Il tallone d’Achille del Ssn è la cura ai non autosufficienti. Presentato il Rapporto Oasi del Cergas Bocconi
I posti letto coprono meno del 10% del fabbisogno e le cure domiciliari si riducono, in media, a 17 ore per paziente l’anno. In sofferenza la spesa per il personale, con conseguente invecchiamento dei professionisti del Ssn. Allarma il divario nord sud nelle condizioni di salute della popolazione. LE TABELLE, LA SINTESI DEL RAPPORTO.
04 DIC - Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) ha speso, nel 2016, 115,8 miliardi di euro, una cifra in crescita dell’1,1% sul 2015, ma che, tra il 2010 e il 2016, è aumentata in media dello 0,7% l’anno – un tasso inferiore a quello dell’inflazione. È uno dei dati emersi dal Rapporto Oasi 2017, presentato questa mattina all’Università Bocconi di Milano e di cui avevamo
anticipato alcuni contenuti nei giorni scorsi.
La spesa sanitaria, che nel 2010 costituiva il 24% della spesa di welfare pubblico, sei anni dopo è scesa al 21,9%, a favore della spesa assistenziale, passata dall’8 al 10%, mentre la spesa pensionistica rimane sostanzialmente stabile al 68%.
La spesa per il personale è diminuita di 6 punti tra il 2010 e il 2016, con la conseguente, allarmante crescita dell’età media degli operatori: il 52% dei medici dell’Ssn ha più di 55 anni, contro il 13% del Regno Unito, il 43% della Germania e il 46% della Francia. Nel complesso la spesa per beni e servizi (33,6% di quella totale) supera quella del personale (29,7%).
“Le fonti pubbliche - osservano i curatori del Rapporto, Francesco Longo e Alberto Ricci - coprono ancora il 95% della spesa ospedaliera, ma solo il 60% della spesa per prestazioni ambulatoriali e il 65% delle spese di assistenza di lungo termine nelle strutture residenziali”. E proprio il lungo termine e le cronicità si rivelano essere sempre più chiaramente il tallone d’Achille del sistema. I posti letto pubblici o privati per i non autosufficienti coprono meno del 10% del fabbisogno: 270.000 posti letto rispetto a 2,8 milioni di non autosufficienti. Le cure domiciliari sono, inoltre, largamente insufficienti a colmare il gap: si tratta, in media, di 17 ore per paziente preso in carico – ipotizzando pacchetti di due ore settimanali, l’intervento si riduce in poco più di due mesi.
Le soluzioni a cui ricorrono le famiglie sono il ricovero in regime di solvenza completa, l’impegno diretto nella cura del parente o il ricorso a una badante. “Tale meccanismo si regge grazie a una combinazione di equilibri sociali destinati a scomparire”, afferma Longo. Se oggi, infatti, il rapporto tra anziani e popolazione attiva è 35 a 100, nel 2065 sarà 60 a 100. Il sistema pensionistico ha, inoltre, tutelato i redditi medi degli anziani, rimasti pressoché invariati tra il 2006 e il 2014 mentre quelli dei giovani tra i 19 e i 34 anni sono diminuiti di 20 punti percentuali, ma il progressivo passaggio al sistema contributivo è destinato a ridurre anche i redditi da pensione.
Mentre il sistema è, da qualche anno, in equilibrio economico in tutta Italia, il Rapporto evidenzia un allarmante e permanente divario tra Nord e Sud del paese in tema di salute della popolazione. La speranza di vita in buona salute è di 60 anni al Nord e 56 al Sud, con un divario di ben 20 anni tra i due estremi: i 70 anni di Bolzano e i 50 della Calabria. Anche l’auto-percezione del proprio stato di salute da parte degli ammalati cronici solleva lo stesso campanello d’allarme: al Nord il 49,6% di loro si percepisce in buona salute, al Sud solo il 36,6%.
04 dicembre 2017
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