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Gestazione per altri “solidale” o trapianto d’utero?

di Clementina Peris

Secondo l'Associazione Luca Coscioni la gestazione per altri sarebbe l’unico modo di avere un figlio per le ragazze affette da S. di Rokitansky, nate senza utero. Ma non è vero perché è già stata utilizzata, anche in Italia, con esito in decine di bambini nati, la tecnica del trapianto di utero, una soluzione medico/chirurgica, più umana e a minor rischio di sfruttamento di altre donne per quelle donne nate, o diventate loro malgrado, prive di utero e desiderose di prole

28 OTT - L’Associazione Luca Coscioni propone di legalizzare la gestazione per altri (GPA) “solidale” (definita tale anche per l’assenza di compenso economico alla gestante per altri) per permettere alle donne senza utero di avere un figlio proprio, ritenendo nel contempo di salvaguardare la dignità e la salute della donna gestante per altri. La GPA sarebbe l’unico modo di avere un figlio per le ragazze affette da S. di Rokitansky, nate senza utero.
 
Ciò non è vero, dato che è già stata utilizzata, con esito in decine di bambini nati, la tecnica del trapianto di utero. Questa tecnica, da donatrice deceduta, è stata recentemente applicata con successo anche in Italia presso il Centro trapianti del Policlinico di Catania, in collaborazione con l'Azienda ospedaliera Cannizzaro, e permette di soddisfare una ricerca di gravidanza senza coinvolgere una terza parte, un’altra donna, ponendo potenzialmente a rischio la sua salute.
 
Conosco bene le ragazze affette da Sindrome di Rokitansky per essermi occupata di decine di tali ragazze durante la mia attività ospedaliera. Le ragazze hanno un regolare ciclo ormonale per la presenza delle ovaie, ma non le mestruazioni per la mancanza congenita dell’utero.
 
Le due tecniche hanno un preliminare comune: la necessità di adeguata informazione ai genitori intenzionali circa la condizione genetica/epigenetica sottostante alla sindrome stessa, in quanto tali mutazioni genetiche/epigenetiche possono essere trasmesse alla prole.
 
Nel caso della S. di Rokitansky, non sono ancora chiare le modificazioni causative coinvolte all’uno e/o all’altro livello, per quanto nella sindrome con associate anomalie renali si ipotizzi una eziologia genetica monogenica di tipo autosomico dominante, con incompleta penetranza e per i casi sporadici senza familiarità si ipotizzi una eziologia poligenica multifattoriale o epigenetica, anche di tipo teratogenico.
 
Non si è potuto avere chiarezza di tale eziologia e ancora non si conoscono adeguatamente il/i gene/i coinvolto/i, anche per l’impossibilità fino a poco tempo fa della trasmissione verticale, solo l’osservazione degli aborti e dei/delle nati/e a lungo termine permetterà lo studio e la definizione del contributo genetico/epigenetico alla sindrome stessa.
 
È noto che condizioni che si accompagnano a impossibilità procreativa per alterazioni strutturali dei genitali possono comportare gameti idonei al concepimento con le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), ma portatori di mutazioni genetiche/epigenetiche che rientrano in circuiti patologici di altri organi e/o apparati, comportando non solo l’alterazione strutturale di genitali (un esempio noto è la fibrosi cistica). In tali casi la modificazione strutturale genitale può costituire una protezione evolutiva alla propagazione nella prole del/i gene/i alterato/i e coinvolto/i nell’insorgenza di serie patologie, a breve come a lungo termine.
 
Questa informazione deve essere fornita ai potenziali genitori nella consulenza genetica. Il trapianto d’utero necessita certamente di terapia immunosoppressiva, ma per la donna stessa che desidera e ottiene la gravidanza con i propri oociti.
 
La gestazione per altri, anche definita surrogata, invece comporta un completo allotrapianto al posto del fisiologico emi-allotrapianto, quale evolutivamente è una gravidanza: come conseguenza una GPA presenta maggiormente i rischi di un trapianto.
 
Nel caso dell’emi-allotrapianto i rischi sono evolutivamente molto meglio controllati dalla protezione esercitata dalla madre, al fine della propagazione dei propri geni, e dall’embrione, poi dal feto, al fine della propria sopravvivenza. I rischi significativamente aumentati, noti in letteratura medica in caso di completo allotrapianto per le maggiori complicanze in frequenza e gravità durante la gravidanza e al parto, coinvolgono sia le gestanti per altri sia i nati. Inoltre, gli effetti del microchimerismo materno e fetale di tali gravidanze sulle gestanti per altri e sui nati non sono mai stati adeguatamente indagati, per quanto presenti.
 
