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I privati nel “nuovo” DM 70: se il Ssn si fa concorrenza sleale da solo

di Claudio Maria Maffei

Per le strutture ospedaliere private multispecialistiche valgono principi molto diversi rispetto al pubblico in continuità col DM 70 in vigore. Si continua a prevedere per loro la possibilità di mantenere dimensioni piccole, dato che bastano 60 o anche 40 posti letto per acuti, e di svolgere non meglio precisati “compiti complementari e di integrazione” invece di essere classificati come gli ospedali pubblici e quindi non partecipare al sistema dell’emergenza ospedaliera

26 OTT - La bozza del “nuovo” DM 70 che ho avuto l'opportunità di illustrare qui su QS presenta un impianto molto razionale, e a mio parere convincente, sulla rete ospedaliera pubblica e tratta invece le Case di Cura Private (qui parliamo di quelle multispecialistiche) in modo – sempre a mio parere – inadeguato finendo per  favorirle a volte in modo quasi autolesionistico.
 
Cercherò in forma sintetica di far capire come premettendo - cosa che cerco di fare sempre quando parlo del privato accreditato e contrattualizzato – di non avere alcuna preclusione a priori nei suoi confronti, trattandosi di componente legittima, spesso qualificata e a volte indispensabile del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
 
Il razionale della bozza del nuovo DM 70 nella parte che riguarda l’ospedalità pubblica è chiaro. Gli ospedali pubblici sono tutti in rete, ciascuno con un ruolo diverso a seconda del livello di complessità della sua organizzazione, livello caratterizzato da un insieme di attività e funzioni prestabilito. Tutti o quasi partecipano al sistema dell’emergenza ospedaliera svolgendo contemporaneamente attività programmata nelle stesse discipline coinvolti nell’emergenza. Ogni tipologia di ospedale (di base, di primo livello, di secondo livello e di area particolarmente disagiata) ha un bacino di utenza di dimensioni predefinite come pure lo hanno le diverse discipline in cui si articola la rete ospedaliera.
 
I piccoli ospedali perdono la funzione di ricovero ordinario per acuti e vengono di regola trasformati in strutture territoriali come gli ospedali di comunità. Gli ospedali operano in rete “governate” e la bozza definisce le caratteristiche di sei reti tra le più importanti (emergenze cardiologiche, traumatologiche,  dell’ictus, dei punti nascita, oncologiche e trasfusionali). Dentro le reti i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) sono lo strumento con cui si garantisce l’appropriatezza dei percorsi.
 
Per le strutture ospedaliere private multispecialistiche valgono invece principi molto diversi in continuità col DM 70 in vigore. Si continua a prevedere per loro la possibilità di:
1. mantenere dimensioni piccole dato che bastano 60 o anche 40 posti letto per acuti purchè la struttura faccia parte di un raggruppamento d’intesa che ne raggiunga almeno 80 preferibilmente “in un’unica sede”;
 
2. svolgere non meglio precisati “compiti complementari e di integrazione” invece di essere classificati come gli ospedali pubblici e quindi non partecipare al sistema dell’emergenza ospedaliera.
 
Già nel Decreto 70/2015 era previsto che entro tre mesi si chiarisse in cosa consistano ”le attività affini e complementari” corrispondenti a quei compiti, ma dopo 5 anni non è ancora noto. Nella bozza del nuovo decreto i mesi per definirli scendono da tre a uno e con questi termini così ristretti scendono anche le probabilità che questa chiarezza si faccia.
 
Su questa base regolamentare molto (troppo) a maglie larghe le Case di Cura rischiano di agire spesso in competizione con le strutture pubbliche in una posizione di vantaggio (tetti di produzione a parte) visto che:
- svolgono per lo più le stesse attività delle strutture pubbliche;
 
- non sono costrette a riconvertirsi pur essendo di piccole dimensioni (quella del raggruppamento d’impresa che “giustifica” piccole strutture separate ma sotto la stessa amministrazione è una forzatura evidente);
 
- possono sottrarsi alle incombenze legate alla partecipazione alla rete  ospedaliera dell’emergenza (nell’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale edizione 2021 con i dati 2019 il 6,1% delle Case di Cura Accreditate ha un Servizio di Pronto Soccorso contro l’80,2% delle strutture ospedaliere pubbliche);
 
- possono selezionare le linee di produzione in base a logiche di mercato;
 
- possono reclutare professionisti in uscita dalle strutture pubbliche;
 
- continuano ad avere una forte produzione in mobilità attiva verso Regioni che non sono in grado di esercitare nei loro confronti una funzione di committenza.
 
