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Gli infermieri e la manifestazione del 27 ottobre. Silvestro: "Noi aderiamo, ma non saremo in piazza"

di Annalisa Silvestro

Abbiamo letto e dibattuto con passione, le riflessioni, anche un po’ provocatorie, di Ivan Cavicchi sulla possibile assenza degli infermieri alla manifestazione indetta dai medici il 27 ottobre. La nostra adesione politica c'è. Ma senza farci tirare per la giacca da nessuno

23 OTT - Gentile direttore,
abbiamo letto e dibattuto con passione, le riflessioni – anche un po’ provocatorie - di Ivan Cavicchi sulla possibile assenza degli infermieri alla manifestazione indetta dai medici il 27 ottobre.
Cavicchi - e sappiamo non solo lui - chiede e auspica un "gesto politico di adesione alla manifestazione" da parte degli infermieri italiani. Alcuni altri ci evidenziano che il “tirare per la giacca” non è un bel modo per indurci ad aderire alla manifestazione del 27 ottobre.
 
In realtà non ci facciamo tirare e non ci sentiamo per nulla “tirati per la giacca”, sia perché una adesione con modalità nostre l’avevamo già decisa, sia perché ci riteniamo un soggetto politico a cui viene chiesto di esprimersi e che, pertanto, deve esprimersi “politicamente”. Il “gesto politico di adesione” - dunque - ci sarà ed in maniera chiara ed inequivocabile: gli oltre 400.000 infermieri di questo Paese condividono i valori fondanti del sistema salute italiano e sostengono con forza il mantenimento di un Servizio Sanitario Nazionale pubblico, universale e solidaristico.
 
Un sostegno che, fra l’altro, è manifestato e reso concreto ogni giorno con un diuturno lavoro e con un impegno professionale che costituiscono un forte argine al degrado della sanità pubblica italiana; una sanità stremata da anni di decisioni politiche spesso distanti da valori declamati e di scelte organizzative dissennate che, altrettanto spesso, inducono e producono comportamenti che non danno reali risposte ai nuovi bisogni di coloro che chiedono e attendono fiduciosi la dichiarata presa in carico dei loro problemi di salute.
 
Non c'è indifferenza politica né neutralità da parte nostra ma, anzi, una testimonianza ostinata che si traduce nel credere e nell’agire concretamente dentro progetti e proposte innovative; nel dare corpo con diretta assunzione di responsabilità a cambiamenti che possono rendere sostenibile il sistema nella sua interezza; nel continuare ad impegnarci per l’innovazione e nel continuare a ribadire con insistenza che siamo pronti a discutere con chi ha la volontà – questa si, volontà politica – di ridefinire ed innovare gli attuali modelli e paradigmi organizzativi e assistenziali che, molte volte, sono obsoleti, costosi, inefficaci e inefficienti. 
 
Non abbiamo remore ad affermare che la nostra testimonianza e ostinazione assume una valenza etica quando si traduce nell’andare a lavorare, nel prendere servizio anche quando non viene – da mesi – percepito lo stipendio; quando i turni di lavoro sono davvero insostenibili e anche se continuano a latitare i riconoscimenti professionali tante volte dichiarati e da anni promessi. Anche noi infermieri viviamo, con tutti gli altri, le conseguenze delle pesanti decisioni assunte da questo e dal precedente Governo: il definanziamento, i tagli ai beni e servizi e agli investimenti.
 
Viviamo, forse più di altri e con affanno assistenziale, la mancata sostituzione del turn over e di tutte quelle molteplici assenze contrattualmente o giuridicamente dovute che impattano pesantemente sul mantenimento degli standard assistenziali e che chiamano gli infermieri ad una ulteriore responsabilizzazione gestionale e ad un ulteriore e faticoso sforzo professionale: quelle uscite e quelle assenze mai sostituite portano, infatti, a ricollocazioni, mobilità, trasferimenti in luoghi di lavoro distanti dai luoghi di vita, e a tante altre, ancora, difficoltà e criticità.
 
Abbiamo ben presente che recenti accadimenti economico finanziari e le criticabili scelte organizzativo assistenziali di questi ultimi anni unite alla mortificazione, allo svilimento professionale e alla perdita di slancio e di “tenuta” degli operatori tutti – e noi potremmo scrivere interi romanzi su questi argomenti - possono indurre a ritenere o a confermare che l’unica via di uscita sia la privatizzazione ed il superamento del Servizio Sanitario Nazionale. Ed è ben per questo che continuiamo ad aderire realmente e quotidianamente ai valori a cui si richiama la manifestazione romana.
 
Sono valori presenti nel nostro Dna di infermieri. 
 
Certo sarebbe stato meglio partire da un coinvolgimento e da un invito rivolto a tutta la sanità italiana, a tutte le professioni sanitarie e non, visto che l’impegno non può che essere comune. Ma un obiettivo così importante per l’Italia, affinché il nostro Paese abbia un futuro di civiltà, non può essere svilito da un inizio non coinvolto e non condiviso.
 
Noi ci siamo e insistentemente ci saremo subito dopo la manifestazione del 27 ottobre per ritrovarci insieme, per pensare e progettare un’innovazione di sistema vera, profonda e condivisa da tutti coloro – professionisti, operatori e cittadini – che vogliono, per l’Italia, un alto livello di civiltà sanitaria e di sanità pubblica.
 
Il Servizio Sanitario Nazionale e la sanità pubblica, per vivere, hanno bisogno di un profondo cambiamento. 
Noi infermieri ci siamo perché siamo il cuore della sanità pubblica di questo Paese.
 
Annalisa Silvestro
Presidente Federazione Nazionale Collegi Ipasvi
 

23 ottobre 2012
© Riproduzione riservata

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