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La sanità tra continuità e cambiamento

di Roberto Polillo

Dalla continuità delle cura al “contratto unico” per la sanità. Ma anche E-referral  per abbattere le liste d’attesa e un nuovo sistema di valutazione delle strutture e dei professionisti. Ecco come ripensare la sanità attorno al cittadino superando la staticità delle vecchie ricette

11 LUG - Il  campo istituzionale sanitario, attraversato da una crisi di prospettiva sintonica con il quadro generale,  vive una situazione di profonda “instabilità”.  Urge un cambiamento (come più volte richiamato dal Ministro Lorenzin),  ma  di tale cambio di passo manca la  declinazione e il dibattito vive una condizione di stasi in cui le idee presenti vagano, prive di forza propulsiva. Il dibattito infatti resta compresso in due modelli paradigmatici,  solo apparentemente antinomici, e di nessuna utilità perché ormai irrimediabilmente obsoleti.
 
Da un lato si collocano i fautori ad oltranza della  “modernizzazione aziendalistica”  (un modello introdotto negli anni ’90 con il D.Lgs 502/517 e miseramente fallito in 2/3 del paese) in base alla quale solo un efficientamento del management gestionale, la parità pubblico/privato  e una diversificazione nella raccolta delle risorse (fondi integrativi), potrà introdurre i cambiamenti necessari. Dall’altro si collocano i fautori del neocorporativismo (in primis ordini professionali, collegi e sindacati professionali)  in base al quale la uscita dalla crisi è possibile solo attraverso una traslazione di potere dal management ai professionisti della salute e che ora possono contare su  una significativa rappresentanza in Parlamento dove siedono i presidenti della Fnomceo e dell’Ipasvi.   
 
In questo vecchio e stanco refrain che oppone aziendalisti (spesso solo a parole) e corporativismi (prevalentemente interessati all’auto-promozione professionale) quello che manca totalmente è una reale prospettiva di cambiamento e di innovazione . Un cambio di paradigma che è possibile solo a partire dalla inclusione nel gioco di un terzo soggetto, il paziente, di cui non c’è traccia nel dibattito. La nostra convinzione è infatti che per far uscire il Ssn dalla crisi che lo stringe (bassa qualità e scarsa efficienza economica) è indispensabile ridefinire il sistema e la sua organizzazione proprio in funzione dei  bisogni  e delle necessità dei pazienti, oggi pesantemente trascurati, e non di quelli dei diversi professionisti che vi operano. E questo non semplicemente per una scelta di campo (parziale e soggettiva) ma perché solo questa diversa prospettiva è in grado di modificare una organizzazione del lavoro segnata dal tempo.
 
E allora per non cadere nel solito esercizio di retorica proviamo a delineare alcuni principi di un nuovo modello organizzativo in cui effettivamente il paziente possa trovare collocazione al centro del sistema e in cui la sua voce sia finalmente udibile in modo forte e chiaro nelle diverse fasi della programmazione dei servizi e nel processo di valutazione dei risultati e degli stessi professionisti.
 
Continuità delle cure e modello distribuito dei servizi.
Al primo posto metterei la continuità delle cure: questa è possibile solo se in ogni ambito territoriale (di dimensioni adeguate e opportunamente calibrate)  l’ospedale di riferimento è fortemente integrato con il sistema di cure primarie. Per fare questo sono indispensabili due strumenti: budget  condiviso tra ospedale e territorio e modello distribuito dei servizi (tramite specifico piano regolatore secondo standard fissati in ambito regionale).
Un unico  budget  con obbligo di pareggio di bilancio appaiato al rispetto di uno specifico piano regolatore dei servizi di base avrebbe come effetto  quello di costringere la dirigenza a una pianificazione dei servizi e delle linee di attività sanitaria senza pregiudizi rispetto al luogo dove collocarle, ma puntando da subito alla realizzazione di economie di scale per le alte tecnologie e di capillare distribuzione di centri integrati per le cure primarie.
 