A proposito della mobilità sanitaria la bozza del nuovo DM evoca la possibilità di un maggior governo della mobilità sanitaria ai sensi della Legge 128/2020, la Finanziaria per l’anno 2021, che ha ben tre articoli al riguardo – dal 492 al 494 - purtroppo inapplicati che prevedono la sottoscrizione degli accordi bilaterali tra le regioni  per il  governo  della  mobilità sanitaria, l’adozione di linee guida  e  set  di indicatori oggettivi  e  misurabili al  fine  di  armonizzare  i  sistemi  di controllo  di  appropriatezza   degli   erogatori   accreditati  e l’elaborazione di un programma nazionale di valutazione e di miglioramento dei processi di mobilità sanitaria.
 
Questa situazione da una parte offre delle opportunità ai cittadini per prestazioni specie di area chirurgica o interventistica che gli ospedali pubblici hanno difficoltà ad erogare, ma dall’altra comporta rischi elevati di natura diversa:
- la fuga documentata dei professionisti dal pubblico al privato (vedi il rapporto ANAAO di alcuni mesi fa sulle dimissioni volontarie dei medici);
 
- il rischio di inappropriatezza insito in sistemi orientati alla (e finanziati dalla) produzione. A questo proposito ricordo di passaggio che nel 2019 in base ai dati ricavabili dall’ultimo Rapporto Ospedale&Salute dell’AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata) scaricabile qui nelle strutture associate il secondo DRG per frequenza è stato un classico DRG a rischio di sovravalorizzazione quale il 468 (Intervento chirurgico esteso non correlato con la diagnosi principale);
 
- la difficoltà di inserire la produzione dei privati nei programmi delle reti cliniche pubbliche;
 
- la difficoltà di far aderire la produzione dei privati ai PDTA delle reti pubbliche;
 
- la tentazione della politica di trasformare in una piccola casa di cura un piccolo ospedale pubblico (nelle Marche questa scelta è già stata fatta).
 
La “pericolosità” di questa deregolamentazione del privato a fronte della iperregolamentazione della ospedalità pubblica trova una clamorosa conferma nella situazione della ortopedia (prevalentemente privata) e della traumatologia (quasi esclusivamente pubblica). Vecchio e nuovo DM prevedono che la ortopedia/traumatologia sia presente in tutti gli ospedali con pronto soccorso, che notoriamente sono quasi esclusivamente pubblici. Allo stesso tempo la nuova bozza prevede che le fratture di femore negli ultrasessantacinquenni siano operate nel 70% dei casi entro 48 ore. 
 
Primo risultato: pur in presenza di una rete diffusissima di ortopedie/traumatologie in base al già citato Rapporto dell’AIOP le strutture private associate hanno avuto come primo DRG nel 2019 il DRG 544 (sostituzione di articolazioni maggiori  o reimpianto degli arti inferiori) avendo eseguito 60.000 di questi interventi su un totale di 188.000 eseguiti in Italia quell’anno (dati del Rapporto SDO 2019). Le ortopedie private hanno fatto un terzo degli interventi pur in presenza di una distribuzione capillare delle ortopedie/traumatologie pubbliche. Secondo risultato: la fuga verso il privato degli specialisti pubblici fenomeno ormai noto anche a livello di media “generalisti”.
 
Il “nuovo” DM 70 nella parte che riguarda l’ospedalità privata multispecialistica va rivisto con la collaborazione dell’AIOP che certamente non mancherà. Questa Associazione ha dimostrato la propria scelta di aderire ad alcuni riferimenti del vecchio e nuovo DM producendo ad esempio analisi in collaborazione con l’Agenas sulla attività delle proprie strutture in base ai dati del Programma Nazionale Esiti.
 
Un ottimo segnale che fa ben sperare in una regolamentazione della ospedalità privata accreditata più coerente col complesso dei principi che ispirano la nuova bozza del DM 70. Una regolamentazione che eviti gli effetti distorsivi segnalati e innalzi la qualità complessiva dell’offerta ospedaliera. Si può e si dovrebbe volere.
 
Claudio Maria Maffei
 
 
 
 
 

26 ottobre 2021
© Riproduzione riservata


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