Real World Data. L’esperienza del Veneto al Regional Summit di Di.Co Sanità
di Lucia Conti
Prima di arrivare negli ospedali e nelle farmacie, i nuovi farmaci devono superare severi trial clinici. Tuttavia solo la Real World Evidence e i Real World Data potranno rivelare l’impatto che quei farmaci avranno nella vita vera, fatta di pazienti spesso diversi da quelli arruolati nei trial. All’ultimo Regional Summit promosso da Sics nell’ambito del progetto Di.Co Sanità di Bayer Italia, Adami (Regione Veneto), Trifirò (Università di Verona), Ferroni (Regione Veneto), Fusello (Svemg) e Pastori (Simg Verona) raccontano il ruolo della Real World Evidence e dei relativi Real World Data per elaborare nuove prospettive di governance di sistema in Veneto.
11 DIC - I trial clinici randomizzati e controllati rappresentano il gold standard per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza di un farmaco. Mella pratica clinica, tuttavia, i pazienti sottoposti a un trattamento con lo stesso farmaco possono avere caratteristiche ben diverse da quelle dei pazienti selezionati, secondo caratteristiche ben precise, per le sperimentazioni cliniche. Da qui l’importanza dei Real World Data (RWD) e della Real World Evidence (RWE) che, partendo dai risultati emersi nei trial clinici, permettono di scoprire ancora più cose sugli effetti di un farmaco su una popolazione di pazienti più ampia e variabile. Effetti che vanno registrati e validati allo scopo di perfezionare, sulla base delle evidenze emerse, i percorsi terapeutici. Il tutto a vantaggio del paziente, ovviamente, ma anche del sistema, consentendo un uso più appropriato delle risorse.
Il percorso fin qui descritto deve, però, essere supportato da un efficace ed efficiente ecosistema digitale. Nel contesto sanitario attuale, la Regione Veneto si pone all’avanguardia nell’utilizzo dei Real World Data per consolidare decisioni di governance e terapeutiche più aderenti ai bisogni dei pazienti e ai percorsi di innovazione organizzativa e medico-scientifica.
A raccontare le sfide e le opportunità dei Real World Data e della Real World Evidence, e di come la Regione Veneto le sta affrontando, sono stati Silvia Adami, Direzione farmaceutico- Protesica- Dispositivi Medici Regione Veneto; Gianluca Trifirò, Professore Ordinario di Farmacologia – Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica Università di Verona; Eliana Ferroni, UOC Servizio Epidemiologico Azienda Zero, Regione Veneto; Massimo Fusello, Vicepresidente SVEMG, Scuola Veneta di Medicina Generale; Caterina Pastori, MMG AULSS 9 Scaligera SIMG Verona, ospiti dell’ultimo Regional Summit di Sics, condotto da Corrado de Rossi Re, Direttore di Sanità Informazione, e andato in onda il 28 novembre e promosso nell’ambito del progetto di Digitalizzazione Collaborativa Di.Co. lanciato da Bayer Italia per favorire sinergie tra soggetti pubblici e privati per una sanità sempre più a portata del cittadino.
La Real World Evidence, come ha tenuto a precisare Silvia Adami, “non sostituisce il trial clinico randomizzato e controllato (RCT) che rappresenta il gold standard per la valutazione di un farmaco sotto il profilo dell’efficacia e della sicurezza. Il ruolo della Real World Evidence è complementare in quanto consente di integrare, nel lungo termine e su una popolazione di pazienti molto più varia rispetto a quelli inclusi negli studi clinici, le evidenze emerse nel setting pre-marketing. Gli studi clinici come noto hanno dei limiti che rendono difficile generalizzare i risultati alla popolazione che nella vita reale assumerà il farmaco, le sperimentazioni cliniche sono difatti condotte su una popolazione di pazienti selezionata e generalmente non vengono inclusi alcuni sottogruppi di pazienti come ad esempio i bambini, le donne in gravidanza, gli anziani. Persone che, tuttavia, nella vita vera possono avere necessità di assumere quel farmaco, con tutto ciò che le proprie condizioni di partenza comportano. Anche per questi pazienti abbiamo bisogno di avere dati di efficacia e sicurezza, che possiamo ricavare attraverso i RWD e la RWE”.
Adami ha quindi spiegato che la Regione Veneto dispone di importanti strumenti come i Registri e i Flussi Sanitari (specialistica ambulatoriale, SDO, anagrafe, farmaceutica etc) che sono fondamentali per la programmazione regionale. Ma a patto che i dati raccolti siano di qualità. I dati devono essere di qualità e devono essere analizzati con competenza da esperti.
Gli ha fatto eco Gianluca Trifirò, ribadendo anzitutto come gli studi sperimentali restino i gold standard ma sottolineando come, in certi ambiti, “penso alle malattie rare, non sempre si è in grado di condurre sperimentazioni. In questi casi i RWD diventano fondamentali per valutare il rapporto tra efficacia e rischio di una terapia”. Come già detto, però, anche le sperimentazioni che arruolano un consistente numero di pazienti non potranno mai avere una rappresentazione completa della popolazione, oggi sempre più composta da anziani e pazienti con cronicità e comorbidità. “Ci sono tantissimi casi in cui il profilo di efficacia e sicurezza di un farmaco va rivalutato per adattarlo a una specifica realtà, il Real World è un tassello fondamentale per una sanità efficiente ed efficace”.
