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24 NOVEMBRE 2024
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Dopo la strage di Parigi. La sanità italiana sarebbe pronta a rispondere a un impatto così devastante? “Sì siamo pronti, ecco come”. Intervista al presidente della Società italiana di medicina d’emergenza

di Cesare Fassari

Ne è certo Gian Alfonso Cibinel: “Ogni ospedale italiano ha già predisposto il ‘Piano Emergenza Interno Massiccio Afflusso Feriti’ che consente di attivare al massimo in un’ora strutture e uomini. E poi abbiamo una rete d’emergenza integrata che funziona e in grado di far fronte da subito anche a tragedie come quella di Parigi” (foto da Repubblica.it)

14 NOV - Almeno 128 morti, 300 feriti, di cui 80 molto gravi. Questo il terrificante bilancio degli attentati terroristici che hanno portato la guerra nelle strade di Parigi.
 
In queste ore ormai la domanda che corre sulla bocca di tutti qui in Italia non è più “se” ma “quando” toccherà anche a noi. Il Governo ha deciso di alzare la soglia di allarme sicurezza al “livello 2”che consente l'assetto operativo dei reparti speciali e l'intervento immediato e il coinvolgimento delle forze speciali militari.
 
Tanto per intenderci il successivo livello 3 è di fatto la dichiarazione di uno stato di guerra. L’attenzione mediatica e di tutti noi è oggi ovviamente su quanto accaduto e sui perché e soprattutto sul “che fare” per sconfiggere la minaccia terroristica.
 
Ma c’è un aspetto che forse è stato finora tralasciato perché in qualche modo dato per scontato ed è quello della capacità di risposta sanitaria ad eventi come quelli accaduti nella capitale francese quando, nel giro di poche ore, ci si trova a dover gestire l’afflusso contemporaneo di centinaia di feriti.
 
Come risponde il sistema sanitario? Esistono già procedure collaudate? Il nostro sistema d’emergenza sanitaria sarebbe pronto dinanzi a una sollecitazione così drammatica? Ne abbiamo parlato in questa intervista esclusiva con Gian Alfonso Cibinel, Presidente della Società italiana della medicina di emergenza-urgenza e delle catastrofi, che ha partecipato nei mesi scorsi agli incontri con le autorità predisposte all’organizzazione del Giubileo proprio per gli aspetti legati all’emergenza sanitaria.
 
Presidente Cibinel, negli incontri avuti a Roma con le autorità per il Giubileo ha avuto modo di parlare dei problemi sanitari conseguenti a possibili azioni terroristiche?
Nell’ambito delle questioni da me trattate le conseguenze sanitarie di un atto terroristico non sono state prese direttamente in considerazione. E questo perché il nostro sistema è già pronto a far fronte a emergenze sanitarie con la presenza di un numero elevato di feriti e persone da soccorrere e ciò a prescindere dalla natura dell’evento scatenante. Il nostro sistema sanitario dell’emergenza è pronto, glielo posso assicurare.
 
Ci spieghi come.
Serve una breve premessa. Quando c’è un evento naturale o doloso che provoca un numero molto elevato di feriti si tratta prima di tutto di individuare se ci sono dei rischi ambientali importanti oppure no. In caso di contaminazioni chimica, biologica o con radiazioni la prima cosa è mettere in sicurezza le persone ancora esposte e quindi la priorità è intervenire sull’ambiente con il coinvolgimento di diverse autorità competenti per il contenimento del rischio ambientale. Quando invece si verifica una situazione come quella degli attentati di Parigi, il problema è ovviamente diverso e sta nel numero elevato di feriti da trattare subito e il problema diventa tutto del sistema sanitario. Uno scenario che, pur se completamente diverso nelle cause che lo hanno provocato, si avvicina, per i suoi effetti sulle persone,  a quello che un sistema sanitario deve affrontare in presenza di un evento catastrofico naturale, come un terremoto, ad esempio.
 
E cosa fa il sistema sanitario?
Scatta il piano Peimaf, che sta per “Piano Emergenza Interno Massiccio Afflusso Feriti”, che ogni azienda sanitaria italiana deve avere a disposizione e che si può attivare nel giro di mezz’ora/un’ora, liberando tutti gli spazi a disposizione nel sistema di emergenza ospedaliera. In primis le sale operatorie non impegnate direttamente e poi anche quelle riservate a interventi programmati che vanno rese anch’esse disponibili, attivando contestualmente la disponibilità del personale mantenendo in servizio quello già in attività e richiamando tutta la pronta disponibilità.
 
