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Deficit visivi. Il Piano nazionale è operativo ma c’è carenza di centri e personale. Relazione al Parlamento


Presentata al Parlamento dal ministero della Salute la “Relazione del ministro della Salute sullo stato di attuazione delle politiche inerenti la prevenzione della cecità, l’educazione e la riabilitazione visiva”. Il Piano nazionale Prevezione (PNP) è attuato nelle Regioni, ma manca una diffusione organica dei centri di riabilitazione visiva e, in questi, non è ben strutturato il personale.  In Italia soffrono di ipovisione 4,5 milioni di persone. LA RELAZIONE.

14 APR - Secondo le ultime stime Oms su cecità e ipovisione, pubblicate in occasione della giornata mondiale della vista, nel mondo sono 36 milioni i non vedenti e 217 milioni gli ipovedenti moderati o gravi, su una popolazione di 7,3 miliardi di persone. Si stima inoltre che 253 milioni di persone vivano con problemi alla vista. Globalmente le malattie oculari croniche sono la causa principale di perdita della vista(84%).

Secondo il Rapporto Istat Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea, le gravi limitazioni visive colpiscono mediamente il 2,1% della popolazione dell’Unione Europea dai 15 anni in su, mentre a partire dai 65 anni si arriva al 5,6% e dai 75 anni all’8,7%5.
In Italia oltre un terzo degli anziani soffre di limitazioni visive almeno moderate: 4,5 milioni di persone.
 
In Italia le cifre sono indicativamente in linea con l’intera Ue a 28 Stati. Due persone su cento, dai 15 anni in su, soffrono di gravi limitazioni sul piano visivo, percentuale che sale al 5,4% tra chi ha più di 65 anni e all’8,6% per chi ha almeno 75 anni. Lo scenario diventa più preoccupante se si sommano le limitazioni visive moderate a quelle gravi: in questo caso dai 75 anni in poi ne soffrono 43 persone su 100, il 33,4% a partire dai 65 anni e il 17,6% dai 15 anni in su.

A livello mondiale, le principali cause dei deficit visivi sono gli errori di rifrazione non corretti (53%), cataratta non operata (25%), degenerazione maculare legata all’età (4%), glaucoma (2%), retinopatia diabetica (1%). Inoltre le principali cause di cecità – reversibile o irreversibile – sono le seguenti: cataratta non operata (35%), difetti refrattivi non corretti (21%) e glaucoma (8%).

Le cause dell’aumento del numero dei soggetti affetti da ipovisione in Italia hanno al primo posto il progressivo aumento della speranza di vita, che ha portato alla crescita esponenziale di malattie oculari legate all’invecchiamento, quali la degenerazione maculare legata all’età, il glaucoma, la cataratta, patologie vascolari retiniche.

Hanno influito anche i grandi progressi scientifici e tecnologici dell’oftalmologia, registrati negli ultimi decenni, che hanno portato ad una riduzione dei pazienti destinati alla cecità, ma che, contemporaneamente, hanno incrementato quello dei soggetti con residuo visivo parziale, insufficiente a garantire il mantenimento di una completa autonomia.
 
La migliorata assistenza neonatologica e l’incremento della vita media hanno aumentato la prevalenza di patologie legate alla prematurità e di patologie degenerative maculari, inducendo il servizio sanitario ad allestire progetti di intervento di tipo preventivo, terapeutico e riabilitativo. Infatti l’identificazione delle cause di danno funzionale o di ostacolo alla maturazione della visione tanto più è precoce, tanto più garantisce possibilità di trattamento o di efficaci provvedimenti riabilitativi.

I dati fanno da premessa alla “Relazione del ministro della Salute sullo stato di attuazione delle politiche inerenti la prevenzione della cecità, l’educazione e la riabilitazione visiva”, appena presentata al Parlamento.

L’elaborazione e l’attuazione di politiche e piani nazionali per la prevenzione dei deficit visivi evitabili rimangono, secondo la relazione, i pilastri dell’azione strategica. E’ quindi fondamentale, per la programmazione delle azioni del ministero della salute, il Piano Globale Oms 2014 -2019 per la prevenzione della disabilità visiva.

La strategia di prevenzione secondo la Relazione si basa sullo screening oftalmologico pediatrico che vede 2 momenti importanti: la nascita e l’età di 3 anni. Lo screening neonatale può esser fatto sia dal pediatra sia dall’oculista.

