Dialogo ravvicinato tra un “universalista” e un “integralista”
di Ivan Cavicchi
A Perugia Federmanager ha organizzato un convegno su universalismo e diritti dei cittadini. A me è stato chiesto di spiegare le ragioni dell’universalismo sanitario e al presidente del Fasi quelle dei fondi integrativi. Ecco cosa ci siamo detti
19 GIU - E’ passata sotto silenzio ma la notizia c’era: gli integrazionisti e gli universalisti si sono incontrati pubblicamente, sindacati confederali presenti, per confrontarsi. A Perugia Federmanager ha organizzato un convegno “Universalismo e diritti dei cittadini: le possibili sinergie tra sanità pubblica e sanità integrata”. A me è stato chiesto di spiegare le ragioni dell’universalismo e a Stefano Cuzzilla, presidente del Fasi (fondo assistenza sanitaria integrativa per i dirigenti delle aziende di beni e servizi) quelle dei fondi integrativi.
Mai successo. Una lezione per la politica che sul conflitto tra mutue integrative e universalismo fa il pesce in barile e lascia che la situazione marcisca tra una forte pressione lobbistica e un fronte ampio di cittadini, lavoratori, disoccupati, precari, pensionati, pronti a colpire con altre disconferme elettorali. Oggi contrapporre interessi a diritti è politicamente pericoloso. E non vorrei sbagliarmi ma la ministra Lorenzin lo ha capito.
Vi è gente che, come dice Hume, ad un graffio del proprio dito preferisce il crollo del mondo, ma oggi il mondo è crollato e il problema della politica è come ricostruirlo. Meglio non fare pasticci e meno che mai evitare forzature. Si dovrebbe chiarire una volta per tutte che cosa effettivamente vogliono gli integrazionisti. Hanno già una legislazione di supporto (art 9/229), intendono per caso modificarla? Allargare gli ambiti della sua applicazione? Ridiscutere la funzione integrativa? Che cosa intendono in concreto con “secondo pilastro”? E concretamente quali i rapporti tra il secondo e il primo?
Ci sarebbe anche da chiarire a quanto ammonterebbe per lo Stato il costo degli sgravi fiscali, per le aziende l’onere per il costo del lavoro e per i fortunati lavoratori mutualizzati il loro costo salariale, quindi i costi di intermediazione con allegati costi di transazione. Quanto costa la mutualità integrativa e chi paga? La storiella che essa sia un grande affare perché a costo zero…è una storiella. No profit non significa no cost. La spesa sanitaria dovrà calare e “fatalmente” entrerà in competizione con il costo della defiscalizzazione. Non credo sia facile rifinanziare il Fsn e gli sgravi fiscali . E forse non lo è neanche appesantire il costo del lavoro con ulteriori oneri.
E allora che si fa? L’universalismo protegge masse di persone dai costi della crisi, ridimensionarlo è un grosso rischio sociale. Milioni di persone non hanno gli occhi per piangere. Dovremmo finirla di confondere integratività con sostitutività, di speculare sul ridimensionamento dei Lea per vicariare lo Stato, e di mentire sull’incompatibilità tra universalismo e sostenibilità.
Perugia ci ha insegnato che forse è meglio discutere onestamente: siamo nel post welfarismo, abbiamo bisogno di cambiare e di “sinergie”, abbiamo un sistema pubblico bello come il sole ma che fa acqua da tutte le parti e che produce suo malgrado tante ingiustizie. Federmanager ci ha offerto una occasione in cui evitare di contrapporre interessi e diritti perché più che mai oggi non serve contrapporre welfare ad economia. Perché la politica non segue questo esempio?
Essa proprio come a Perugia dovrebbe favorire la discussione su terreni comuni: ben venga un welfare delle “sinergie” ma quale teoria di giustizia? Non avrei nessun problema a ridiscutere tanto le forme storiche di universalismo quanto quelle del mutualismo. Tutti danno per scontato che esse siano incontrovertibili, ma chi l’ha detto? Da anni sostengo che i vecchi modi dell’universalismo nel post welfarismo sono ingiusti. Essi si basano sull’indistinguibilità dei bisogni (quota capitaria, costi standard, spesa storica ecc.), ma oggi sarebbe meglio riconcepirli sulle effettive differenze (universalismo discreto).
La vera giustizia passa per gli esiti, per gli outcome cioè per gli effettivi consumi sanitari e per la produzione di salute. Quanto alle mutue nel post welfarismo non possono essere quelle del 19° secolo. La domanda è radicalmente cambiata e la sussidiarietà oggi, soprattutto sulla salute, è importante quanto la solidarietà. Che il “Fasi” ad esempio punti sulla prevenzione è una grossa novità che merita attenzione.
Gli integrazionisti spostano l’asse della tutela dalla comunità all’azienda (welfare aziendale). Ma oggi il disagio è prevalentemente fuori dall’azienda, quindi nella comunità. Piegare le ragioni della giustizia sociale a favore dell’azienda, quindi dei più forti, è una pretesa inaccettabile. Gli integrazionisti se vogliono essere credibili devono spiegarci prima di ogni cosa come ci facciamo carico delle ragioni dei più deboli e quindi della comunità. Nessuno è contro le mutue, quello che si teme è la contrazione del servizio pubblico. Le mutue se restano nell’ambito della normativa vigente non sono un problema perché si garantisce l’equilibrio tra interessi e diritti. Ma se questo equilibrio salta che succede alla comunità?
A Perugia sono state poste due condizioni: si tratta di garantire una idea di giustizia per la quale il massimo vantaggio vada al più debole non al più forte (Rawls); l’universalismo è una legge generale per la giustizia per sua natura imperfetta quindi perfezionabile con l’ equità (Aristotele). Gli integrazionisti sarebbero disposti a usare la sussidiarietà per perfezionare l’universalismo? Essere complementari all’universalismo, come ha spiegato il Fasi, per me vale come usare la sussidiarietà in un progetto di equità.
La sussidiarietà potrebbe essere impiegata in modo discreto per perfezionare e sviluppare l’ idea di universalismo? Se la sussidiarietà è una controparte dell’universalismo è inutile prenderci in giro con l’integrazione. La Cgil a Perugia ha posto un quesito politico: sulla sanità di diseguaglianze ce ne sono già troppe che bisogno c’è di farne delle altre? La politica chiarisca la sua idea di giustizia in questo paese poi si possono considerare le “sinergie” tra sussidiarietà e solidarietà.
Ivan Cavicchi
19 giugno 2013
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