L'Oms, tra privatizzazione strisciante e paralisi burocratica. Il tramonto di un gigante
Un rischio reale. Almeno secondo l'Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (Oisg) che ieri ha presentato il suo quinto rapporto. L'Oms ha bisogno di una profonda riforma in grado di farla emergere da una crisi che non è solo finanziaria ma anche strutturale. La prefazione al volume.
19 LUG - L'Oms è in pericolo, e con essa la salute globale. I pericoli che mettono a repentaglio il futuro dell'Organizzazione sono l'eccessiva burocratizzazione, le inefficienze e il fatto che il suo bilancio regolare, oltre ad essere congelato dal 1985, è costituito per circa il 20% da contributi erogati dagli stati membri e per il restante l'80% da fondi extra, discussi bilateralmente quindi spesso vincolanti.
L'Organizzazione mondiale della sanità va quindi riformata. E da due anni è infatti impegnata in un percorso esigente che può ridefinire il ruolo dell'Agenzia nell'ambito della salute globale e ridisegnare il modo in cui essa è governata, gestita e finanziata.
I rischi di un silenzioso processo di privatizzazione dell'Oms e gli orientamenti del suo processo di riforma sono i temi al centro del 5° rapporto dell'Osservatorio italiano sulla salute globale dal titolo: “OMS e diritto alla salute: quale futuro?”, presentato ieri pomeriggio alla Camera dei Deputati.
Il rapporto evidenzia i rischi e la rilevanza del processo in corso per la riforma dell'Organizzazione, unica istituzione intergovernativa con il compito di conseguire il più alto livello di salute per la popolazione del mondo.
Nel corso della presentazione del rapporto, più di un intervento ha sottolineato con forza che l'Oms deve cambiare. Deve mettere mano alla lentezza della sua burocrazia e alle sue inefficienze ma, non essendo un organismo autonomo ma la risultante di 194 Paesi membri, dobbiamo renderci conto che non è facile. O, per dirla con
Daniel Lopez Acuna, membro dell'ufficio del Direttore generale dell'Oms che ha citato un passaggio del Don Chisciotte, “non si può pretendere che il cavaliere vada più veloce del suo cavallo”.
Il processo di riforma, ha spiegato il vice direttore dell'Oisg,
Edoardo Missoni, deve riguardare sia “la governance, che il management ma anche la gestione finanziaria”. Questa crisi di gestione interna associata da anni, si legge nel rapporto, alla perdita di controllo sulle proprie finanze, è talmente grave da mettere a dura prova l'ordinaria operatività dell'agenzia, oggi per lo più in balia degli umori dei donatori.
L'Agenzia è anche in crisi di identità, una crisi generata dal fatto che nuovi attori influenti si sono venuti ad affacciare sulla scena della salute globale. In particolare, ha spiegato Lopez Acuna “da parte dei paesi membri si è creduto che una maggiore apertura fosse sinonimo di democraticità, ma questo ha fatto sì che l'organizzazione si paralizzasse”.
Come riferisce il rapporto “il diritto alla salute non vive da solo ma si nutre del diritto al lavoro, del diritto alla libertà, del diritto al credito, del diritto ad una vita dignitosa. Le politiche devono intersecarsi e cooperare a questo scopo”. C’è dunque la necessità di una “governance globale per la salute in grado di promuovere il benessere generale con uno sguardo rivolto al diritto a un assistenza sanitaria legata a doppio filo allo sviluppo e alla giustizia sociale”.
Insomma per dirla con le parole di
Nicoletta Dentico, presidente dell’Osservatorio italiano sulla salute globale, l’Oms “deve tornare ad essere l’autorità che guida le politiche pubbliche in materia di salute. E i paesi membri non possono, quando discutono di queste tematiche, dissociarsi dall’Organizzazione”.
Di politiche sanitarie nazionali è stata chiamata ad intervenire la senatrice del Pd
Nerina Dirindin, membro della XII Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama. Per Dirindin in questo momento “nel nostro Paese c’è un grande deficit culturale per quanto riguarda le politiche della salute. Ma più in generale la salute non è più una priorità in molti paesi dell’Europa”. Il diritto alla salute ha aggiunto Dirindin “in quanto tale è un concetto utopistico, io preferisco parlare di diritto alla tutela della salute”. È vero, ha aggiunto la senatrice, “le risorse sono poche e le restrizioni e i tagli sono stati fatti, ma la sfida ora è governare il sovra-consumo e garantire una risposta dove c’è il sotto-consumo. Questa – ha concluso Dirindin – è una grande battaglia culturale”.
19 luglio 2013
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