Rapporto Cittadinanzattiva sulle cronicità. Costi sempre più alti e servizi ridotti. Crescono denunce di sprechi e inefficienze
Dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità emerge un Ssn in affanno ancora lontano dal garantire un accesso ai servizi appropriato in tutte le Regioni. E i pazienti hanno un sogno: dirigenti sanitari nominati per merito, poter accedere agli esami e visite in tempi adeguati, poter prenotare gli esami in maniera semplice.
02 DIC - Sprechi e disservizi sanitari ormai sotto gli occhi di tutti e, nello stesso tempo, costi sempre più alti per i pazienti. Dal punto di vista dei servizi, i cittadini lamentano ritardi nella diagnosi, difficoltà ad accedere ad alcuni esami a causa del ticket, riduzione dei servizi soprattutto a livello ospedaliero e ambulatoriale. Pesano, inoltre, i problemi legati alla conciliazione della malattia con il lavoro, sia per il paziente che per la famiglia che l’assiste. È questo il quadro che emerge dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità, dal titolo “Servizio sanitario: pubblico accesso?” (
acquistabile on line sul sito di Cittadinanzattiva) presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva.
In una ipotetica scala, al primo posto per i pazienti affetti da patologie croniche e rare, si collocano tre desideri: dirigenti sanitari nominati per merito e non per politica; poter accedere agli esami e visite in tempi adeguati; non essere costretti a girare dieci uffici per avere una risposta e poter prenotare gli esami in maniera semplice e standardizzata.
Dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità emerge un Sistema sanitario nazionale in affanno, che si sta ripensando, ma che è ancora lontano dal garantire l’accesso a servizi appropriati in tutte le Regioni. Intanto i costi privati per l’assistenza aumentano, 9704 euro in media l’anno per la badante, 17.435 euro per la retta di una struttura residenziale o semiresidenziale, 1233 euro per le spese di viaggio per cura, quasi altrettanti (1029 euro) per l’alloggio, 737 euro per l’acquisto di farmaci e così via. I sacrifici richiesti attraverso la maggiore contribuzione non sono, in molti casi, ripagati dall’assistenza fornita; se pensiamo ad esempio all’assistenza domiciliare erogata in media da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, per massimo 4 giorni a settimana.
Oltre il 60% delle associazioni aderenti al CnAMC dichiara di aver subito disservizi, legate in gran parte alle difficoltà di individuare il Centro di cura e alla riduzione delle attività ambulatoriali.
Tipologia di disservizi maggiormente riscontrati
- Difficoltà ad individuare il centro di cura 64,5%
- Riduzione delle ore di attività ambulatoriale 51,6%
- Chiusura del reparto dove venivano effettuate le terapie 29%
- Riduzione delle ore del servizio a domicilio 25,8%
- Chiusura dell’Ospedale locale 22,6%
- Chiusura di un servizio a domicilio 12,9%
La sensazione generale è che gli sprechi la facciano da padrone: nel 2013 il 77% delle associazioni dichiara di averne riscontrato, innanzitutto determinati dalla burocrazia inutile (80%), dalla cattiva gestione delle risorse umane (66,7%), dalla organizzazione inefficiente dei servizi (50%).
Ambiti in cui si rilevano maggiori sprechi
- Burocrazia inutile 80%
- Personale 66,7%
- Org. Inefficiente dei servizi 50%
- Strutture inutilizzate 36,7%
- Assenza valutazione 33,3%
- Uso improprio risorse 33,3%
- Gare di appalto 30%
- Ricovero inappropriato 26,7%
- Mancata informatizzazione 26,7%
- Allocazione risorse 26,7%
- Nomine 20%
- Acquisti inutilizzati 20%
- Mobilità sanitaria 16,7%
- Mancato accesso documentazione 16,7%
- Condizione/manutenzione strutture 13,3%
- Farmaci 10%
Nel contempo, aumentano rispetto al 2012 i costi sostenuti privatamente dai cittadini non solo per curarsi ma anche per migliorare, seppur parzialmente, la propria qualità di vita (vedi adattamento dell’abitazione e supporto psicologico).
