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Assistenza protesica e integrativa. Per ottenerla italiani rimpallati da un ufficio all’altro


Per ottenere l'autorizzazione all'assistenza protesica circa la metà dei cittadini che ne hanno bisogno si vedono "rimpallati da un ufficio all’altro",  costretti a compiere anche 10 spostamenti. La situazione è di gran lunga peggiore al Sud, dove il 70% dei cittadini è costretto al via vai prima di ottenere il riconoscimento del proprio diritto. A lanciare l’allarme il I Rapporto sull’assistenza protesica ed integrativa realizzato da Cittadinanzattiva con il sostegno di Assobiomedica.

15 LUG - Per avere a casa una carrozzina elettrica possono passare anche due mesi. Un cittadino può arrivare, dalla prescrizione al collaudo di un ausilio protesico, fino a 10 passaggi presso uffici e sedi della Asl o di ditte fornitrici. E ancora, per un ventilatore polmonare quasi 1 cittadino su 5 (18%) attende solo cinque giorni, ma all’estremo opposto sempre un 18% di pazienti aspetta oltre i 60 giorni.
Inoltre, per ottenere l'autorizzazione all'assistenza protesica, il 22% degli italiani è costretto a recarsi 3-4 volte presso gli uffici amministrativi della Asl o di altro ente. Se a questa quota si aggiunge un altro 22% di cittadini che si sono spostati ancora più volte (anche a 10), emerge “un quadro Per ottenere l'autorizzazione all'assistenza protesica, il 22% degli italiani è costretto a recarsi 3-4 volte presso gli uffici amministrativi della Asl o di altro ente. Se a questa quota si aggiunge un altro 22% che si è spostato ancora più volte (anche a 10), emerge “un quadro preoccupante di una metà circa di italiani ‘rimpallati’ da un ufficio all’altro prima di ottenere il riconoscimento del proprio diritto. Con il dato che sale fino al 70% per il Sud.

A lanciare l'allarme è il I Rapporto sull’assistenza protesica ed integrativa realizzato da Cittadinanzattiva con il sostegno di Assobiomedica. L’indagine è stata condotta dall’Agenzia di Valutazione Civica, struttura interna a Cittadinanzattiva che promuove e sviluppa iniziative di valutazione delle politiche e dei servizi pubblici dal punto di vista dei cittadini. I dati  provengono dalla compilazione di 212 questionari raccolti nei mesi di aprile e maggio 2011, grazie alla collaborazione di 12 Associazioni, di cui dieci afferenti al Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, e Aism e Aislec e riguardano altrettanti cittadini residenti in 17 Regioni, equamente distribuite tra le diverse aree geografiche del Paese. Il Rapporto è realizzato grazie al sostegno di Assobiomedica.

Dai risultati emerge che l’80% dei cittadini ha ricevuto informazioni sui requisiti per il diritto all’assistenza. Ma “è importante sottolineare che, ad oggi, ben 1 cittadino su 5 non è stato in grado di ottenere informazioni”, sottolinea Cittadinanzattiva. Inoltre, quasi la metà (48%) giudica almeno buona la qualità delle informazioni ricevute in merito ai requisiti necessari per accedere all’assistenza, ma nelle Regioni del Centro l’informazione sull’assistenza è considerata buona solo dal 30% degli intervistati, e il 28% la valuta pessima o scarsa.

Rilascio e rinnovo dell'autorizzazione: troppi passaggi soprattutto al Sud
Il numero di “passaggi” presso gli uffici amministrativi della ASL o di altro ente per ottenere l'autorizzazione all'assistenza fotografa una burocrazia ancora poco agile, autoreferenziale, che grava sui cittadini o sui loro familiari. Infatti, se prevale la quota di cittadini che per ottenere l’autorizzazione ha dovuto recarsi solo 1-2 volte presso uffici (40%), è presente un 22% che ha dovuto effettuare addirittura più di 4 passaggi. Se a questa quota si aggiungono coloro che si sono spostati 3-4 volte (22%), emerge un quadro preoccupante di una metà circa di rispondenti che si vedono “rimpallati” da un ufficio all’altro prima di ottenere il riconoscimento del proprio diritto. Con il Sud del Paese in cui questo dato sale fino al 70%.
Per veder rinnovata la fornitura, il 37% di cittadini ha dovuto recarsi da 2 a 4 volte presso diversi uffici per vedere rinnovato il proprio diritto: il dato rivela che, evidentemente, non dappertutto le procedure formali e burocratiche per tale pratica sono semplici.