Questo in ospedale, ma chi fa fronte all’emergenza sulle strade, come si organizza il trasporto e il coordinamento delle attività di assistenza dei feriti?
Questa parte è affidata al 118 territoriale che attiverà il triage dei feriti con un criterio di selezione che può essere diverso da quello tradizionale, nel quale prevale ovviamente l’attenzione ai casi più gravi in codice rosso.
 
Si spieghi meglio.
Quando ci si trova ad affrontare un’emergenza come quella di Parigi e si deve far fronte a un numero di feriti che supera la capacità di risposta immediata dei sanitari a disposizione, può essere necessario operare attraverso quello che si definisce un “triage inverso”. Cioè, ad esempio, le persone in arresto cardiorespiratorio vengono valutate e potrebbero non essere rianimate perché le risorse a disposizione si devono concentrare per ottenere il massimo risultato possibile in quel determinato contesto. Se io ho 80 feriti, di cui 20 molto gravi in arresto cardiorespiratorio, potrei trovarmi nelle condizioni di non poterli trattare perché rischierei di perdere comunque quelle 20 persone e poi anche le altre che sarei invece in grado di salvare pur se in quel momento in condizioni meno gravi.
 
Uno scenario che ricorda da vicino un triage di guerra?
Esattamente. E’ la stessa logica. Ovviamente il criterio non è stabilito a priori ma in base alla domanda di intervento. E’ chiaro che se devo intervenire in  un’emergenza dove in tutto sono coinvolte tre/quattro persone di cui una molto grave il triage sarà quello tradizionale perché sarò in grado di fare il possibile per tutti i feriti, gravi e meno gravi. Ma in un caso come quello di ieri notte, il sistema di triage dovrà per forza essere invertito e l’attenzione si concentrerà magari non sul codice rosso in arresto ma magari sul codice giallo dove c’è una possibilità di intervento.
 
L’esperienza internazionale ci dice però che anche gli ospedali possono diventare bersagli del terrorismo. In quel caso?
E’ vero. Ma anche in questo caso il rischio sussiste a prescindere dal terrorismo. Prendiamo ad esempio il terremoto dell’Aquila quando il San Salvatore fu messo quasi del tutto fuori gioco dal sisma. Qui entra in gioco la rete d’emergenza e la capacità di coordinarla, perché in ogni caso un solo ospedale non ce la potrebbe mai fare anche se funzionasse a pieno regime con un afflusso così massico di feriti.
 
E cosa stiamo facendo per proteggere comunque i nostri ospedali?
In alcuni Paesi essi sono già considerati obiettivi sensibili. Vedremo se lo diventeranno anche qui da noi. In ogni caso già da anni la sicurezza dei nosocomi è monitorata, ad esempio con una progressiva restrizione degli accessi per controllare meglio i movimenti di chi entra e chi esce. Ma certo dopo Parigi tutto è cambiato.
 
Quindi glielo richiedo, in Italia siamo pronti, a partire dal prossimo Giubileo?
Siamo pronti e il piano di sviluppo dei pronto soccorsi romani già in atto è la prima risposta insieme al reclutamento di unità aggiuntive di medici e infermieri d’emergenza. Tenendo sempre presente che il piano sanitario per il Giubileo è strutturato in previsione di un consistente aumento degli accessi ma in modo uniforme e frazionato in tutto l’arco di tempo del Giubileo. Cosa diversa è un’emergenza come quella parigina per la quale, lo ripeto, il sistema è però già predisposto a rispondere in tutte quelle evenienze che provochino numeri elevati di feriti. Il sistema è pronto e in grado di fare il suo lavoro.
 
E sul piano psicologico, medici e infermieri italiani sono pronti secondo lei a drammi come quello di ieri?
Psicologicamente siamo assolutamente pronti. Le posso assicurare che dal punto di vista emotivo non ci sarebbero problemi, anzi la disponibilità del personale in questi casi va ben al di là di quello che è previsto dal sistema. Paradossalmente è più difficile sostenere un afflusso costante e in aumento del 20% come potrebbe capitare col Giubileo, che un evento drammatico come quello di Parigi che si concentra in poche ore e che si svilupperà in pochi giorni per quello che riguarda la risposta sanitaria.
 
Cesare Fassari

14 novembre 2015
© Riproduzione riservata

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