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Covid. Senior Italia FederAnziani: “Anziani non vanno rinchiusi, sostituiscono il welfare, un terzo delle loro pensioni a figli e nipoti”


Ricerca dell’associazione: dall’inizio della pandemia dai nonni trasferimenti cash a figli e nipoti per 11,2 miliardi di euro e 33,3 miliardi il valore del baby sitteraggio gratuito. Messina: “I nonni sono fondamentali. In questo periodo vanno protetti più delle altre fasce della popolazione ma non segregati”.

02 NOV - Per due senior su tre dall’inizio della pandemia la vita è cambiata anche dal punto di vista economico: agli over 65 il periodo del Covid è costato ogni mese in media un terzo della pensione ovvero 354 euro, per un totale di 11,2 miliardi. Hanno trasferito soldi alle famiglie dei figli rimasti senza lavoro o finiti in cassa integrazione per pagare il mutuo, le bollette o semplicemente fare la spesa, e non hanno rinunciato ad accudire i loro nipoti, ai quali in media hanno dedicato 25,8 ore a settimana. Un valore che, calcolato a 10 euro l’ora, ammonta a 33,3 miliardi di euro. Due su tre non sono stati in vacanza perché in difficoltà economica o per paura del contagio
Questi i risultati dell’indagine condotta da Senior Italia FederAnziani su un campione di 528 over 65 appartenenti alla rete dei Centri Sociali per Anziani dedicata all’impatto del Covid sulle famiglie italiane e in particolare sui senior.
 
Dal punto di vista economico, solo per un terzo non è cambiato nulla: per il 25%, invece, la pandemia ha inciso abbastanza, per il 10,8% molto, per il 34% poco, mentre il 30,2% ha dichiarato di non aver registrato alcun cambiamento nelle proprie finanze.
 
Un quarto dei rispondenti ha avuto bisogno di aiuti economici nel periodo del Covid (24,9%), per sé o per i propri familiari, e in particolare il 18,2% del campione ha dichiarato di aver ricevuto aiuti dai propri familiari, il 5,4% ha ricevuto aiuti per pagare le bollette, l’8,9% ha ricevuto il bonus famiglia, il 7,9% ha potuto contare su pacchi solidali da associazioni di volontariato, il 6,9% ha usufruito di buoni spesa.
 
Il 13,5% dichiara che il proprio figlio è finito in cassa integrazione nel periodo della pandemia mentre il 19,1% ha figli che hanno perso il lavoro (7,3%) o hanno continuato a lavorare in modo ridotto (11,9%) nello stesso periodo. Chi ha perso il lavoro era principalmente nei settori della ristorazione, dei servizi alla persona, del turismo e del commercio.
 
Il 55,4% dei rispondenti ha dovuto mettere la mano al portafogli per aiutare figli e nipoti durante la pandemia e un 15,8% lo ha fatto di tanto in tanto, per poter pagare i mutui, le bollette, le tasse, ma anche semplicemente per aiutarli a fare la spesa. A questo aiuto economico va sommato l’altro, rappresentato dalle ore prestate in forma di accudimento dei nipoti. Dall’inizio della pandemia i nonni hanno dedicato ai nipoti in media 25,8 ore settimanali, più delle 19,2 ore dedicate in media a settimana alla stessa occupazione prima della situazione di emergenza.
 
Oltre i due terzi dei senior quest’estate non è andata in vacanza (66,8%) e solo poco più del 4% ha usufruito del bonus vacanze (4,5%). Chi è andato in vacanza ha scelto nella quasi totalità dei casi (96,7%) mete italiane. La rinuncia alla vacanza è stata determinata per metà dalla paura del Covid (49,4%), per un quarto dalla mancanza di possibilità economiche (23,3%). Stessa sorte è toccata alla metà dei figli e dei nipoti (il 49,2% non è andato in vacanza) e solo l’11,9% delle famiglie dei figli è riuscito ad avere un buono vacanza. Anche figli e nipoti quando sono andati in vacanza hanno scelto l’Italia (95,4%), mentre la rinuncia alla vacanza per figli e nipoti è stata dettata nel 33,5% dei casi da motivi economici e nel 42,9% dei casi dalla paura del Covid.
 
Durante il periodo estivo il 64,9% dei nonni ha accudito i nipoti: uno su quattro lo ha fatto per oltre un mese (23,1%), il 14,3% per 3-4 settimane, il 17,3% per una o due settimane. Oltre i due terzi dei nonni tirano la cinghia perché sono convinti che dovranno continuare a sborsare denaro, soprattutto per i nipoti.
 
La pandemia è costata agli anziani oltre 2.800 euro da marzo ad oggi. In media oltre 354 euro al mese dalle loro esigue pensioni, per un complessivo di 11,2 miliardi di euro.
Infine, il 44,3% degli anziani pensa che l’ultimo DPCM (26 ottobre) non sia né corretto né utile per il contenimento della pandemia, lo giudica abbastanza utile il 39,4% degli intervistati, molto utile appena il 16,3%.
 
“Ancora una volta i nonni si sono riconfermati il pilastro del welfare del nostro Paese – dichiara il Presidente di Senior Italia FederAnziani Roberto Messina – dato che in un momento così critico molti di loro si sono ritrovati a dover trasferire una parte importante delle loro già magre pensioni ai figli, molti dei quali hanno perduto il lavoro o sono stati messi in cassa integrazione, e ai nipoti. Inoltre, nonostante siano la fascia di popolazione più a rischio e pur sapendo quanto possa essere pericolosa l’interazione con i nipoti in età scolare, la maggior parte dei nonni non ha rinunciato ad accudirli. Un lavoro molto amato ma in questo caso reso necessario in questo periodo dal fatto che molti genitori non hanno potuto usufruire dello smart working. I nonni sono fondamentali. In questo periodo vanno protetti più delle altre fasce della popolazione ma non segregati. Fondamentale dare loro supporto materiale e psicologico, anche attraverso l’attivazione di progetti mirati, monitorarli, soprattutto quelli soli e fragili, e garantire loro l’accesso alle cure e la presa in carico delle cronicità. Altrimenti sarà una ecatombe”.
 

02 novembre 2020
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