Tempi e qualità incidono sui costi, a carico dei cittadini
Durante il periodo trascorso in attesa di ricevere l’autorizzazione, il 25% dei cittadini, complessivamente considerati, ha dovuto sostenere dei costi in proprio per acquistare o noleggiare i dispositivi di cui aveva bisogno tempestivamente, e per i quali non poteva attendere i tempi della burocrazia.
Ciò si verifica più spesso al Centro e le spese sostenute sono alle volte molto pesanti: si va dai 35 euro per il noleggio di una sedia a rotelle, ai 500 per un letto elettrico, sino ai 2200 Euro per un sollevatore per il bagno o addirittura 6000 per una carrozzina elettrica verticalizzante.
Inoltre, a causa della carenza di qualità dei dispositivi erogati, il 13% ha dovuto sostenere costi aggiuntivi a suo carico. Per i dispositivi con fornitura periodica, spesso è la quantità ad essere carente: in questo caso, il 24% dei cittadini ha dovuto accollarsi spese aggiuntive per integrarle.

La personalizzazione dell'assistenza
Il 71% dei cittadini ritiene che complessivamente l'assistenza nei propri confronti sia stata adeguatamente personalizzata da parte della Asl. Il dato, disaggregato per aree geografiche, mostra un’evidente differenza in positivo per il Nord-ovest, dove la percentuale sale al 77%.

Autorizzazione e consegna degli ausili: tempi troppo lunghi
Poco meno di un terzo dei cittadini (29%) attende complessivamente, dall’inizio dell’iter autorizzativo fino al momento della ricezione dei dispositivi, da 15 a 30 giorni e, la stessa quota di rispondenti, da 30 a 60.
Per alcuni dispositivi si aspetta troppo e si rischia di restare in ospedale, anche quando il cittadino potrebbe essere curato a casa. E’ il caso, ad esempio, dei ventilatori polmonari, per i quali 1 cittadino su 4 aspetta oltre 20 giorni per il rilascio dell’autorizzazione. Tra i dispositivi, la carrozzina elettrica è sicuramente quella per la quale si aspetta di più, sia per il rilascio di autorizzazione (il 48% aspetta oltre 20 giorni) che per la consegna definitiva (il 20% aspetta oltre 60 giorni e il 38% fra i 30 e i 60).

La libertà di scelta: solo sulla carta?
La maggior parte ritiene mediamente funzionali (79%) i dispositivi ricevuti; la
quota di coloro che li ritengono innovativi è del 12%, lievemente superiore a quella di chi li valuta, invece, obsoleti (9%).
Emerge che nel 13% dei casi sono stati erogati dispositivi diversi da quelli prescritti dal medico, percentuale lievemente maggiore di quella rilevata per l’assistenza protesica. Inoltre, casi di difetti di funzionamento dei dispositivi sono stati riscontrati dal 15% dei cittadini.
Tra coloro che hanno ricevuto dispositivi ritenuti non corrispondenti ai propri bisogni, il 32% ha richiesto alla Asl l’erogazione di una alternativa più adeguata alle proprie esigenze. Soltanto al 48% dei rispondenti è stata autorizzata l’erogazione del dispositivo alternativo richiesto, mentre per il 7% ciò è avvenuto parzialmente (avendo richiesto più di un dispositivo).
Tra coloro ai quali la Asl ha concesso l’autorizzazione, il 65% ha dovuto comunque integrare la differenza di prezzo.
Il 35% dei  cittadini ai quali invece è stata negata l’autorizzazione del dispositivo alternativo richiesto ha dovuto acquistare a proprio carico il dispositivo necessario.
“Dall'indagine – continua Cittadinanzattiva - emerge con chiarezza che il Servizio protesi e ausili delle ASL interviene con una mera finalità autorizzativa, a valle di una prescrizione emessa da uno specialista. Il servizio, in un certo senso, si limita ad ‘apporre un timbro’, ma con tempi e disagi notevoli per il cittadino”.

Il Nomenclatore poi, denuncia l’associazione dei pazienti, “è fermo al 1999 e quindi non è adattato né alle innovazioni tecnologiche né ai prezzi di mercato, con la conseguenza di non consentire facilmente l'autorizzabilità di prodotti nuovi o di prevedere tariffe inadeguate. Peraltro, gli stessi Piani Sanitari Regionali spesso dedicano poco spazio a questo tema, indicando mere azioni di contenimento dei costi, o riportando principi generali di miglioramento dell'assistenza che non trovano però concreta definizione di azioni e strumenti precisi, tranne in alcune Regioni più attente tra cui Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria”.

Per questo, secondo Cittadinanzattiva, si appella alle istituzioni per dare risposta ad alcune priorità fondamentali che ostacolano i bisogni dei cittadini e del sistema: rivedere il Nomenclatore e l’impostazione rigida della regolamentazione  del settore, con aggiornamento e monitoraggio dei Lea per l’assistenza protesica e integrativa; definire Linee guida vincolanti ed omogenee sul territorio nazionali per la regolamentare i percorsi di fornitura di protesi ed ausili; adottare una Carta della Qualità dell’assistenza protesica ed integrativa; diffondere le buone pratiche e promuovere l’integrazione.
 

15 luglio 2011
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