Orlando (Consulta Bioetica): “La brutta figura del Bambin Gesù e quella ancora peggiore di Alfano e Minniti”
di Giacomo Orlando
26 APR - Ora che la tragica vicenda da Alfie Evans è in via di conclusione, è opportuno riflettere su alcuni aspetti della aspra controversia pubblica, con particolare riguardo alla posizione dell’ospedale vaticano Bambin Gesù espressa dalle parole della sua Presidente
Mariella Enoc.
In via preliminare va ricordato che (come si legge in una nota
pubblicata dall’ospedale inglese) già nel settembre 2017 la famiglia Evans aveva richiesto il parere di due specialisti indipendenti e di tre esperti del Bambin Gesù, i quali hanno cooperato coi medici dell’Adler Hey Hospital, giungendo alla unanime conclusione che “la condizione di Alfie è irreversibile e non più curabile” (Alfie’s condition is irreversible and untreatable). È sulla scorta di questa terribile realtà che i medici dell’ospedale di Liverpool si sono chiesti “se continuare il trattamento di Alfie fosse nel suo miglior interesse” o l’insistenza fosse una forma di accanimento terapeutico e hanno sentito il dovere professionale e morale di dare una risposta precisa, ossia quest’ultima.
Inoltre, già allora i medici del Bambin Gesù, “in modo significativo hanno osservato che, data l’epilessia di Alfie, c’era un rischio che soffrisse ulteriori danni cerebrali nel caso di un eventuale trasporto all’estero. Hanno offerto di portarlo nel loro ospedale, ma convenivano che non si potesse fare nulla per migliorare la sua condizione. Ulteriori procedure invasive sono state proposte, ma queste non l’avrebbero aiutato a ristabilirsi”.
Per questo i medici inglesi, rispettosi del “miglior interesse del bambino” (child’s best interest), hanno chiesto di sospendere: perché con precisione non si sa se Alfie soffra anche se è probabile di sì e perché non c’è alcuna speranza né di recupero né di miglioramento: condizione questa che, forse per analogia con la futilità dei trattamenti, è stata indicata dal giudice Heyden con “futility of Alfie’s life”, espressione forse infelice e impropria, ma che non è centrale nella trattazione e comunque può indicare che è una vita “non-vita” date le miserrime condizioni di esistenza.
Il 14 aprile, Avvenire ha intervistato la Presidentessa del Bambin Gesù, Mariella Enoc, che ha affermato: “Il bambino ha sondini, e i nostri medici – per farlo soffrire meno [sic!] – propongono una tracheotomia e un’alimentazione tramite Peg”. Tesi ribadita a Radio Vaticana il 19 aprile: “non faremo certamente accanimento terapeutico; i nostri medici hanno deciso di mettere al bambino eventualmente una PEG, per l’alimentazione, e una tracheotomia per la respirazione, qualora si rendesse assolutamente necessario… E naturalmente si potrebbe approfondire la diagnosi […] anche perché la malattia non è stata esattamente ancora diagnosticata. Molte malattie sconosciute in questi anni, anche rapidamente, sono state conosciute e quindi non ci si può arrendere di fronte al volere che la scienza continui i suoi percorsi. Quindi noi non abbiamo in questo momento una cura”.
Queste affermazioni sono a dir poco sorprendenti per le seguenti ragioni:
1. è vero che non c’è una “diagnosi”, ma questo solo perché si tratta di una patologia sconosciuta: basta informarsi per vedere che c’è unanime consenso degli esperti (compresi quelli del Bambin Gesù) circa l’irreversibilità della condizione. Giocare con le parole e continuare a instillare speranze impossibili è mistificatorio e al fondo poco professionale, come lo è minimizzare i rischi del proposto trasporto aereo.
2. La proposta di mettere una PEG e fare la tracheotomia era già stata presa in considerazione a settembre, e rifiutata dai medici perché comporta un peso ancora maggiore dei sondini
oggi applicati e meno invasivi. Né basta dichiarare che “non faremo certamente accanimento terapeutico”, perché queste sono solo parole al vento buttate lì per esorcizzare o nascondere proprio ciò che si vuole fare: ossia accanimento terapeutico su un bimbo che molto probabilmente soffre e viene mantenuto in quella situazione per volere di non si rassegna di fronte a una tragica triste realtà.
3. Le parole citate sembrano alludere all’idea che al Bambin Gesù di Roma si “curi meglio” che al Adler Hey di Liverpool e che i medici italiani “siano più bravi” di quelli inglesi, e questo perché – come ha continuato Mariella Enoc – al Bambin Gesù “noi sappiamo che non molliamo mai e poi quando si decide che il bambino non ce la fa lo si accompagna lentamente alla sua morte naturale”: proposizione che lascia intendere che invece i medici inglesi sarebbero meno rispettosi della vita …
Lasciandosi abbindolare da questa falsa rappresentazione della realtà, i ministri Alfano e Minniti hanno dato la cittadinanza italiana al piccolo Alfie per consentirne il rapido trasporto a Roma, minacciando un incidente diplomatico col Regno Unito in caso di diniego. Mossa che è una chiara indebita interferenza con la medicina e giustizia britanniche, e che pare legittimare i pesanti, ingiusti e ripetuti attacchi rivolti a queste istituzioni su vari media italiani. Inoltre, stupisce molto la solerzia di alcuni ministri italiani nel concedere la cittadinanza ad Alfie Evans, che non è altrettanto supportata in altri casi di bambini provenienti da paesi diversi.
Noi della Consulta di Bioetica riteniamo che la polemica sollevata in Italia contro la gestione del caso Alfie Evans sia stata informata da un inappropriato furore ideologico di stampo vitalista.
È stato deleterio l’aver preteso di instaurare un confronto tra medicina britannica e medicina italiana, e questo fatto avrà come effetto una ulteriore perdita di fiducia del pubblico nella medicina nel suo complesso e renderà meno facile la collaborazione tra gli esperti. Che Mariella Enoc non sia stata ricevuta dalla dirigenza dell’ospedale di Liverpool è il segno che le sue pesanti dichiarazioni e i suoi imperiosi e sconvenienti gesti hanno creato una ferita che non sarà facile rimarginare.
Ancora più grave è che si deve constatare come i cattolici italiani solo a parole dicono di voler applicare la proporzionalità delle cure, ma poi in pratica non mollano mai e si ostinano a oltranza (con tracheotomia e Peg) fino a praticare l’accanimento terapeutico che poi negano di fare: sarebbe meglio acquisissero maggiore senso della realtà per non perdere ulteriormente credibilità.
Nel caso specifico ben diverso è stato l’atteggiamento dei vescovi inglesi, che nel loro Comunicato del 18 aprile hanno precisato che le critiche all’ospedale sono “infondate”, e che tocca all’ospedale Bambin Gesù presentare ai tribunali britannici “le ragioni mediche perché si faccia un’eccezione in questo caso tragico”. E concludono di pregare, “con amore e realismo” per riuscire a accompagnare al meglio tutti nel tragico percorso di sofferenza. Purtroppo, le ragioni a favore dell’eccezione non sono state fornite, ma solo affermazioni demagogiche informate a un pregiudizio vitalista che porta a praticare l’accanimento terapeutico su un bambino indifeso.
Invece che denigrare la medicina e la giustizia britannica, noi della Consulta riteniamo che si debba prendere esempio dal comportamento britannico, e chiediamo che anche in Italia si proceda con maggiore vigore nella tutela dei bambini soggetti a accanimento terapeutico.
Dr. Giacomo Orlando
Vice-presidente della Consulta di Bioetica
Coordinatore Sezione Novi Ligure
26 aprile 2018
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