Tuttavia non sempre è facile raccogliere dati chiari, completi e corretti in ogni ambito. Nonostante gli sforzi, ha infatti spiegato Caterina Pastori, “sul territorio i dati vengono gestisti spesso in modo un po’ artigianale, scambiati a voce o con una mail. Questo rende il sistema non rapido, non completo e neanche efficiente. Parliamo di dati vita reale importantissimi, perché quelli sul territorio, quelli dei medici di medicina generale, sono bagagli di dati enormi. Dati che oggi restano sottoutilizzati rispetto alle informazioni che sarebbero in grado di offrire. Pensiamo solo a quanto sarebbe più facile rilevare le criticità e intervenire con soluzioni tempestive se si avessero informazioni complete sui percorsi assistenziali sanitari e sociali”.
Eliana Ferroni ha portato al Regional Summit l’esperienza dell’UOC Servizio Epidemiologico Azienda Zero della Regione Veneto. “E’ un servizio di supporto alla Regione per la programmazione, avendo la possibilità di analizzare molti dati provenienti da oltre 40 flussi informativi sanitari. Attraverso l’analisi di questi dati riusciamo a monitorare lo stato di salute della popolazione, incrociandoli con le valutazioni dei Pdta e degli outcomes di cura. Realizziamo anche dei report con questi dati, utili alla Regione anche per capire le ragioni di eventuali discordanze tra i dati nazionali e regionali. Tutto questo lavoro viene a volte integrato con degli Audit svolti nelle Aziende sanitarie, altro utilissimo strumento di conoscenza”.
“Senza dati, non si va da nessuna parte”, ha detto chiaramente Massimo Fusello. Che parlando di medicina di famiglia ha distinto “due tipologie di dati utilissimi”. La prima fa riferimento ai dati contenuti all’interno della cartella clinica e nei software di supporto alle decisioni, “che rappresentano un’arma in più per i medici di medicina generale”. Ci sono poi i dati di attività del medico, “da cui possiamo trarre informazioni sulle caratteristiche dei pazienti di ciascun medico, sul numero di contatti che ogni paziente ha con il proprio medico, quindi sul carico di lavoro di ogni singolo medico, che nei nostri report appare in forte crescita e che è, per lo più, un carico burocratico-amministrativo, ma anche assistenziale in una popolazione che è sempre più anziana. Questi dati permettono anche di capire se un medico che prescrive molto lo fa in modo inappropriato o perché assiste un forte numero di pazienti anziani, ad esempio. Sono informazioni essenziali per la Regione, per fare programmazione e prendere le decisioni politiche più opportune”.
Quali, dunque, le sfide future?
Quella che sta affrontando il Servizio Epidemiologico “è legata alla messa a regime di nuovi flussi informativi, anche sul territorio”, ha riferito Eliana Ferroni. Tra le priorità su cui lavorare, per Ferroni, anche la possibilità di rendere accessibile e fruibile il dato valutato e validato. “Questo è possibile attraverso il potenziamento di una piattaforma digitale dove inserire i dati e renderli accessibili a diversi livelli, una parte anche ai cittadini”. Servono poi gi algoritmi, “che vanno elaborati in maniera certosina anche attraverso la collaborazione tra metodologi e clinici”.
Per Gianluca Trifirò la prima sfida è quella di “un salto culturale” che, tra le altre cose, permetta all’Aifa di adeguarsi “a quanto fatto da Fda, Ema e Nice con lo sviluppo di linee guida specifiche sull’utilizzo del RWE a supporto dell’attività regolatorie”. Altrimenti “continuiamo a raccontarci quanto sia importante la RWE ma senza riuscire a metterla a sistema”.
Un percorso che, per Trifirò, deve avvenire anche attraverso “un’azione concertata con i varie stakeholder, comprese le aziende farmaceutiche e le Regioni”.
Tra le opportunità, Caterina Pastori pone l’accesso sull’utilizzo dei RWD per “confrontare il percorso assistenziale di ogni paziente rispetto a quello atteso, cioè ai Pdta”, ma anche per raccogliere informazioni utili alla “stratificazione del rischio, allo scopo di gestire meglio le cronicità”. Ancora, “sarebbe importante raccogliere dati anche dalla prospettiva del paziente, cioè sulla sua qualità di vita, per costruire percorsi più adatti in base alle esigenze”. Infine utilizzare i dati di real life “per conoscere l’aderenza e la persistenza farmaceutica dei pazienti, ma anche per praticare la de-prescrizione, consapevoli che oggi molti pazienti assumono farmaci che non gli sono più utili”. La de-prescrizione è “importantissima, per la salute del cittadino ma anche per la governance economica”.
Massimo Fusello sogna una medicina di famiglia che possa trattare i dati clinici e quelli amministrativi secondo flussi ben codificati e integrati: “Dove questo è avvenuto, si sono ottenuti risultati straordinari. La priorità, dunque, è avere un’unica cartella clinica per tutti i medici e un’unica modalità di registrare i dati”.
“La Regione del Veneto – ha detto Silvia Adami chiudendo il confronto – ha lavorato per attivare e rendere operativi Registri ed è costantemente impegnata a migliorare questa attività, che permette di avere un patrimonio informativo importante”. Ha quindi comunicato che la Regione ha anche istituito un gruppo di lavoro sui farmaci biologici che avrà il compito di produrre delle linee di indirizzo sull’impiego dei medicinali biologici e ad alto costo per patologie reumatiche, dermatologiche e gastroenterologiche, analizzare i dati e definire indicatori di appropriatezza prescrittiva, al fine di garantire ottime cure e uniformità di accesso su tutto il territorio regionale”.