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Il diritto e la medicina ai tempi della pandemia

di Antonio Panti

La pandemia richiama l'umanità a un rinnovato equilibrio, e con essa la medicina: prepararsi a ogni evenienza, contrastare i rischi primari, adottare politiche economiche di rispetto della vivibilità del pianeta, considerare la sanità one health nel quadro della sicurezza generale dell'uomo moderno e forse il diritto ha bisogno di un adeguamento, una sorta di “diritto pandemico”

24 LUG - Qualcuno ha detto che le epidemie sono fenomeni sociali che hanno risvolti medici. Il Covid lo ha dimostrato in modo inequivocabile; se le notizie sulla salute hanno sovrastato l'informazione e condizionato le ansie e le paure di tutti i cittadini non v'ha dubbio che gli aspetti sociali e le conseguenze sull'economia globale hanno trasformato un evento sanitario in un fenomeno antropologico. In siffatto quadro le normali categorie del diritto e della deontologia medica si sono mostrate inadeguate a valutare i dilemmi posti dall'evento pandemico.
 
La pandemia ha sorpreso le istituzioni e la sanità. La scienza sembrava averla prevista ma quasi con scarsa convinzione e senza riscontri politici; tra le molteplici preoccupazioni del mondo moderno i virus avevano un ben scarso rilievo. La spiegazione di questa scotomizzazione risiede in alcuni fenomeni scientifici e sociali.
 
La medicina, in tutto il suo percorso trionfale dal settecento a oggi, ha si posto attenzione ai grandi fenomeni sociali; ma se i maggiori successi della sanità sono senz'altro i vaccini e la potabilizzazione delle acque non v'è dubbio che i massimi sforzi della scienza medica si siano indirizzati alla cura della persona malata, alla prevenzione dei rischi individuali, al contrasto all'invecchiamento, al tentativo di dilazionare ad ogni costo la morte.
 
La medicina moderna ha assunto sempre più risvolti edonistici, volti al soddisfacimento dei bisogni e dei desideri dell'individuo. Sul piano deontologico, con la grande svolta del Codice del 1984, si afferma il principio dell'autodeterminazione del cittadino in un equilibrio abbastanza precario con l'autonomia del medico, ma in qualche modo su di essa prevalente. Sul piano giuridico il principio del consenso informato ispira il diritto fino a essere giuridicamente formalizzato con la l. 219/17.
 
Intanto i progressi della tecnologia sembrano sempre più rispondere ai desideri dell'individuo e la crisi della sostenibilità del servizio nasce anche dall'incremento dei costi per la cura di piccoli target di pazienti e dall'orientamento prevalente verso una medicina personalizzata, taylored, la cosiddetta precision medicine.
 
Ma ecco irrompe la pandemia. La patologia è di fatto sconosciuta, è assai diffusiva e grave, non esistono terapie né linee guida codificate. Non si può far altro che adottare severi provvedimenti di polizia sanitaria sospendendo alcune libertà costituzionali e chiedendo ai cittadini di seguire comportamenti dettati dalla solidarietà oltre che dall'utilità individuale a protezione del rischio. Perfino i no vax tacciono, però costringono i governi a prospettare un obbligo vaccinale; si consolida in qualche modo una sinergia tra libertà individuale e interesse di popolazione.
 
Di fronte all'assalto del Covid l'organizzazione ospedaliera resiste sia pur con gravissime difficoltà, il territorio si impegna ma rivela la sua debolezza strutturale. Ma il fatto più grave è la mancanza di cure specifiche che conduce un grandissimo numero di casi in terapia intensiva. La letalità si rivela assai elevata e i medici sono costretti a scelte tragiche e a pagare essi stessi un altissimo tributo di vite. Perfino i cimiteri diventano insufficienti e un lungo corteo notturno di mezzi dell'esercito trasporta le salme dei deceduti dalle provincie più colpite. Domina su tutto un senso di tragedia collettiva.
 
La malattia ha sempre un risvolto tragico tuttavia le più drammatiche vicende della singola persona lasciano spazio a speranze e a illusioni. La medicina moderna si spinge fino alla realizzazione del desiderio di creare un uomo nuovo e viviamo un'epoca di esasperato individualismo.
 
Al contrario la tragedia è un evento pubblico, coinvolge tutta la polis, mostra la piccolezza dell'uomo di fronte alla natura, Lysbonne est abimée et l'on dance a Paris, nella poesia di Voltaire, rappresenta un risveglio dal sogno della ragione.
 
Quando la pandemia si esaurisce lascia come uno shock collettivo, un finale che riattiva antiche paure e costringe a ripensare il rapporto dell'uomo colla natura. Le zoonosi sono mali comunitari; la peste che si diffonde da uomo a uomo genera un senso di tragedia comune diverso dalla morte della singola persona provocata dalla sua propria malattia.
 
La pandemia richiama l'umanità a un rinnovato equilibrio, e con essa la medicina: prepararsi a ogni evenienza, contrastare i rischi primari, adottare politiche economiche di rispetto della vivibilità del pianeta, considerare la sanità one health nel quadro della sicurezza generale dell'uomo moderno.
 
Allora l'attenzione e il privilegio dati al territorio diventano questioni di finalità della medicina; nel mentre si prosegue a privilegiare la sofisticazione tecnologica, l'innovazione esaltante, la promozione della salute diventa un compito politico dei medici per la salute collettiva.
 
Se il diritto è anch'esso un fenomeno sociale e indubbio che debba adeguarsi e riflettere sul bene comune, sul prevalere in alcuni casi del'interesse collettivo, sulle scelte tragiche della sanità moderna.
 
Altresì la deontologia medica deve percorrere queste strade finora desuete, le scelte in carenza di risorse, la sanità comunitaria, la salute dell'uomo come salute del mondo; la lezione è fin troppo evidente: la medicina moderna si professa in team multiprofessionali, la medicina territoriale necessita di una drastica riforma, la medicina oggi è digitale.
 
In conclusione non si possono giudicare questi eventi con le leggi scritte e pensate per situazioni diverse (normali). Nella estrema fretta di decidere sotto la spinta e le pressioni della società che invoca cure e guarigioni per tutti e chiama eroi chi tenta il miracolo, ha senso applicare le regole della quotidiana amministrazione con le loro lungaggini e barocche acribie quando "i fatti sono incerti, i valori in conflitto, la posta in gioco alta e le decisioni urgenti?" come scrivono Funtovitz e Ravetz?
 
Forse il diritto ha bisogno di un adeguamento, una sorta di diritto pandemico, certo è che la deontologia medica non è stata pensata per questi drammatici eventi. La pandemia ci offre l'opportunità di equilibrare, attuando il dettato costituzionale, la tutela della salute sia come diritto dell'individuo che come interesse della collettività.
 
Antonio Panti

24 luglio 2020
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