20 APR - Il documento messo a punto dal ministero della Salute e dalle Regioni, al contrario, coglie appieno il cambiamento complessivo dell’assetto produttivo in sanità, che si sta delineando e già realizzando in vaste larghe delle nostre Regioni.
Ho letto con grande attenzione i numerosi commenti al mio articolo e al documento sulle nuove competenze infermieristiche messo a punto dal ministero della Salute e dalle Regioni, pubblicati su Quotidiano Sanità in questi giorni.
Come è noto per mia formazione culturale e per i vari ruoli politici, sindacali, di consulente di Governi, Regioni etc e di dirigente pubblico mi è riconosciuta la competenza, l’onestà intellettuale, la capacita di parlare a tutti senza pregiudizi, di costruire con la necessaria mediazione il consenso sulle proposte e con tenacia arrivare alla meta, senza cedere sui contenuti; non a caso le leggi alle quali ho contribuito direttamente e che hanno realizzato la riforma delle professioni sanitarie sono state votate tutte all’unanimità e costituiscono la più profonda innovazione dell’organizzazione del lavoro, dell’ordinamento professionale e formativo: questa riforma è alla base del positivo, progressivo e progressista cambiamento complessivo dell’assetto produttivo in sanità che si sta delineando e già realizzando in vaste larghe delle nostre Regioni, ma quale pensiero debole...
Come è noto per scrivere e parlare utilizzo correttamente la lingua italiana in termini comprensibile ai più e quindi era abbastanza chiaro che la mia personale proposta di patto tra medici, professioni della salute, cittadini e politica non è, ovviamente, una proposta tecnica, come chi parla di pensiero debole l’ha interpretata erroneamente, ma un’idea forza, un progetto politico, nella sua accezione genuina propria della sua etimologia greca, che vuol parlare a tutti cogliendo tutte le occasioni per proporla.
Vorrei ricordare che ho iniziato ad avanzarla in un Convegno nel Lazio, che sembrava ai più impossibile, (come ai più sembrava impossibile che si potesse approvare una legge come la 251/00) e che invece è stato un successo di partecipazione e di dibattito anche critico ma condiviso, quello promosso il 19 marzo scorso all’ordine dei medici di Roma nel quale i rappresentanti politici dei cittadini, dei medici e di tutte le professioni sanitarie e sociali hanno discusso come costruire questo nuovo grande nuovo progetto politico.
Anche quest’occasione dei lavori del Tavolo tecnico sulle professioni sanitarie ho proposto di utilizzarla per pensare, discutere e realizzare questa nuova soggettività del personale del SSN che è unico ed originale rispetto a tutti gli altri comparti lavorativi, ma quale strada burocratica della forzatura.... Quindi un progetto di grande respiro che non si esaurisce nella scelta di confronto sulla proposta di ampliamento delle competenze degli infermieri: stiamo solo all’inizio tra poco si affronteranno le altre 21 professioni sanitarie. Non c’è nessuna benzina sul fuoco ( per favore con quello che costa usiamo altre espressioni), vi è invece la volontà di dar vita ad un confronto esteso sull’argomento che è solo all’inizio: si è proposta una prima tappa, poi insieme agli interessati se sarà necessario (per me sarà indispensabile) e se sarà richiesto ve ne saranno altre di occasioni di confronto complessivo con tutti i soggetti interessati o articolato per aree professionali o singole professioni, nelle modalità che insieme e comunemente verranno decise ma non gridate dalla mosca cocchiera di turno.
Quindi metodo democratico e partecipato, di confronto nel merito della proposta elaborata da esperti, anche di estrazione infermieristica e medica, delle varie regioni e ministeriali, che da decenni hanno sviluppato la competenza scientifica e legislativa e in parte larga l’hanno anticipata nelle proprie realtà, e per darle corpo sono partiti dalla madre di tutti i cambiamenti in sanità costituita dalla legge 251/00 che ha modernizzato l’impianto formativo e professionale del personale del SSN e che ha avuto più consensi che critiche e che ha emancipato dalla subalternità 600.000 professionisti diversi dai medici senza contrapporli ad essi ma realizzando un nuovo, più avanzato ed europeo rapporto interprofessionale, ma che vuol dire inconseguenza, ma quale conflitto ha innescato?
Certo le novità profonde possono in qualcuno creare difficoltà ma nella maggioranza degli operatori no, anzi sono vissute come una speranza di cambiamento positivo. Si scrive che ci sia anche una motivazione economica, chi non la vuole affrontare, come è noto, ignora che questo è stato sempre il problema dei problemi in sanità dalle mutue ad oggi, ma non mi pare un peccato, però ma chi ha mai detto o scritto che questa sia la motivazione di questo progetto?
