degenerative; nella Valle dell’Oliva, nel Comune di Serra d’Aiello, eccessi di mortalità per tumori del colon-retto e per diverse patologie cronico-degenerative.

La proposta di studio prevede di creare un tavolo di lavoro dove siedano Istituzioni centrali, regionali e locali con competenze in materia di protezione dell’ambiente e tutela della salute, per mettere in condivisione dati e informazioni per una enumerazione dei siti contaminati della Calabria che abbiano un potenziale impatto sanitario e per i quali sia quindi indicata la conduzione di uno studio epidemiologico.
Tutti questi siti devono successivamente essere oggetto di una prima analisi socio-ambientale e demografica, volta a valutare l’appropriatezza e la fattibilità di uno studio di mortalità/morbosità di tipo geografico.

17 gennaio 2018
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