Spese medie annuali a carico del paziente |
2012 |
2013 |
Badante |
9.082 |
9.700 |
Retta residente assist. |
7.390 |
17.434 |
Adattamento abitazione |
3.711 |
9.440 |
Prevenzione terziaria |
1.585 |
2.000 |
Supporto psicologico |
1.247 |
1.792 |
Parafarmaci |
901 |
1.045 |
Dispos. Med. |
737 |
750 |
Farmaci non rimborsati |
650 |
737 |
Visite e esami intramoenia o privato |
Oltre 600 |
580 |
Protesi ed ausili |
537 |
838 |
Piovono così le rinunce, determinate dagli alti costi, come denuncia l’80% delle associazioni: il 53% dice di rinunciare alla riabilitazione; il 47% all’assistenza psicologica, il 44% ai parafarmaci, il 41% ai farmaci non rimborsati, il 35% all’assistenza domiciliare, il 29% alla badante, il 26,5% alle cure odontoiatriche, il 17,6% ad andare in strutture residenziali e semiresidenziali, il 14,7% all’assistenza protesica ed integrativa.
“Siamo in presenza di un Servizio Sanitario Nazionale che, per garantire la tenuta dei conti e l’equilibrio di bilancio, sembra aver perso di vista il suo obiettivo principale cioè quello di garantire la salute dei cittadini, arrivando persino a privilegiare l’appropriatezza economico-amministrativa a discapito di quella clinica”, afferma
Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.
Le difficoltà legate alla conciliazione fra malattia e lavoro
La prima difficoltà espressa dalle famiglie delle Associazioni coinvolte nella rilevazione (73,8%) è conciliare l’orario di lavoro e assistenza. Un ulteriore peso è rappresentato dalla necessità di spostarsi fuori regione (69%) il cui costo medio durante l’anno è di 1233 euro e la tanto odiata burocrazia (57,14%). Nonostante i tentativi di nascondere la propria patologia (58,5%), di eseguire un lavoro troppo pesante (43,9%) e non prendere permessi di cura (29,3%) un’Associazione su due ha ricevuto segnalazioni di licenziamenti a causa della propria patologia.
La prevenzione
Oltre il 50% delle associazioni sostiene che le campagne di prevenzione sono sporadiche e non hanno seguito e, inoltre, il 44% ritiene che le stesse non coinvolgono a sufficienza medici e pediatri di famiglia. Per quanto riguarda la prevenzione terziaria, l’ostacolo principale è rappresentato dalla mancanza di formazione del paziente e dei care giver (51,7%).
Diagnosi
Il 90,7% delle Associazioni registra ritardi diagnostici, dovuti alla sottovalutazione dei sintomi o impreparazione nel comprenderli da parte dei Medici di Medicina Generale (78,9%), alla complessità della diagnosi e difficoltà nel trovare il centro o lo specialista di riferimento (50%) o ancora all’inadeguatezza degli esami diagnostici prescritti (36,8%).
Assistenza domiciliare
L’assistenza domiciliare è estremamente variabile: si va da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, e per non più di 4 giorni a settimana. Le regioni in cui va peggio sono quelle del centro sud, ma anche le Isole. Inoltre, sono spesso assenti alcune figure professionali importanti come lo psicologo per il 73,1%, il fisioterapista (57,7%), l’infermiere (34,6%) e lo specialista (30,8%).
Ticket ed esenzione
Il 37,8% di Associazioni dichiara di avere avuto difficoltà di accedere ad esami diagnostici a causa del ticket, non tutti gli esami necessari per il controllo della patologia sono coperti dall’esenzione (34,5%), mentre ve ne sono altri per cui esiste l’esenzione ma che ormai sono superati da esami più innovativi (12,9%).
Farmaci
Il 36,7% segnala l’interruzione della terapia farmacologica, determinata per oltre il 70% dei casi da problemi di budget dell’Ospedale o della ASL . In un caso su due si verifica un problema di aderenza alla terapia, generato dalla difficoltà di ricordare la posologia (60%) o dagli effetti avversi (44,4%). Altro motivo di rinuncia è la difficoltà di farsi prescrivere il farmaco su ricetta rossa 27,8% (lo specialista ed il medico di famiglia si rimpallano la responsabilità).
Invalidità
Crescono nel 2013 le difficoltà ad accedere all’assegno di invalidità (+12%). In particolare, i pazienti sono costretti a subire valutazioni variabili, eseguite in molti casi con estrema superficialità da chi non ha una reale conoscenza della patologia e con una conseguente sottovalutazione della situazione.
Per quanto riguarda l’handicap permane la difficoltà ad usufruire dei tre giorni di permesso retribuiti (53,1%) o del congedo di due anni (35,5%) per una mancanza di volontà del datore di lavoro o a causa della tipologia di contratto, che nella sua “atipicità” non consente di usufruirne.
02 dicembre 2014
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