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Presidente Anelli, siamo pronti agli Stati generali della professione

di Maria Luisa Agneni

28 MAR - Gentile Direttore,
nei poliambulatori  ASL eravamo in tanti oggi e ieri tra l’uscita e l’entrata dei pazienti nelle nostre stanze visite a scambiarci velocissimi commenti e riflessioni sulla Relazione al Consiglio Nazionale  FNOMCeO del neo presidente Filippo Anelli: molti di noi l’avevano letta sulle pagine di questo quotidiano alcuni lo hanno fatto subito dopo averne sentito parlare.
 
Penso che al presidente Anelli  sia dovuto comunicare  le emozioni che ci ha suscitato: per me una grande soddisfazione e  conferma di quanto percepito nella sua precedente  Mozione e che avevo definito già allora su queste pagine “musica per le mie orecchie” e  per le mie colleghe e colleghi entusiasmo misto ad incredulità come se finalmente qualcuno dopo decenni  concretamente cominciasse ad occuparsi della nostra professione .
 
E’ la stessa incredulità che traspare dall’articolo del prof Cavicchi, per la maggior parte di noi unico conoscitore delle vere problematiche di un Sistema e di una deriva della nostra professione e unico esperto coraggioso quanto affidabile a proporne  una indispensabile riforma. L’incredulità è legata soprattutto al “cambio di passo” così deciso e marcato che ci sostiene nel pensare che possa essere finalmente  seguito da un’azione a gran voce richiesta e mai ascoltata  da tempo.
 
E il presidente Anelli lo ha dichiarato toccando tutti i punti critici: dal rapporto con la politica e le ricadute per le  scelte del definanziamento a quello con il pensiero e la cultura, dal codice deontologico  da reimpostare alle conseguenze della aziendalizzazione del Sistema Sanitario; in sintesi si occuperà della “Questione Medica”.
 
Dopo decenni di iperadattamento i medici hanno potuto sviluppare, come facilmente prevedibile, solo rabbia.
 
Ma facilmente la rabbia si trasformerà, se adeguatamente orientati e guidati da una leadership robusta e  coerente come le premesse ci indicano, in una grande energia di trasformazione e cambiamento.
 
E’ evidente che ci sarà molto da lavorare per coinvolgerci tutti a  rifondare sia la Professione che la Medicina, perché il cambiamento dell’una non può prescindere il cambiamento dell’altra, e per garantire il rispetto dei diritti essenziali della persona umana (malato, medico o cittadino).
 
Nella sua relazione Anelli non ha mai utilizzato i termini come utenti, fruitori, erogatori di servizi e prestazioni come ci hanno abituato da tempo i nostri amministratori  che stanno offendendo  con un lessico inadeguato la nostra professionalità nell’intento evidentissimo (perché non più celato) di svalutarla sempre più per svuotarla dei suoi contenuti umani e umanistici e per renderla più facilmente relegata ad un ruolo tecnico e  poterla meglio manipolarla.  Non dobbiamo permettere che la medicina e i medici siano l’oggetto  di una circonvenzione di incapaci avviata  da molto tempo.
 
Ci vuole autocritica e coraggio perché il cambiamento che non è ritorno a “bei tempi” può spaventare e sarà faticoso  ma varrà sempre la pena se condiviso e sostenuto dalle autentiche e sacrosante   ragioni che tutti conosciamo.
 
E dunque siamo pronti agli Stati Generali, (quelli veri però) dove poterci confrontare per proposte operative che gradualmente porteranno alla ridefinizione di quello che per la nostra Professione consideriamo essere ineludibile e non più negoziabile per diventare autonomamente e responsabilmente auto-ri del nostro agire e del nostro  destino.
 
Presidente Anelli ricorra sempre più a noi donne medico (dalle mmg alle specialiste ambulatoriali, dalle universitarie alle pls alle ospedaliere etc…) perché come già segnalato in altra lettera  siamo le depositarie di una visione della Complessità   della Medicina molto funzionale proprio agli intenti da lei dichiarati essendo purtroppo finora  incluse come numeri ed escluse come persone, come medici, come dirigenti e dalla rappresentanza della propria professione.
 
Cioè soffriamo  una svalutazione di genere nonostante la statistica ci dica che il genere femminile  stia fortemente caratterizzando la professione.
 
E infine un sogno: se è vero come sostiene Anelli (e come io credo da sempre) che la professione medica rappresenti un punto di riferimento per l’intera società civile quale garante della persona umana perché non immaginare che proprio dalla nostra categoria ripensata e rifondata nei suoi valori trainanti nasca la forza non solo  per arrestare il declino culturale e sociale ma per ridare un impulso ad un nuovo umanesimo così indispensabile nell’attuale contesto?
 
Maria Luisa Agneni
Pneumologa Specialista Ambulatoriale ASL Roma1

28 marzo 2018
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