Chi parla di pensiero debole spero che sappia che è esistita la pletora medica, che ha costretto a far svolgere al medico competenze che negli altri Stati svolgono le professioni sanitarie e che questo riequilibrio di competenze è richiesto dalle componenti più illuminate della categoria medica, anche in considerazione che la presenza attiva dei medici è in discesa irreversibile, anche se comunque saremo sempre sopra la media europea?
Il candore della proposta è l’aspetto positivo di chi parla chiaro, forte della sua progettualità e dei positivi risultati ottenuti, usando il linguaggio corrente e non giocando ad inventarsi neologismi di effetto pirotecnico che, esaurito quest’effetto, scompaiono nell’aria e le critiche proposte non hanno alcun fondamento e sono una forzatura debole: la parte più avanzata dei medici, come insegnano le concrete esperienze concrete italiane ed estere sa che proprio dalla valorizzazione delle professioni sanitarie potrà rinascere e rifondarsi il ruolo e la funzione della professione medica e questa è letteratura scientifica con evidenze provate non parole al vento che possono affascinare qualcuno ma né interpretano la realtà né la cambiano; così come le professioni sanitarie sanno che da quest’operazione potrà realmente concretizzarsi la conquistata dimensione di professioni autonome laureate con un ambito di competenze dinamico e non statico in continua progressione e non in regressione.
Ma chi vuol costruire mini medici? Si tratta di un evidente abbaglio di chi legge con preconcetto e parla per slogan, peraltro di seconda, se non terza mano. Si vuol, invece, percorrere insieme la nuova frontiera di competenze professionali che in forma dinamica si implementano sulla base dell’evoluzione scientifica e tecnologica nonché di quella ordinamentale e formativa anche in ambiti professionali che per alcuni segmenti dell’organizzazione del lavoro possono essere anche comuni tra medici e professioni sanitarie senza che vi sia lesa maestà dell’atto medico, come già nei fatti è nei servizi e nei presidi sanitari e sociosanitari ospedalieri e territoriali di quelle Regioni più avanzate. Ma quale reintroduzione dell’ausiliarietà messa nella penna di chi ha direttamente contribuito ad abolirla per legge è un’offesa gratuita ed ingenerosa.
Ma quale compitiere, ma chi parla ha mai letto la legge 42/99, che ho contribuito direttamente a redigere, che ha abolito il mansionario? Conosce la dinamicità delle competenze che questa legge ha stabilito? Ha mai letto il decreto istitutivo del profilo dell’infermiere che gli da una competenza ad ampio spettro, ancora non utilizzato appieno, come afferma il documento ministero-regioni ? Evidentemente no, eppure ormai tutti ne sono a conoscenza; è la prima cosa che si insegna nei corsi di laurea delle professioni sanitarie; ma quale divisioni dei compiti, il progetto invece vuol introdurre l’integrazione dei saperi e delle competenze, si vuol lanciare una grande sfida di cambiamento partecipato e condiviso altro che zizzania tra le professioni, il resto sono parole al vento che ad oggi non sono riuscite ad esprimere una proposta concreta che può essere il risultato di un pensiero forte.
Certamente il documento contiene elenchi e declatorie di competenze e di atti nelle cinque aree individuate che sono aggiuntivi e non sostitutivi degli attuali compiti, funzioni e ruolo che non solo rimangono ma il documento ne sottolineano la potenzialità ancora inespressa di utilizzo per il cambiamento: quindi un’implementazione di competenze, in comune con la professione medica, che con atti concordati e condivisi tra professioni e parte pubblica saranno riconosciuti oggi all’infermiere e nelle prossime settimane alle altre 21 professioni sanitarie.
La natura del documento che è un’intesa tra Ministero della Salute e Regioni non poteva che affrontare la formazione di cui il SSN è titolare, già felicemente sperimentata in Toscana, che prevede che l’implementazione di competenze possa passare attraverso un’attività didattica svolta direttamente nelle e dalle Aziende Sanitarie tendente a perfezionare il sapere scientifico e professionale, formazione non alternativa né succedanea a quella universitaria, è tutt’altra cosa, investe non le scelte individuali, come i master, ma la riconversione di intere linee della produzione di salute ed è quindi compito datoriale, per quanto concertato e condiviso con le parti, programmarlo, realizzarlo e finanziarlo.
Con successivo atto che vedrà, ovviamente come soggetto protagonista il Ministero dell’Università, si affronterà il nodo della revisione di tutti gli ordinamenti didattici dei corsi di studio universitario dalla laurea abilitante a quella magistrale, della sua spendibilità oltre le funzioni didattiche-gestionali, sino all’individuazione di quali e quanti master di primo e secondo livello siano da ritenere utili ed idonei i nel SSN per dar vita al quel professionista specialista previsto dalla legge 43/06 e purtroppo ancora non realizzato.
Saverio Proia
20 aprile 2012
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