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Meno Stato e più mercato. Come sarà la sanità ai tempi di Trump

di Fabrizio Gianfrate

Addio Obamacare, addio maggiore copertura pubblica e migliore equità d’accesso. Rigettate dall’America del Tycoon.  Il neo presidente taglierà gli 85 miliardi l’anno (un decimo delle spese militari) voluti da Obama. Li userà per ridurre come promesso le tasse dal 39,6% al 33%, per le imprese dal 33% al 15%.

10 NOV - Addio, Obamacare, fugace illusione. Donald Trump “Briscola” (la traduzione) ti spazzerà via. La sanità pubblica USA è nemesi letale per chi la sostiene. Già nel 1993 l’”Hillarycare” fu brutalmente bocciata dal Congresso. Ora toccherà all’Obamacare. Promettiamo secondo speranze, manteniamo secondo paure, diceva La Rochefoucauld.
 
Addio maggiore copertura pubblica e migliore equità d’accesso. Rigettate dall’America del Tycoon. Taglierà gli 85 miliardi l’anno (un decimo delle spese militari) voluti da Obama. Li userà per ridurre come promesso le tasse dal 39,6% al 33%, per le imprese dal 33% al 15%.
 
Meno Stato più mercato, defiscalizzazione e curva di Laffer, liberismo e responsabilizzazione dell’individuo, dove il povero che accede ai servizi è uno scroccone delle tasse degli altri. Sono le ricette della “right wing” che ritroviamo nella sanità del neoeletto Presidente. Partendo dai numeri di oggi (tra parentesi il nostro SSN)
 
La sanità pubblica USA assorbe il 20% di tutta la spesa pubblica (noi il 14,7%), l’8,8% del PIL (da noi il 6,7%). Tutta la sanità, pubblica e privata, se ne succhia il 17,6% (noi il 9,5%). Nei prossimi anni era previsto un finanziamento della sanità pubblica del +8% l’anno (noi se va di lusso il 2%). È più pubblica (di sinistra) la tanto vituperata sanità yankee della nostra. Obama e Hillary, almeno rispetto ai nostri, sembrano quindi a sinistra del partito comunista di Ho-Chi-Minh.
 
Tuttavia, se ci affonda le forbici, “The Donald” rischia di penalizzare proprio i suoi elettori tipo, l’America povera e poco scolarizzata dei “rednecks” degli Appalachi, dei “bluecollars” operai della “Rust Belt”, le minoranze etniche degli “slums” urbani, tutti retrocessi per la crisi dalla “middle” alla “lower class”. Quelle fascie, se non già costituzionalmente, divenute per la crisi le più individualiste, “contro” l’establishment (la vera lotta di classe del 2000), del no all’immigrato, “haters” nei social e col fucile nel comò.
 
Che hanno guardato in tv i fan di Hillary, le star “dem” miliardarie del cinema e della musica, supportarla dai loro attici con vista su Central Park (che gli ha venduto Trump…) e così votato per il “Briscola”. Magari sarcastici come diceva Flaiano: “non sono di sinistra, non me lo posso permettere!”
 
Però saranno proprio quegli elettori tipo del tycoon i primi a soccombere socialmente dalle sue politiche liberiste e antistataliste, specialmente sulla sanità, bisogno primario per antonomasia, penalizzati dalla maggiore polarizzazione anti-redistributiva della ricchezza alla base della sua “vision” conservatrice, l’hobbesiano “homo homini lupus”. E pensare che la sanità pubblica allargata stava rilanciando proprio i consumi dei tanti in difficoltà che prima per pagarsi le cure lasciavano vuoti i carrelli di Wal Mart e Co. o riparavano la vecchia Ford anziché cambiarla.
 
Insomma, come sempre la sanità inevitabilmente al centro della partita tra Stato e mercato. Stavolta hanno vinto gli “animal spirits” (spauracchio di Keynes) sulle regole per domarli. O, come sosteneva Beck, per farseli pericolosamente amici, con l’occupazione e i soldi che portano in tempi di crisi.
 
Vincono in un canone inverso rispetto alla tradizionale divisione “marxista”, non più i ricchi per la destra e i poveri alla sinistra ma il contrario, un mondo capovolto, “the tail that wags the dog”, la coda che scodinzola il cane, dicono da quelle parti (del resto Trump ha preso in totale 200.000 voti in meno della Clinton: vince il meno votato!) Il “povero” che non chiede più al “ricco” giustizia sociale, ma lo vota perché lo faccia diventare come lui: l’individualismo ha spazzato la vetusta lotta di classe (Noi? Io!)
 
Allora “cos’è di destra, cos’è di sinistra” come cantava Gaber? Chiarisce la metafora del semaforo e della rotatoria: col primo si passa a turno tutti allo stesso modo e rispettando le regole: è di sinistra. Con la rotatoria chi s’infila per primo ha di diritto la precedenza: è di destra. E infatti sta rimpiazzando ovunque i semafori.
 
Se e quali conseguenze ci saranno sulla nostra sanità dal reflusso conservatore USA? Se là sternutano noi abbiamo 40 di febbre, e dato il permanere di tanti Nando Mericoni, direi che un po’ risentiremo del risucchio della scia. Accelerando il trend di spostamento sulla spesa privata già in atto e dettato dalla ristrettezza delle risorse pubbliche. Più out-of-pocket, assicurazioni, ticket, intramoenia, low cost, solvenza calmierata, ecc.
 
Con una condivisione di fondo: molti italiani sono ormai diventati come quell’”elettore tipo” di Trump: stesso individualismo un po’ reazionario, scarsa scolarizzazione, retrocessione da “classe media” a “povero”, “contro” la politica e l’immigrazione, i “vaffa” degli “haters” da tastiera, la “rust belt” padana e gli “slums” urbani (Scampia, Tor Bella Monaca, Zen, ecc.). C’è tutto. Manca giusto il fucile nel comò. Per ora.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria   

10 novembre 2016
© Riproduzione riservata


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