L’obiettivo è duplice: da un lato riservare all’ospedale solo la gestione delle acuzie e della alte complessità assistenziali,  adottando una sua organizzazione interna basata non più sulla divisione rigida degli spazi tra le diverse unità operative ma sulla diversa intensità di cura dei pazienti ricoverati. E quindi facendo ruotare intorno al paziente i diversi professionisti e non più l’inverso come accade oggi. Dall’altro di riservare  al territorio tutto il resto dell’assistenza e in modo particolare la gestione delle patologie croniche, oggi prevalenti (Chronic care model), promuovendo fortemente ADI, ospedalizzazione domiciliare e soprattutto programmi pro-attivi di promozione della salute (alimentazione, esercizio fisico, stili di vita). Un unico budget di area obbligherebbe tutti a scegliere le soluzioni più razionali e meno costose  superando quegli steccati che inevitabilmente si ergono quando i mondi sono separati e in cui ciascuno cerca  di massimizzare le risorse disponibili indipendentemente dalla loro reale utilità  
 
Il sistema di valutazione delle strutture e dei professionisti.
Profondamente diverso dall’attuale dovrebbe essere il sistema di valutazione, delle  performances delle strutture e dei professionisti. Un sistema non più esclusivamente basato su dati quantitativi (il numero di ricoveri, il numero di visite effettuate, il numero di esami strumentali senza alcuna attenzione alla loro utilità reale) ma su dati qualitativi che si concentrano su specifici indicatori di appropriatezza, de-ospedalizzazione,  abbattimento dei ricoveri inutili,  continuità dell’assistenza  e soprattutto sulla implementazione e sul rispetto dei protocolli per la prevenzione e gestione delle malattie croniche
 
Il Contratto unico per tutti i professionisti della  salute.
In un nuovo assetto organizzativo altrettanto indispensabile  è la definizione di un Contratto unico di tutti i professionisti sanitari con il superamento delle diverse convenzioni (Medicina generale e specialistica ambulatoriale) e della nuova generazione di contratti atipici e precari. Questo significherebbe  cambiare radicalmente la vecchia organizzazione del lavoro, introducendo condivisone degli obiettivi da parte di tutti i professionisti della stessa area,   miglior utilizzo della risorsa umana, possibilità di rotazione tra ospedale e cure primarie al fine di integrare e potenziare le proprie conoscenze,  costituzione di  team multiprofessionali misti tra ospedale e territorio che operano per obiettivi assistenziali complessivi superando così l’attuale condizione di isolamento, separazione e mancata integrazione professionale. Anche in questo caso diverso il sistema di valutazione con il superamento degli aspetti quantitativi e la valorizzazione del rispetto dei protocolli e laddove possibile dei  risultati di salute ottenuti (controllo metabolico dei pazienti con diabete e malattia metabolica; numero di riacutizzazioni dei pazienti affetti da BPCO,  numero di ricoveri dei pazienti con scompenso cardiaco cronico, etc.).
 
E-referral per l’abbattimento delle liste di attesa e la comunicazione tra professionisti.
In tale modello organizzativo un ruolo importante può svolgere un innovativo sistema di prenotazione delle visite specialistiche e di comunicazione interprofessionale adottato nel 2005, dall’Ospedale Generale di San Francisco (SFGH) e chiamato e-referral. (Alice Hm Chen, M.D., M.P.H., Elizabeth J. Murphy, M.D., D.Phil., and Hal F.Yee, Jr., M.D., Ph.D. NEJM 27 giugno 2013). Questa modalità di prenotazione e di collaborazione tra medici di assistenza primaria e specialisti è stato inizialmente introdotto al fine di abbattere i lunghissimi tempi di attesa per la specialità di gastroenterologia   e successivamente, visti gli ottimi risultati, è stata  estesa a 40 servizi dello stesso ospedale. E-referral è l’apertura di un canale diretto di comunicazione tra medico di medicina generale e specialista o tra specialisti di branche diverse nel caso in cui si richieda una visita specialistica. La richiesta viene inoltrata tramite web allo specialista di turno incaricato del servizio, che non solo valuta l’appropriatezza della richiesta medesima ed eventualmente chiede ulteriori informazioni, ma fornisce anche una prima consulenza spesso risolutiva o in caso di urgenza attiva le procedure previste. Questo cambio di prospettiva dall’accesso alla visita specialistica all’accesso alla expertise dello specialista ha avuto conseguenze importanti sulla organizzazione del servizio che il New England Journal of Medicine così illustra:
 
