Salute delle donne. Cresce l’aspettativa di vita femminile, ma gli uomini riducono il gap
Le donne vivono in media 84,5 anni contro i 79,4 degli uomini, ma dal 2009 al 2011 la speranza di vita degli uomini aumenta di 8,5 mesi contro i 6 delle donne. Così la IV edizione del Libro bianco sulla salute della donna realizzato da O.N.Da. Serve più attenzione alla medicina di genere anche per ridurre i costi sanitari.
10 DIC - Lo stato di salute delle donne italiane? Complessivamente buono, sono infatti sempre più longeve e vivono in media 5 anni più degli uomini (84,5 vs 79,4). Ma guai ad abbassare la guardia. Il divario in termini di sopravvivenza rispetto agli uomini si sta riducendo: se la speranza di vita dal 2007 al 2011 per gli uomini è aumentata di 8,5 mesi, quella della donne rallenta a corsa e si ferma a 6 mesi. Inoltre le donne pagano anche un prezzo alto per il loro benessere. Consumano molto più farmaci dei maschi (42,92% vs. 34,31%) e sviluppano una maggiore incidenza di patologie cronico degenerative come demenza e artrosi. E più spesso degli uomini si trovano combattere contro il tumore, soprattutto nel Nord Italia.
A scattare la fotografia dello stato di salute delle donne italiane è la IV edizione del Libro bianco di O.N.Da, realizzato grazie al contributo di Farmindustria e presentato oggi a Roma in occasione di una conferenza stampa da alcune fra le massime autorità in tema di salute femminile e della ricerca medico scientifica.
“Il quadro che emerge dal volume evidenzia una condizione di benessere fisico complessivamente buona della popolazione femminile – ha dichiarato
Francesca Merzagora, Presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) – ma rileva l’urgenza sia di promuovere campagne preventive più mirate e politiche socio-sanitarie in grado di assicurare il mantenimento e il miglioramento delle generali condizioni di salute, sia di favorire il potenziamento e/o l’adeguamento dell’offerta dei servizi, spesso insufficienti e poco rispondenti alle esigenze dell’utenza”.
Criticità. Il Libro bianco conferma, infatti, alcune situazioni di criticità: la quota di consumo di farmaci è significativamente più alta rispetto agli uomini; il tasso di fecondità totale resta inferiore al livello di sostituzione che garantirebbe il ricambio generazionale; l’incidenza della povertà assoluta riferita alle famiglie è in aumento così come sono in aumento le condizioni di sovrappeso e obesità anche perché in generale le donne sono più pigre degli uomini. E ancora, il tasso di ospedalizzazione per disturbi psichici da abuso di droghe è in crescita e per il ricorso al taglio Cesareo non si è ancora evidenziata un’indicativa inversione di tendenza.
Differenze regionali. L’universo femminile sconta anche le differenze regionali. E sì, perché nascere al Nord o al Sud può fare la differenza in termine di offerta del benessere, accessibilità e appropriatezza dei servizi. Spesso il meridione e le isole si trovano in netto svantaggio rispetto al Centro e al Nord, tuttavia si registra un incremento dell’incidenza e della prevalenza di tutti i tumori maligni nelle donne con una differenza Nord-Sud a svantaggio del Settentrione, anche se il tasso standardizzato di mortalità è quasi doppio per gli uomini (35,60 vs 19,39 per 100mila abitanti).
I dati in sintesi.Dalla comparazione dei tassi di ospedalizzazione non emergono differenze significative tra uomini e donne, mentre i livelli di consumo di farmaci risultano più elevati per la popolazione femminile (42,92% vs. 34,31%), registrandosi tuttavia una modesta contrazione rispetto al 2009 (44,62%).
La prevenzione oncologica si è molto sviluppata nell’ambito degli screening organizzati ed è migliorata su tutto il territorio nazionale, anche se persiste una differenza tra macro-aree geografiche. In particolare, per quanto riguarda la vaccinazione anti-Papilloma virus, la copertura raggiunta risulta ancora disomogenea e ben lontana dagli obiettivi prefissati.
I numeri sulle malattie ischemiche confermano le marcate differenze di genere, con tassi di ospedalizzazione più che doppi negli uomini rispetto alle donne (961,7 vs 341,1 per 100.000 abitanti). Nell’ambito della salute mentale, il tasso di ospedalizzazione per i disturbi psichici da abuso di droghe è maggiore per gli uomini ma si registra un aumento tra il genere femminile, in particolare nella fascia di età 45-54 anni.
In tema di salute materno-infantile, permane un’alta percentuale di tagli cesarei (38,71%), con un range che varia da un minimo del 23,99% in Friuli Venezia Giulia a un massimo del 61,72% in Campania, mentre i punti nascita sono diminuiti, così come il numero di strutture con TIN (Terapia Intensiva Neonatale), che eseguono meno di 800 parti /anno; rimane ancora molto lavoro da fare per riorganizzare la rete assistenziale secondo le linee di azione tracciate dal Programma Nazionale, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni del 2011.
“Alla luce di tali evidenze – ha quindi sottolineato Merzagora – è indispensabile una programmazione che consenta di allineare l’offerta dei servizi sanitari e le modalità operative delle strutture e che operi a supporto delle scelte decisorie di razionalizzazione delle risorse in modo consapevole e ragionato. D’altro canto, la grave situazione in cui versa oggi il bilancio dello Stato italiano richiede rigore nei conti pubblici, ma induce a valutare, in un settore delicato e cruciale come quello sanitario, anche le possibili ripercussioni sulla salute pubblica”.
E molto può fare anche l’industria farmaceutica che come ha sottolineato
Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria “è sempre più impegnata per favorire la medicina di genere, correttamente intesa e promossa”. “Nel mondo si contano oggi più di 850 farmaci in sviluppo per le malattie che colpiscono il genere femminile – ha detto Saccabarozzi – e anche in Italia cresce il numero degli studi clinici che coinvolgono solo donne, la maggior parte dei quali (oltre il 64%) nell’area oncologica. Dati che testimoniano l’impegno del settore, ma non ci inducono ad accontentarci. È una sfida che gli imprenditori del farmaco raccolgono volentieri facendo leva sul lavoro fondamentale delle tante donne che popolano le imprese farmaceutiche: oltre il 40% degli addetti e più del 50% dei ricercatori”.
10 dicembre 2013
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