Tutti i bambini nati pre-termine devono essere esaminati, secondo i protocolli già esistenti in letteratura, da oftalmologi esperti sia durante la loro degenza ospedaliera che dopo la dimissione per diagnosticare, monitorare ed eventualmente trattare la retinopatia del pre-termine.

Per quanto riguarda la visita ai 3 anni, le figure professionali che possono essere coinvolte sono: il pediatra, l’oculista e l’ortottista. La metodologia di screening deve essere in grado di limitare al massimo i falsi negativi.

Il ministero della Salute ha effettuato anche la valutazione 2016 dell’applicazione del Piano nazionale prevenzione tramite gli indicatori sentinella per la certificazione del Comitato Lea, che è stata raggiunta per quasi tutte le regioni.

Questi i risultati:
- Piemonte, all’interno del Programma 5 – “Screening di popolazione” con i progetti Ricognizione screening neonatali, ”Test con riflesso rosso” e “ Screening della retinopatia”
 
- Valle d’Aosta all’interno del programma “Comunità che promuove salute”, con il progetto Effettuare lo screening oftalmologico neonatale in tutti i punti nascita
 
- Lombardia, all’interno del programma “Promozione della salute del bambino e della mamma nel percorso nascita “, con il progetto “Messa a sistema dello screening audiologico e dello screening oftalmologico presso tutti i Punti Nascita”.
 
- PA Bolzano, all’interno del “Programma 2 di screening per la diagnosi delle forme di ipovisione congenita” con il progetto “Effettuare lo screening oftalmologico neonatale in tutti i punti nascita”
 
- PA Trento all’interno del programma “Screening neonatali”: il progetto “Screening oftalmologico”
 
- Veneto all’interno del “Piano della promozione della salute materno infantile”, con il progetto” Genitori Più – Coordinamento Promozione Salute Materno-Infantile”, “azione 9 Promozione screening audiologico e oftalmologico”
 
- Friuli Venezia Giulia, all’interno del programma” Gli Screening in regione Friuli Venezia Giulia” con il progetto “Consolidamento e sviluppo dello screening oftalmologico neonatale in tutti i Punti nascita”
 
- Liguria, all’interno del programma “Prevenzione e promozione di corretti stili e abitudini di vita”- “Percorso nascita, prima infanzia, età scolare (scuola obbligo)”Ridurre le conseguenze dei disturbi neurosensoriali”, con il progetto “Effettuare lo screening oftalmologico neonatale in tutti i punti nascita”
 
- Emilia Romagna, all’interno “programma 3 – “Setting Comunità - Programmi età specifici” con il progetto “Implementazione e monitoraggio di alcuni fra i principali screening neonatali”
 
- Toscana all’interno del programma, “Percorso nascita”: “Screening oftalmologico neonatale”
 
- Umbria, all’interno del programma “Conoscere per decidere”, con il progetto” Screening pediatrici: un’attività da monitorare” Marche, all’interno del programma n.1 “Bambini DOP: Denominazione di Origine Protetta”, con il progetto “Screening neonatali”
 
- Lazio, all’interno del programma “Prevenzione e controllo delle MCNT a maggior rilevanza quali malattie CV, tumori, diabete e conseguenze dei disturbi neurosensoriali congeniti”, con il progetto Screening oftalmologico neonatale per la diagnosi precoce della ipovisione
 
- Abruzzo, all’interno del programma 4 ” Operatori sanitari promotori di Salute” con il progetto “Effettuare lo screening oftalmologico neonatale in tutti i punti nascita”
 
- Molise, all’interno del programma di screening neonatali, con il progetto “Screening oftalmologico neonatale”
 
- Campania, all’interno del programma “I primi 1.000 giorni di vita”, con il progetto “Prevenire le conseguenze dei disturbi neurosensoriali - ipovisione e cecità progetto di screening oftalmologico neonatale”
 
- Puglia, all’interno del programma “ 3.6 Screening”, con il progetto “Screening neonatali”
 
- Basilicata, con il progetto “Individuazione precoce dei disturbi audiologici ed oftalmologici del neonato”
 
- Calabria, all’interno del programma 3 “Promozione della salute della donna e del bambino” con il progetto “Prevenire le conseguenze dei disturbi neurosensoriali - ipovisione e cecità progetto di screening oftalmologico neonatale”
 
- Sicilia, all’interno del programma, “Programma Regionale di screening oftalmologico neonatale”, i progetti: “Sensibilizzazione Direzioni Sanitarie di Presidio”,” Predisposizione del servizio” e “Attivazione del servizio”
 
- Sardegna, all’interno del programma “2.1: Screening dei disturbi neurosensoriali neonatali” con i progetti” Ricognizione dello stato di attuazione a livello regionale dei percorsi di screening neurosensoriale neonatale audiologico e oftalmologico e “Sviluppo del percorso regionale di screening audiologico neonatale e sua attivazione in tutti i punti nascita entro il 2018”.
 