Quindi, gli esiti a distanza sia per la gestanti per altri che per i nati non sono noti per mancanza di monitoraggio, in quanto si è sempre ritenuto un successo per la PMA la nascita e non gli esiti in salute di tutti i soggetti coinvolti a medio e lungo termine, quando ogni tecnica, sia applicata sull’ambiente che sull’uomo, per diventare scienza necessita, per definizione e anche in Medicina, dell’osservazione dei risultati a medio-lungo termine.
 
Questo dato di fatto non consente di fornire informazione sufficientemente adeguata nei pur necessari consensi informati sia per i genitori intenzionali sia per la gestante per altri, e l’obiettivo comune di mettere al centro la salute dei nati, della gestante per gli altri e dei genitori intenzionali purtroppo non è ancora stato centrato, non tanto per problemi di leggi a livello nazionale e internazionale, ma perché in Medicina della Riproduzione finora ha prevalso l’equivoco su citato, che il successo fosse definibile solo come nascita.
 
Proprio per questo fatto, alcune importanti Società Scientifiche, come la Società Europea di Riproduzione Umana e Embriologia – ESHRE, fondata da Robert Edwards, da anni propongono di adottare monitoraggi a lungo termine di tutte le tecniche di PMA, almeno fino ai 25 anni dei nati, anche attraverso l’incrocio di registri nazionali e internazionali.
 
Nel trapianto di utero, la gestazione sarebbe della donna stessa, che così sarebbe madre genetica, gestazionale e legale; inoltre l’utero potrebbe essere anche conservato in situ a disposizione per una seconda gravidanza o rimosso dopo il parto per evitare di proseguire con la terapia immunosoppressiva. Ovviamente non si tratta di una soluzione priva del tutto di rischi e di costi, anche emotivi, ma sarebbe un modo di andare incontro al desiderio di genitorialità con più completa informazione dei propri rischi, quelli che si intende correre, senza coinvolgere nei rischi una terza parte, un’altra donna.
 
Quest’ultima, per quanto definita “solidale” e priva di compenso economico, è noto corra comunque propri rischi di salute, sicuramente maggiori in una gravidanza eterologa rispetto a una omologa, anche molto severi o addirittura letali, non sempre remunerabili con la semplice gratificazione di una buona azione, inoltre poco o nulla monitorati finora, soprattutto sul medio-lungo termine, dunque non esplicitati nei consensi informati.
 
Considerazioni di tal genere inducono doppiamente a privilegiare la tecnica del trapianto di utero rispetto alla gestazione per altri in tutte le condizioni in cui vi sia mancanza di utero. Sarebbe inoltre molto difficile in pratica proporre come “solidale”, cioè priva di compensazione economica, una pratica quale la gestazione per altri, quando molti operatori del settore ritengono, anche in Italia, per la nota indisponibilità delle donne a “donare” oociti se non remunerate, indispensabile ricompensare, con tariffe molto variabili nel mondo a seconda dei paesi e delle caratteristiche delle donne, le donatrici per il tempo dedicato, il disagio e l’eventuale rischio di salute.
 
Il tempo dedicato e il disagio di una donazione di oociti sono inferiori, come impegno e verosimilmente come rischi, di una GPA. Questo fatto evidenzia come la GPA possa di fatto, e tale è stata finora in molti paesi, trasformarsi in pratica di sfruttamento delle donne, potendo costituire per molte donne svantaggiate l’unico modo di contribuire economicamente alla propria famiglia, anche ponendo a rischio la propria salute. La GPA, più o meno “solidale”, non è pertanto al giorno d’oggi l’unico modo per le donne senza utero di avere un figlio proprio, senza considerare la possibilità di dare amore e protezione a bambini già nati attraverso l’adozione e l’affido.
 
Proprio il fatto che la GPA fosse illegale in molti paesi, anche per ragioni di equità, quali l’Italia, la Germania e la Svezia, mentre è stata recentemente messa fuori legge anche in India per il reale sfruttamento di donne indiane da parte di stranieri, ha condotto in Svezia allo sviluppo e alla diffusione nel mondo della tecnica del trapianto d’utero dal 2013.
 
Ritengo quindi che il trapianto di utero, ovviamente effettuato in adeguati contesti, costituisca la adeguata e solidale soluzione medico/chirurgica, la più umana e a minor rischio di sfruttamento di altre donne per quelle donne nate, o diventate loro malgrado, prive di utero e desiderose di prole. Alla fine di una adeguata osservazione dei risultati, potrebbe infatti dimostrarsi la tecnica con minori costi sanitari globali e maggiore reale solidarietà umana.
 
Clementina Peris
Ginecologa, già Responsabile di Ginecologia Endocrinologica e di Terapia Medica della Sterilità Ospedale S. Anna di Torino

28 ottobre 2020
© Riproduzione riservata


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