Primo, la cogestione virtuale della cura per alcuni pazienti riduce la richiesta di visite cliniche, che si traduce in minori tempi di attesa per i pazienti che necessitano di una visita. Nelle prime nove cliniche mediche che hanno adottato eReferral, la media del tempo di attesa per una visita di consulenza iniziale è sceso da 112 ± 74 giorni a 49 ± 27 giorni (p = 0.02) in 1 anno. Inoltre indicazioni prima delle visite fornite attraverso eReferral, rendono le visite programmate più efficaci garantendo che vi sia una ragione chiara per il rinvio e una valutazione preconsultiva completa. In base ad una indagine svolta tra gli specialisti, pre e post-adozione dello strumento eReferral, la percentuale di rinvii fatti senza una chiara domanda di consulenza è diminuita rispettivamente del 44% e del 75% nelle specialità medica e di chirurgia clinica.
Secondo, eReferral formalizza il "curbside consult" (consulenza al bordo della strada, un processo informale in cui un medico riceve informazioni o consigli da un altro medico relativamente ad un paziente) in una modalità che affronta alcune limitazioni, quali dati incompleti e assenza di documentazione dell’avvenuta interazione, mentre preserva vantaggi come la risposta rapida, la formazione basata sui casi, la costruzione dei rapporti tra medici di base e specialisti, l’identificazione di casi che richiedono la consulenza formale, la comodità del paziente e la riduzione dei costi associati all’avere evitato un visita inappropriata. La natura asincrona del dialogo permette a medici di base e specialisti recensori una maggiore flessibilità rispetto alle chiamate telefoniche tradizionali, la documentazione scritta, o le conversazioni sul corridoio.
Terzo, il sistema evita la questione controversa se un particolare rinvio è appropriato. Invece, noi concentriamo i nostri sforzi al fine di assicurare che il paziente riceva l’assistenza necessaria tempestivamente. A livello di sistema di consegna, abbiamo utilizzato eReferral per individuare sistematicamente i gap di conoscenza, al fine di fornire una formazione mirata sulle condizioni per le quali i pazienti sono comunemente inviati agli specialisti, che può essere gestito nelle cure primarie. Nel complesso, riteniamo che il modello eReferral abbia la capacità di trasformare l’interfaccia di cura primaria-specialistica, attraverso il superamento della dipendenza stretta della cura basata sulla visita. Si rafforza il modello della cura centrata sul paziente (medical home) a supporto dei medici di base nel fornire cure longitudinali per una più ampia gamma di condizioni e nel ridurre la frammentazione di cura senza imporre ai medici di base la difficile posizione di "guardiani". Inoltre incentiva a promuovere o scoraggiare il ricorso a visite cliniche. Anche se si riscontra una ampia variazione tra i servizi, in termini di media gli specialisti recensori impegnano circa otto minuti per eReferral. La maggior parte delle cliniche hanno uno o due specialisti recensori dedicati, ciò per contribuire a garantire che l’esperienza dei fornitori di riferimento sia coerente con ciascun servizio della clinica. I recensori maggiormente valutati definiscono il loro ruolo quello di fornire ai medici di base, sostegno e formazione basata sui casi. (Traduzione dall’inglese di Giada Polillo)
 
Una esperienza dunque di grande importanza che modifica in modo sostanziale i modelli interazionali tra professionisti e che riduce i tempi di attesa delle prestazioni agendo solo sul fronte sul fronte della appropriatezza.
E-referralè la dimostrazione di come l’ efficienza economica non sia necessariamente in contrasto con la qualità del servizio se si decide di incidere sulla organizzazione del lavoro in modo innovativo ed intelligente 
 
 
La partecipazione di cittadini.
In un sistema sanitario centrato sul paziente, i cittadini e le loro rappresentanze devono essere coinvolti in ciascuna delle fasi in cui si articola il processo decisionale in sanità. Dalla presentazione del piano regolatore dei servizi che deve essere discusso pubblicamente e condiviso,  alla valutazione degli esiti di salute sulla popolazione di riferimento. L’espressione del parere da parte dei cittadini deve diventare uno degli elementi vincolanti e deve essere esteso anche alla valutazione delle singole unità operative e dei professionisti che ne fanno parte per quanto  riguarda la qualità del rapporto medico-paziente e il livello di umanizzazione delle cure
 
I protagonisti  del cambiamento. 
La sanità  deve essere considerata un campo organizzativo in cui i diversi attori sociali (amministratori, professionisti, pazienti, erogatori privati) cercano di raggiungere una posizione  di leadership e in cui il modello organizzativo è funzionale al mantenimento e al rafforzamento di tale rapporto. Si tratta dunque di un campo di interessi conflittuali  in cui  i diversi attori sviluppano strategie e comportamenti finalizzati a massimizzare le proprie utilità. L’organizzazione complessiva del servizio è dunque il rovescio di una medaglia incisa con i vessilli degli stakeholders. Cambiare è un’operazione complessa in cui è necessario  il superamento di vecchi equilibri per costituirne altri più avanzati. Cambiare è dunque portare alla ribalta soggetti  precedentemente tenuti ai margini perché solo la affermazione di nuovi valori è in grado di declinare  nuovi modelli organizzativi. 
 
Roberto Polillo

11 luglio 2013
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