Il monitoraggio del ministero sulle attività dei Centri di Riabilitazione visiva svolte nel 2016, tuttavia, evidenzia che ancora non c’è omogeneità sul territorio in termini di strutture e attività svolte.
Dall’analisi si evidenzia che i centri non hanno una distribuzione capillare sul territorio e di conseguenza può accadere che i pazienti siano obbligati a trasferirsi in luoghi extraregionali per ricevere assistenza nel campo specifico delle minorazioni visive.

Questo dato secondo la Relazione sottolinea quanto sia forte l’esigenza di aumentare l’offerta assistenziale per le minorazioni visive su tutto il territorio nazionale.

Secondo la Relazione non hanno ottemperato all’impegno di rendicontare la loro attività riabilitativa, nonostante i solleciti, alcune Regioni: Campania e Friuli Venezia Giulia.

Il primo elemento che emerge è la profonda disparità che esiste tra Regione e Regione.
Già nella distribuzione territoriale dei centri di Riabilitazione si può notare come alcune Regioni, come la Lombardia e la Sicilia, hanno favorito una presenza più capillare dei centri, mentre altre, come l’Emilia Romagna e la Toscana, hanno cercato di centralizzarli, magari per  garantire una maggiore specializzazione, dimenticando che da un punto di vista epidemiologico la riabilitazione visiva interessa maggiormente la fascia d’età più avanzata, presuppone un follow-up più o meno protratto nel tempo e necessita di continua assistenza sociale e familiare.

Dieci Regioni hanno dichiarato di aver un solo centro; tra queste anche Regioni con grande estensione territoriale come la Calabria.
La distribuzione territoriale secondo l’International Standards for Vision Rehabilitation: Report of te International Consensus Conference di Roma 2015 - organizzato dal Polo Nazionale di Riabilitazione Visiva, unico centro a livello mondiale di collaborazione dell’Oms per la riabilitazione visiva - presuppone tre livelli di servizi che si differenziano per complessità di assistenza e copertura territoriale.

Un primo livello, capillare su territorio, ha funzione di screening, di classificazione, di prima assistenza.

Un secondo livello, che esegue il follow riabilitativo vero e proprio, agisce in un contesto multidisciplinare con tutta la tecnologia disponibile.

Il terzo livello svolge attività di ricerca, di formazione e di raccolta dati.

Questa organizzazione assistenziale dovrebbe diventare secondo la Relazione l’obiettivo da realizzare da parte delle Regioni, ma  “l’interesse degli assessori regionali per la riabilitazione visiva occupa un posto molto basso, nonostante l’esistenza della Legge 284. In 20 anni dalla sua emanazione solo alcune Regioni hanno dimostrato e dimostrano un impegno costante. Tra queste va segnalata in particola modo la Lombardia con i suoi 15 centri”.

Riguardo al personale che dovrebbe essere strutturato nei centri di riabilitazione visiva, il DM attuativo della 284/97 precisa la composizione dell’équipe, ma, sottolinea la Relazione “questa direttiva non è stata mai attuata per cui i centri risultano deficitari di figure professionali fondamentali”.

I più presenti risultano gli oftalmologi e gli ortottisti assistenti di oftalmologia; meno presenti gli psicologi, gli infermieri e gli assistenti sociali.
Il dato più indicativo della precarietà e delle difficoltà dei centri è che solo una minima parte dispone di personale dipendente. La maggior parte ha personale con contratti a termine, libero professionali, borse di studio ecc.

Il numero di prestazioni, se rapportato alle dimensioni epidemiologiche del fenomeno ipovisione, appare estremamente ridotto. “Ma ancor più preoccupante – afferma la Relazione - e l’alto numero di casi (circa 60.000) che hanno avuto un primo accesso al centro ipovisione senza che ne sia seguito un percorso riabilitativo: valutati ma non riabilitati circa nel 40% dei casi.
 

 
                                                                   Le figure professioali nei centri di riferimento


14 aprile 2018
© Riproduzione riservata


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