09 NOV - Nonostante i tagli, l’approccio dell’Italia alla ricerca e il suo ruolo nel panorama internazionale sembra stia cambiando. Lo dimostra il peso che il nostro Paese sta faticosamente conquistando in Europa dopo anni di assenza o di rincorsa delle altrui strategie. “I grandi successi che l’Italia ha portato a casa per l’Ottavo programma quadro che partirà nel 2012 sono il ruolo di cocoordinatore di Health (salute) e di Food e quello di coordinatore per quanto attiene tutti i beni culturali”. Ad illustrarli è stato Mario Alì, Direttore generale per le strategie e lo sviluppo dell'internazionalizzazione del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, secondo il quale questo risultato - che consentirà di “partecipare preventivamente alle attività progettuali della ricerca” - è il frutto di un drastico cambiamento nell’atteggiamento italiano: “Abbiamo determinato quali sono le nostre priorità passando da una politica di inseguimento rispetto a quello che gli altri Paesi indicano come strade da percorrere a una politica di anticipazione. L’Italia – ha detto Alì -, stabilite le proprie priorità, è riuscita a inserirle all’interno dei temi dei prossimi bandi di ricerca”.
Un cambiamento non da poco, che tuttavia è insufficiente. “Le maggiori difficoltà che oggi si vivono sono soprattutto finanziarie perché c’è un drastico taglio ai fondi per la ricerca e l’università”, ha dichiarato. Ciò, “mentre in Europa le risorse aumentano. Siamo passati da 19,5 miliardi nel Sesto programma quadro, ai 53 miliardi nel Settimo, per arrivare a un probabile raddoppio nell’Ottavo”.
Difficile dire se l’Italia sarà in grado di stare al passo con l’Europa, ma secondo Alì “dobbiamo sostenere il raddoppio. Se guardiamo ai dati, ci accorgiamo che partecipiamo col 13,8% come sistema Italia ma ne ritornano 8,8. Un gap che è frutto della scarsa capacità progettuale del nostro Paese” e dalla lontananza dell’Italia dall’Europa: spesso non verifichiamo “se i nostri progetti sono attinenti rispetto alle richieste che fa l’Europa”.
È quindi più che mai necessaria una riorganizzazione del settore della ricerca “perché il nostro Paese sta vivendo un momento di difficoltà profonda: siamo passati dall‘1,5 all‘1,1 per cento del PIL in ricerca”. Ora è necessario correre per “dobbiamo recuperare il gap e raggiungere il 3 per cento di Europa 2020. Una strada molto lunga”.
A.M.
09 novembre 2010
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